L'Unità 14.3.05
Sesso, lavoro, sogni. Le donne italiane, quelle vere
Maria Serena Palieri
Gli anni Sessanta e Settanta - cioè la liberazione sessuale, la modernizzazione del diritto di famiglia e il femminismo - quali effetti concreti hanno prodotto nelle vite delle italiane? Se lo chiedono due libri-inchiesta che escono in prossimità di questo 8 marzo: entrambi realizzati da giornaliste, con linguaggio svelto e fresco, entrambi con la tecnica dell’«io», cioè della raccolta di storie raccontate in prima persona dalle intervistate. Già, una cosa è sicura: quei due decenni segnano una cesura, il passaggio da un universo femminile ingabbiato in pochissimi destini (mogli, madri o zitelle, casalinghe, cameriere, insegnanti, segretarie o suore) a un universo dove la possibilità di scegliere produce infinite storie femminili individuali. Siamo così di Alice Werblowsky, redattrice di Canale 5, e Carla Chelo di Studio Aperto, di questi nuovi destini ne raccoglie ventiquattro. Il primo fatto che questo libro racconta è che le italiane sono, spesso, innamorate. Non di un uomo. Sono innamorate del proprio lavoro: perché hanno conquistato una professione che prima era solo maschile, come Elisabetta, trentunenne camionista del Biellese; perché fanno un lavoro «da maschi» ma lo piegano al proprio stile, come Franca, poliziotta calabrese laureata in Lettere, che oggi opera nel Nucleo antiviolenza e si occupa degli abusi in famiglia; perché hanno recuperato un mestiere femminile che la tecnologizzazione della medicina ha cancellato, come Marta, «ostetrica delle nevi» che da più di vent’anni va per baite alpine facendo partorire le donne in casa. L’oggi affiora poi in altri modi: con una novità buona, il melting pot e i primi matrimoni misti, con una fatica nuova, quella di tenere insieme i cocci di figli e lavoro in epoca di neoliberismo e precarietà, e con una patologia emergente che nasce in zone oscure, cioè i disturbi alimentari di anoressiche e bulimiche. Sono libere le ventiquattro donne che questo libro racconta? In certi casi sì, lo sono con una sfrontatezza che a noi sembra tipicamente femminile: come Gabriella che a meno di quarant’anni di vite già ne ha vissute quattro, cassiera in un supermercato, moglie e madre di una figlia, fino alla sera in cui lavando i piatti si è chiesta se le andava ancora di fare la serva di un marito Peter Pan, poi madre single, poi compagna insoddisfatta di un uomo benestante, ora assistente sociale agli anziani in un quartiere degradato, di nuovo single con figlia, ma con una vita, dice, «piena di leggerezza, di felicità». In altri no, come Valentina, madre sola che lavora nei call center, in angoscia permanente per la precarietà e il terrore che la burocrazia le levi la figlia perché «non ce la fa». Chissà se è libera Anna, chiusa nel suo casello d’autostrada, dove lavora otto ore al giorno sognando di essere altrove.
S’addentra in un territorio meno dicibile Ilda Bartoloni, giornalista del Tg3: la sessualità delle ragazze figlie della generazione che, per prima, si è «liberata». Ragazze? Si va dalle post-adolescenti, 17 anni, alle quasi quarantenni. Raccontate con una penna che aderisce a ognuna: ne riproduce il periodare, l’accento, il tic linguistico. In senso tecnico, naturalmente, l’indagine non può riservare sorprese: il sesso è sempre quello, masturbazione, petting, rapporti, cunnilingus, la sodomia sì, la sodomia no, l’orgasmo, e quale? clitorideo o vaginale?, con uno solo o con cento in sequenza, il sadomaso mi piace, no, a me no. Con una frequenza statistica maggiore, oggi, forse, di tendenza ai rapporti di gruppo. E con una dichiarazione meno ideologica di curiosità omosessuali. Con la consueta storia - non finirà mai? - della ragazzina che racconta che «non ce la fa» e non sa perché ma poi aggiunge che a dodici anni è stata violentata. Però con la limpidezza nuova della ventenne che dice di se stessa «mi piace stare sopra, mi sa che sono una dominatrice», ma senza spirito rivendicativo, solo come un dato. Perché la sessualità, qui, è il tema attraverso il quale si cerca di raccontare come stanno, le italiane, figlie e madri, in quel continente di cui la politica non parla, l’affettività, i sogni, l’alternanza tra depressione e desiderio.
Un pregio di tutte e due queste raccolte: Gabriella Parca nella prima, Elettra Deiana, Edda Billi, Lea Melandri, Emma Baeri e la stessa Ilda Bartoloni in prima persona nella seconda ci raccontano come andavano le cose «ieri». Dipingono lo sfondo privato e politico, un «c’era una volta», su cui spicca la novità di queste storie di oggi.
«SEGNALAZIONI» è il titolo della testata indipendente di Fulvio Iannaco che - registrata già nel 2001 - ha ormai compiuto il diciottesimo anno della propria continua ricerca e resistenza.
Dal 2007 - poi - alla sua caratteristica originaria di libera espressione del proprio ideatore, «Segnalazioni» ha unito la propria adesione alla «Associazione Amore e Psiche» - della quale fu fra i primissimi fondatori - nella prospettiva storica della realizzazione della «Fondazione Massimo Fagioli»