venerdì 6 maggio 2005

«onora il padre...»

La Stampa 6 Maggio 2005
IN PROVINCIA DI ALESSANDRIA UNA STORIA DI ORRORI FAMILIARI
«Bendato per ore davanti alla tv»
Per Massimo è finito un incubo

ALESSANDRIA. Il paese degli Orchi era in cucina, tutti i giorni all’ora dei pasti: il momento della pappa per Massimo (il nome è di fantasia), un anno e mezzo, non era un gioco ma un incubo. Stava lì, legato al seggiolone, e doveva mangiare tutto per bene. Guai a provare a sputare l’omogeneizzato, guai a farsi venire conati di vomito. Il padre, inflessibile, lo costringeva a ingoiare anche quello che aveva appena rigurgitato.
Ma gli Orchi, o meglio l’Orco, viveva anche in salotto, dopo cena, quando Massimo si preparava a vedere i cartoni animati prima di andare a nanna. Vederli? No, sentirli. Il padre inflessibile lo legava anche lì ad una sedia. Ma non gli bastava; lo bendava anche, tenendolo ore come cieco davanti al al televisore acceso.
Soprattutto il paese degli Orchi era la cantina, o la cameretta da letto dove Massimo per punizione veniva chiuso al buio per ore. E se faceva la pipì il padre inflessibile gli strofinava il viso nel pannolino sporco.
Tutto questo, nella sua orribile quotidianità, avveniva in un piccolo paese in provincia di Alessandria, a casa di una coppia apparentemente come tante: solo che lui, 34 anni, originario della Venezia Giulia, venne educato forse troppo severamente dai suoi genitori. A loro ha ammesso di essersi ispirato nell’impartire al figlioletto quelle che reputava le opportune lezioni per educarlo. Che si sia attenuto agli insegnamenti paterni o ci abbia messo del suo, alla fine per il giudice non ha fatto differenza: abuso di sistemi di correzione, tre mesi e dieci giorni di reclusione; sentenza del giugno 2001.
Ma il padre non s’è stato rassegnato («Il giudice ha dato retta solo al racconto di mia moglie») ed è arrivato fino in Cassazione per sentirsi sostanzialmente dire che gli era andata ancora bene. Perché il reato ipotizzato in un primo tempo, «maltrattamenti su minori», venne derubricato nel più lieve «abuso di mezzi di correzione». Ma il comportamento dell’uomo fu al limite tra i due reati, anzi più vicino al primo che al secondo, tanto che secondo i giudici d’ultima istanza il ricorso «avrebbe più fondatamente potuto farlo il pubblico ministero».
Comunque mentre la vicenda giudiziaria faceva il suo corso, quella umana arrivava a una soluzione pressoché scontata: la famiglia si è sfasciata. L’incubo per Massimo era durato dai 18 mesi ai due anni e mezzo: davvero tanto. Alla fine la mamma non ha più sopportato ed è riuscita ad allontarnare il suo bimbo da casa facendolo affidare dal Tribunale dei Minori di Torino ai suoi genitori, i nonni materni. Ha ottenuto anche che venissero sospesi d’autorità tutti i rapporti fra padre e figlio.
«Ma insomma - ha continuato a ripetere l’uomo - per una volta che l’ho chiuso in cantina, per una volta che gli ho sfregato la faccia sul pannolino, tutto questo can can». Non si è reso conto del male che aveva fatto. Lui, il padre, la figura alla quale ogni bimbo in situazioni normali guarda come punto di riferimento, con la sola presenza fisica causava in Massimo uno «stato di terrore». Tanto che per il bimbo si rese necessaria la «presa in carico psicoterapeutica», come recita la sentenza. Di fatto la necessità di sottoporlo a cure per fargli superare, se possibile, tutti i traumi subiti in quell’anno orribile.
Resta la sottile disquisizione giuridica sulla differenza fra l’«abuso di mezzi di correzione» e i «maltrattamenti su minori». Qui la Cassazione ha creduto bene di ribadire che certi sistemi educativi non sono più leciti, in quanto propri «di una superata epoca storico-sociale, impregnata di valori autoritari anche nelle strutture e nelle funzioni della famiglia». Insomma quanto oggi ci fa inorridire, come la storia di Massimo, un tempo - e forse non bisogna neanche andare molto indietro - era considerato «normale» o comunque non tale da dover costringere i giudici a occuparsi di questioni che erano considerate «fatti propri» di un padre di famiglia. Con tutte le conseguenze che ne derivavano.