mercoledì 2 marzo 2005

Franco Rossi a proposito di Francesco Bacone
e Ciliberto su Bruno, magia e scienza

L'Unità 2.3.05
Quando la magia cedette il passo alla scienza
A Leggere per non dimenticare Paolo Rossi presenta il suo libro su Francesco Bacone
Renzo Cassigoli

FIRENZE Sono infinite le domande suscitate da Paolo Rossi nel libro, Francesco Bacone - Dalla magia alla scienza (Il Mulino), che Michele Ciliberto presenta oggi a Leggere per non dimenticare. Giunto alla terza edizione, il libro è considerato l’opera più importante scritta su Bacone nel XX secolo. Ne parliamo con l’autore, storico della filosofia.
Le ricerche sulla magia aiutano a chiarire le origini della scienza o portano a concludere che essa è solo la prosecuzione di un approccio mistico alla natura?
Quando il mio libro apparve nel ‘57 nessuno se ne accorse, fino a quando una recensione di Frances Yates, illustre esponente del Warburg Institut e grande conoscitrice di Bruno, consentì al libro di conquistare una presenza divenuta reale con la traduzione inglese del ‘68. Immesso in una circolazione più vasta contribuì - scrive Charles Schmidt - a collocare la magia al centro del pensiero Rinascimentale. Ma quando il magismo, eccedendo, fece passare l’idea della scienza moderna come prosecuzione della tradizione ermetica lo stesso Schimdt riconobbe al libro il merito di aver tracciato una linea che divide questi due mondi. C’è qualcosa che separa la tradizione ermetica dalla scienza moderna, che non è un contenuto di pensiero ma un’immagine del sapere nei confronti della società. Il sapere della scienza moderna non è segreto, il sapere magico lo è.
Che ruolo giocano un filosofo come Bacone, interessato alle nuove scienze sperimentali e Galileo, che del metodo sperimentale è l’iniziatore?
La diversità consiste prevalentemente nel fatto che Bacone crede sia suo compito costruire un’immagine della scienza stabilendo quel che deve o non deve essere. Preoccupazione che non riguarda Galileo, grande teorico e sperimentatore che costruisce la scienza e dà vita a un metodo scientifico. Bacone non ha formulato alcuna legge scientifica, ma l’immagine della scienza che ha costruito ha avuto effetti esplosivi. L’evoluzione scientifica non è solo nei grandi mutamenti delle cosiddette scienze teoriche, è nascita di scienze che non c’erano, come la chimica.
Che rapporto c’è fra Bacone e Bruno?
Bacone parla una sola volta di Bruno, non lo ama. «Non voglio dare all’intelletto ali ma pesi e piombo», è una sua frase famosa, forse, costruita come immagine alternativa alla teoria di Bruno: l’immagine dello staccarsi dalla terra. Io sono d’accordo con la Yates, Bruno è una mescolanza di scienza e magia, è un grandissimo filosofo, un metafisico e un pensatore sul piano dell’etica e della politica, ma con la scienza moderna ha poco a che fare: lo staccarsi da terra, l’essere furioso. L’eroico furore, è qualcosa che hanno solo pochi eletti. Se c’è uno che continuamente parla di volgo e di uomini terrestri, è Bruno. Cartesio comincia il discorso sul metodo dicendo che il buonsenso è la cosa al mondo meglio ripartita: vuol dire che tutti gli uomini possono arrivare alla verità. Bruno non lo avrebbe accettato mai, solo alcuni eletti possono arrivarci.
Per Bacone gli uomini hanno più paura del dubbio che dell’errore, perché determina spaesamento?
Bacone ha anche un’altra immagine bellissima: «Sono sempre in cerca di un Atlante delle meditazioni», qualcuno che sorregga la Terra. Gli uomini hanno bisogno di certezze. La magia gliele dà e anche la religione, ma la scienza no, non le può dare. In questo è moderno. È stato molto odiato, anche negli ultimi vent’anni. Ho scritto un saggio che ha suscitato interesse, Dimenticare Bacone. L’attenzione agli aspetti sperimentali, empirici era scarsissima. In molti pensavano alla scienza solo come teoria e non avendo fatto scienza, Bacone non esiste. Invece è stato grande. Ci sono filosofi come lui che hanno, in qualche modo anticipato, quella che oggi chiamiamo sociologia delle scienza.

Repubblica, Firenze 2.3.05
Scienza e Magia
Oggi "Leggere per non dimenticare" apre un ciclo sui rapporti fra le due discipline: ne parliamo con Michele Ciliberto

LAURA MONTANARI

Strade diverse, mondi in apparenza lontanissimi, che stridono, che si intersecano. Scienza e magia. Eppure strade che hanno attraversato le menti, la storia, che si sono incrociate nei secoli fino a oggi. La società più tecnologica, più matematica, più arredata di computer e circuiti elettronici, la società che arriva più vicino ai segreti della vita, che si mette a leggere il Genoma, non riesce a sbarazzarsi del magico. Ne parliamo con Michele Ciliberto, ordinario di storia della filosofia moderna e contemporanea alla Normale di Pisa e presidente, dal 1996, dell´Istituto Nazionale di Studi sul Rinascimento che oggi interviene a «Leggere per non dimenticare».
Professore, cominciamo da una definizione. La magia come scienza della trasformazione.
«E´ stata interpretata come arte e tecnica della trasformazione. Il mago rinascimentale è stato considerato il prototipo dello scienziato moderno, ma lo scienziato moderno è una figura molto diversa. Il libro di Paolo Rossi fa notare bene come ci siano differenze profonde fra il sapere di tipo magico iniziatico e segreto e il sapere moderno che deve dare la massima pubblicità ai risultati ottenuti, metterli a disposizione di tutti».
Lo scienziato e il mago sembrano figure con pochi punti in comune.
«Il pensiero magico è basato su un personaggio accreditato come straordinario, che ha attitudini e qualità eccezionali rispetto agli altri. Lo scienziato no, c´è un senso di uguaglianza di fondo, tutti che partecipano del sapere scientifico così come si viene sviluppando nei luoghi di ricerca a partire dalle accademie scientifiche, uno dei punti di forza del sapere moderno».
Ma è sempre stato così?
«In passato scienza e magia si sono intrecciate e poi divise nel Seicento con pensatori come Cartesio e Hobbes. Ma quel confine non è mai netto, c´è sempre un rapporto permanente fra mito e logos, anche nelle vicende dell´Occidente».
A «Leggere per non dimenticare» quattro giornate di studio dedicate ai rapporti tra magia e filosofia...
«E´ un´idea bellissima. Non si risolve il problema rimuovendolo o cancellandolo, meglio fare una seria indagine critica, una ricognizione di carattere storico per risalire alle varie forme di magia, da quelle più atroci della magia nera, alla magia bianca».
La magia è spesso accostata all´ignoranza e alla superstizione.
«Dipende dai livelli, è vero che c´è un livello più superficiale, forme deteriori con riti demoniaci, ma c´è una compresenza di forme di magia in culture arcaiche e meno arcaiche, come ci insegna De Martino e Rossi ci ricorda».
Magia e letteratura. Consigli lei cosa leggere.
«I rapporti fra magia e letteratura sono un tema affascinante e sconfinato. La dimensione della magia ha a che fare con la parola, si vede bene nella cultura rinascimentale. In Giordano Bruno il nesso fra cultura, parola e magia è centrale. Sui consigli, direi di leggere prima di tutto Eugenio Garin, Paolo Rossi, Ernesto De Martino, ma anche Ficino e Bruno. Io stesso ho diretto l´edizione delle opere magiche di Bruno curate da tre mie allieve, Simonetta Bassi, Elisabetta Scapparone e Nicoletta Tirinnanzi».