venerdì 6 maggio 2005

donne in pericolo

L'Unità 6 Maggio 2005
Se essere donne è ancora un pericolo
Lella Menzio
(Presidente Telefono Rosa)

Quando un uomo scrive "Credo che lo stupro abbia a che fare con gli istinti primordiali dell'uomo. La caccia, l'inseguimento, la cattura, la preda calda, spaventata, tremante, il possesso. Ecco, il possesso totale, il sapere che la tua preda è alla tua totale mercé, il senso di onnipotenza, lo sfogo sadico di qualsiasi istinto, la donna schiava". Non si può accettare alcunché di questa descrizione, neppure se appartiene alla fiction di una sceneggiatura.
Sono frasi riportate sul numero odierno (ieri ndr) de La Stampa. Descrizioni agghiaccianti, se pensiamo che corrispondono in modo inquietante a quanto riferito a proposito dei motivi che avevano spinto l'autore (Angelo Izzo) al massacro del Circeo. Le parole virgolettate appartengono a uno scritto (almeno, così vengono identificate), lo stesso significato è stato fornito dall'Izzo per spiegare cosa lui e i suoi amici volevano rappresentare massacrando le due ragazze al Circeo: sorprendenti le analogie.
Stiamo parlando di un assassino, si potrà dire. Certo, però di un tipo particolare di omicida: lui ammazza le donne.
E non si limita a togliere loro la vita, ma da quello che si sa di questa ultima vicenda, l'omicidio è stato la parte meno angosciante rispetto al rituale sadico, alla ricerca della sofferenza delle sue vittime, ai tentativi, forse attuati o forse no, di stupro o di abuso sessuale.
Non vogliamo né possiamo entrare nel merito delle pagine finora scritte su questo individuo; e nemmeno è possibile entrare in commenti che lo riguardino direttamente. Men che meno possono esprimersi, al nostro interno, valutazioni sui professionisti che lo hanno ritenuto redento.
Pensiamo invece ai dubbi sulla possibile guarigione dal male di essere maschi, inteso proprio come la definizione riportata più sopra in corsivo. Pensiamo ai fallimenti terapeutici, alle improbabili redenzioni da una condizione (chiamarla malattia non è sempre esatto) nella quale la propria vita ha un senso se se ne annulla un'altra, preferibilmente se si tratta di una donna.
Pensiamo che forse non tutte le terapie attuate sono andate a buon fine e, quindi, qualcun altro, magari meno violento o meno propenso ad occupare le prime pagine dei giornali, stia impunemente abusando o stuprando, in casa o fuori: ritenendo che la paura e la vergogna faranno il resto, lasciandolo del tutto fuori da ogni indagine giudiziaria.
O forse il problema non è nella malattia, e quindi nel fallimento di psichiatri e psicologi: ma proprio nel fatto che non esiste malattia.
Oppure c'è, e non è stata ancora codificata. In ogni caso, a metà strada tra la festa della donna e quella della mamma, una mamma e la sua figliola sono state orrendamente massacrate: malattia, maschilismo, terapie sbagliate o professionisti inesperti, a noi non importa. Ma essere donne è, ancora, un pericolo.

Corriere della Sera 6.5.05
La lunga recita di Izzo e gli errori degli psichiatri
di DACIA MARAINI

Strano che anche i tecnici della psiche ci siano cascati. Come non sapere che le doppie personalità come Izzo sono proprio quelle che sanno conquistare, blandire, convincere nel modo più persuasivo? Come non sapere che essi sono tanto sinceri nel parlare del proprio pentimento, da convincere qualsiasi dubbioso? Ascoltando le parole dell’assassino pariolino nella lunga intervista televisiva a Franca Leosini si notano le profonde crepe di un pensiero diviso ed esaltato. Mai abitato davvero dal dolore, ma da una forma di esaltazione nervosa che del male e del bene conosce solo la rappresentazione teatrale. La sua recita è perfetta e commuove prima di tutti lui stesso. Che gode di quel personaggio messo in scena con tanta persuasività ed eleganza, tanta abilità e coraggio, tanta convinzione e passione da apparire del tutto naturale.
Al tempo in cui scrivevo «Voci», romanzo in cui si racconta di un marito amorevole picchiatore, ho letto tante e tante testimonianze di donne stuprate, picchiate, seviziate da una parte e di uomini divisi fra l’ira cieca, il desiderio di umiliazione che non riescono a controllare dall'altra. Erano uomini che mostravano una capacità di pentimento così plateale e radicale da apparire a tutti sincerissima. Stupiva soprattutto la loro estrema visibile buona fede. Bravissimi nel nascondere i loro misfatti, una volta scoperti, quasi si sorprendevano di un se stessi sconosciuto, si affidavano volentieri a chi li voleva aiutare, si dichiaravano pentiti, esprimevano giudizi così severi su se stessi da fare credere a una loro innata capacità di giudizio morale. Essi chiedevano scusa con tale efficacia che le prime a crederci erano le loro vittime.
Sono queste le ragioni per cui in tanti casi la polizia rimanda a casa mariti picchiatori, padri stupratori, compagni violenti. Essi hanno una doppia personalità e su quella giocano con una tale perizia, una tale innocenza e convinzione che riescono sempre a persuadere chi li attornia, dagli investigatori ai giudici, dai parenti agli amici.
Famoso il caso di quell'uomo che ha stuprato e ucciso due figli. Al primo figlio tutti i sospetti portavano a lui, ma tali erano le testimonianze dei suoi familiari, prima di tutti quella della moglie che giurava sulla sua tenerezza di padre sempre disponibile e affettuoso, dei suoi parenti, e perfino dei vicini, che ogni giudizio veniva deviato. Le prove cadevano e tutti si convincevano che si trattava di un uomo onesto e giusto. L'altro figlio insisteva a dire la verità, ma nessuno lo prendeva sul serio. Pensavano che mentisse, per odio verso il padre. Ma come, se lo vedevano tutti ogni mattina, uscire di casa sorridente, tenendo per mano i due figli che accompagnava diligentemente fino all'uscio della scuola? E quante volte l'avevano visto caricare i figli per portarli al cinema, con tutto il lavoro che aveva, e tutti potevano testimoniare che con loro era sollecito e amorevole. Come prevedere che ogni tanto, in mezzo alla notte, quel tenerissimo padre di famiglia si trasformava in un lupo affamato? Eppure era quello che succedeva e solo dopo l'uccisione del secondo figlio, i parenti e gli amici si sono convinti che era veramente stato lui.
La doppia personalità non è una cosa da poco. Non si tratta del Dottor Jekyll e del suo doppio mister Hide che, entrando e uscendo da una porta, cambiavano faccia e attitudini. Soprattutto non bisogna pensare che una personalità sia nemica dell'altra. Perché anzi, come due anime amanti, pur rappresentando sul palcoscenico del mondo due ruoli diversi, sono segretamente e visceralmente legati: si proteggono, si aiutano, si difendono a vicenda anche quando appaiono seriamente divisi e nemici.

La Provincia di Como
l'intervista
Paolo Bianchi psichiatra e perito «Valutare un assassino grande responsabilità»
Anna Savini

Milano «Quando hai di fronte una persona così, che ha ucciso con la stessa leggerezza con la quale noi beviamo un aperitivo, ci pensi tre volte prima di lasciarlo libero anche se ti sembra normale. E' la prima cosa che ci insegnano alla clinica di psichiatria forense, capire che i criminali non sono come i malati normali. Tutto quello che ti dicono può nascondere lo scopo di farsi liberare». Paolo Bianchi non sa, e neanche vuol sapere, chi è il perito che ha giudicato «redento» Angelo Izzo. Lo psichiatra allievo del professor Ponti e consulente per l'Istituto Sacra Famiglia di Milano - oltre che perito in grossi casi di omicidio - dice solo che se il caso del massacratore del Circeo fosse capitato a lui avrebbe messo in conto ben più di due o tre visite. Professore, lei è un perito e la giustizia è sempre più in mano a voi? Com'è possibile che ci siano errori così grossi? Non conosco il caso Izzo e quindi non giudico l'operato di chi ha fatto la perizia. Magari si è trattato di scarsa esperienza, ma non si può dire senza avere in mano le carte. Lei trova che i suoi colleghi esperti di psichiatria forense siano preparati? Tra i miei colleghi in tribunale a Milano sì. E i criteri dell'albo dal quale vengono pescati i periti mi sembrano buoni. Quali sono? Intanto bisogno essere laureati da 5 anni e quindi non è vero che si prendono i novellini, a meno che non sia Ferragosto e magari non c'è nessun altro oppure che tutti i colleghi più quotati siano impegnati, ma solo per perizie veloci. E poi? E poi bisogna avere pubblicazioni alle spalle, presentare un curriculum con perizie già iniziate. C'è un filtro, non entrano tutti. L'avvocato della Valle accusa i pm di scegliere i periti perché amici di amici? Beh, certo, a volte funziona il passaparola ma in senso positivo. A me è capitato che mi chiamassero perché avevano parlato bene di me e del mio modo di lavorare. Però gli errori ci sono. Questo sistema secondo lei è migliorabile? Si potrebbe pensare di costituire un pool all'interno di ogni singolo tribunale in maniera che chi viene selezionato si tenga aggiornato. Ma è così difficile valutare un omicida? No se ha una personalità schizofrenica per cui, per esempio, dice di avere il diavolo in corpo che gli ordina di uccidere tutte le donne. Sì in tutti gli altri casi. E' ovvio che, di fronte alla prospettiva dell'ergastolo, avrà tutti gli interessi a fare il bravo. Quindi non basta vederlo una volta, farlo uscire e vedere che si comporta bene (e ci mancherebbe); rivederlo un'altra volta e ritenere che non si più pericoloso. Servono altre riflessioni. I test sono ancora efficaci? Sì, anche se, quando uno è in carcere, non avrà voglia di rispondere a tutte e 20 le domande e questo inquina la loro efficacia.