venerdì 1 aprile 2005

due segnalazioni di Gianluca Cangemi

Le Scienze 28.03.2005

Il riconoscimento dei volti da parte dei neonati
Le loro eccezionali capacità vengono perse dopo nove mesi di vita

I neonati umani ai quali vengono mostrati volti di scimmie sono in grado di discriminare fra loro anche dopo mesi, e persino di distinguerli dalle facce di scimmie che non avevano mai visto prima, mentre i bambini che non avevano ricevuto un simile addestramento sembrano perdere questa capacità. Lo rivela uno studio di ricercatori dell'Università di Sheffield pubblicato sulla rivista "Proceedings of the National Academy of Sciences".
Nei primi mesi di vita, gli infanti sono eccezionalmente bravi a discriminare fra molti tipi di volto differenti, persino fra quelli di specie diverse dalla nostra. Questa capacità, però, vene persa attorno ai nove mesi di età. Oliver Pascalis e colleghi si sono chiesti se il sistema di elaborazione del volti umani fosse abbastanza flessibile da consentire il riconoscimento di facce non umane. Gli autori hanno mostrato fotografie di sei macachi a bambini di età compresa fra sei e nove mesi. Quando sono stati sottoposti a una verifica dopo aver compiuto i nove mesi, i bambini di un gruppo di controllo che non era stato precedentemente esposto alle immagini non riuscivano a distinguere fra loro i volti delle scimmie. Quelli che erano stati esposti alle fotografie, invece, non soltanto erano in grado di discriminare fra le singole facce estratte dallo stesso set di immagini, ma anche fra nuove scimmie che non avevano mai visto prima.

O. Pascalis, L. S. Scott, D. J. Kelly, R. W. Shannon, E. Nicholson, M. Coleman, C. A. Nelson, "Plasticity of face processing in infancy". Proceedings of the National Academy of Sciences (2005).

Le Scienze 14.03.2005
I volti vengono riconosciuti come le parole
Ogni lettera e ogni caratteristica del viso deve essere isolata dal resto

Pur trattandosi di cose completamente differenti, i volti e le parole vengono riconosciuti nello stesso modo, a partire dalle loro parti. Lo sostiene uno studio pubblicato sul numero di febbraio della rivista "Journal of Vision".
Era stato ipotizzato che i volti e le parole venissero elaborati dal cervello in maniera differente, ovvero che i volti fossero riconosciuti come un tutt'uno mentre le parole e altri oggetti venissero identificati attraverso le loro parti. Tuttavia, lo studio condotto da tre neuroscienziati dell'Università di New York rivela che come gli individui usano le lettere per riconoscere le parole, usano le caratteristiche facciali per riconoscere i volti.
Marialuisa Martelli, Najib Majaj e Dennis Pelli hanno condotto alcuni esperimenti nei quali hanno chiesto agli osservatori di concentrarsi su un punto nero, a destra del quale c'era una lettera. Alla sinistra c'era invece una parola di tre lettere, con la lettera di mezzo uguale a quella a destra del punto. Altri esperimenti riguardavano invece volti manipolati e caratteristiche del viso: in questo caso, a destra del punto sul quale si concentravano gli osservatori c'erano delle labbra di varia fattezza (spesse, sottili, sorridenti o minacciose) e sulla sinistra una faccia completa.
Quando le parole sulla sinistra erano spaziate normalmente e la faccia era di proporzioni normali, i soggetti avevano molte difficoltà a identificare la lettera e le caratteristiche delle labbra al di fuori della propria visione periferica. Pelli ne conclude che il contesto ostacola l'identificazione e sommerge ciò che deve essere identificato. Un secondo esperimento, nel quale gli osservatori erano immersi in un contesto che rendeva più facile il riconoscimento, ha confermato che, per riconoscere una parola o un volto, ogni lettera o ogni fattezza del viso deve essere isolata dal resto.