giovedì 7 aprile 2005

revisionismo storico giapponese

Corriere della Sera 7.4.05
Un libro di testo giapponese fa insorgere Pechino e Seul.

Il «Secolo» lo difende, l’«Unità» accusa
Massacro di Nanchino, polemica italiana

Legittima «riscrittura della storia» alla luce di «nuove ricerche e documentazioni» oppure «operazione pseudoculturale» fatta per edulcorare il ricordo di violenze «marchiate a fuoco nelle carni di coloro che ne furono vittime»? Un testo scolastico divide il Giappone - accusato di voler minimizzare le atrocità commesse nella prima metà del Novecento durante la stagione dell’imperialismo - da Cina e Corea del Sud, Paesi che di quell’imperialismo fecero le spese. Gli ingredienti della polemica ci sono tutti: scambi di accuse, richieste di scuse, ambasciatori e ministri che dicono la loro in un via vai di dichiarazioni. E due quotidiani di casa nostra, l’ Unità e il Secolo d’Italia , che raccontano la vicenda. Ciascuno a suo modo. Questi i fatti: due giorni fa il Ministero dell’istruzione giapponese approva un manuale di storia contemporanea destinato alle scuole medie inferiori. Il governo sudcoreano, seguito a ruota da quello cinese, protesta per bocca del suo ambasciatore: nel testo, dicono i sudcoreani, le vicende relative all’occupazione giapponese sulla penisola coreana (1910-1945) verrebbero presentate in maniera distorta. Così come quelle legate alla guerra di aggressione del Giappone contro la Cina. Un esempio per tutti: il massacro di Nanchino del 1937, in cui persero la vita 300 mila civili cinesi brutalmente trucidati dall’Armata imperiale nipponica, sarebbe definito semplicemente un «incidente». E via dicendo, lasciando da parte gli stupri, le violenze e le migliaia di donne ridotte in schiavitù e costrette a lavorare nei bordelli dell’esercito giapponese. Ferite del passato non ancora rimarginate a cui si intrecciano tensioni di un presente incandescente, in cui gli ultranazionalisti hanno sempre maggiore influenza sul premier Koizumi e ogni momento rischia di saltare la miccia di questioni irrisolte, come quella delle isole Dokdo (Takeshima in giapponese), rivendicate sia dai giapponesi che dai coreani.
Fin qui la cronaca. Ma se la Cina è vicina tanto più lo sono le delicate questioni legate ai libri di testo e all’interpretazione del passato recente: il sospetto è che, sui quotidiani italiani, si parli di Tokio e Seul pensando ai fatti di casa nostra. Ieri l’ Unità riprendeva la vicenda chiarendo come l’intento degli ultranazionalisti giapponesi (ci sarebbero loro dietro alla vicenda) fosse quello di riscrivere la storia «mettendo sullo stesso piano aggressori e aggrediti» e sempre ieri il Secolo d’Italia dichiarava, da tutt’altra angolazione, che questo episodio dimostrerebbe il bisogno del Giappone di «rileggere la sua storia al di là delle vulgate a senso unico», mostrando una faccia del Paese che «ha tutto il diritto di essere conosciuta dalle nuove generazioni». «Perle di falsificazione storica» da una parte, «esigenza di riaprire senza condizionamenti le pagine del passato» dall’altra. Intanto le diplomazie dei Paesi coinvolti si battono a colpi di smentite e i gruppi di ex vittime del colonialismo giapponese già si riuniscono di fronte alle ambasciate. E l’Italia è vicina.