mercoledì 13 luglio 2005

psichiatri anglosassoni...
«allucinazioni musicali» e la ricerca del "talento" nel cervello...

Corriere della Sera 13.7.05
Il cervello (come un iPod) fa suonare le tue canzoni
Allucinazioni musicali: dai canti dell’infanzia alle ultime hit
Franca Porciani

A chi non è capitato di aver un ritornello in testa che riaffiora qua e là? Normale. Ma quando si crede di ascoltare un brano musicale, di solito ben noto, e intorno c’è il silenzio, è tutt’altra storia. Si tratta di un’allucinazione musicale. Almeno così chiama lo strano disturbo Victor Aziz, psichiatra del St. Cadoc’s Hospital, nel Galles, uno dei primi a occuparsene (la rivista Psychopathology sta per pubblicare i risultati dei suoi studi su 30 persone colpite, più donne che uomini, in media oltre i settanta, un terzo sorde). Disturbo raro, confinato per ora nella terza età, ma secondo Aziz destinato ad aumentare visto il bombardamento musicale cui siamo oggi sottoposti, giovanissimi in prima linea, e forse già presente anche in quarantenni, ma non ricercato, quindi misconosciuto. E che ha alle spalle aneddoti trascurati dai medici finora e leggendari precedenti: sembra, ad esempio che Robert Schumann raccontasse di avere scritto musica dettata da Schubert, all’epoca già fantasma.
Come può il cervello ingannarsi fino a questo punto, diventando una specie di iPod e facendo risuonare (a tradimento) brani musicali immagazzinati nella memoria?
Per scoprirlo Tim Griffiths, neurologo dell’Università di Newcastle Upon Tyne, in Gran Bretagna, ha studiato accuratamente con la Pet (metodica che grazie a un marcatore radioattivo identifica con precisione le aree del cervello in attività) sei persone anziane quasi sorde nel momento in cui erano colpite da allucinazioni musicali. Scoprendo che la loro origine è nelle stesse aree della corteccia cerebrale coinvolte nel normale ascolto della musica, ma con un’anomalia: vengono eccitate senza alcun stimolo dall’esterno.
«E’ come se si amplificasse il famoso ritornello in testa che ognuno di noi ha sperimentato prima o poi nella vita», precisa Tim Griffith. «In tanti anni di lavoro non ho mai riscontrato qualcosa del genere - commenta Elio Lugaresi, professore emerito di Neurologia dell’Università di Bologna -. La similitudine che mi viene in mente è con le allucinazioni acustiche che accompagnano alcuni tumori cerebrali del lobo temporale della corteccia. Ma si tratta di suoni, non di musica. L’unico confronto possibile è con certe forme di epilessia benigna, rarissime, dove la crisi viene scatenata dalla musica, solo di un certo tipo, classica ad esempio. Senz’altro la scoperta è di grande interesse e merita di essere sviluppata con studi più approfonditi».
Il meccanismo con cui la musica arriva nel cervello, viene percepita, elaborata e memorizzata è, peraltro, tuttora materia di studio. Di recente sulla rivista inglese Nature , Robert Zatorre, docente di neuroscienze all’Istituto neurologico di Montreal, in Canada, ha fatto il punto su quanto si sa (e sul molto che ancora non si conosce) in proposito. Si sa con certezza che esistono persone colpite da amusia , l’incapacità di riconoscere un brano musicale.
Il problema per lo più compare in seguito a un ictus, ma talvolta è presente dalla nascita. Gli studi hanno dimostrato che è danneggiata, o alterata su base genetica la corteccia uditiva, dove sono presenti i circuiti cerebrali in grado di registrare le tonalità e le pause dei suoni che compongono un pezzo musicale. Questa registrazione viene trasmessa ad altre aree della corteccia, soprattutto a quella motoria e alla frontale, dove l’identificazione dei suoni si associa a contenuti emotivi, viene elaborata e conservata in un angolo della memoria. Ne è prova il fatto che in molti musicisti si è riscontrato un maggiore sviluppo proprio di queste zone cerebrali, quasi che l’allenamento plasmasse anatomicamente il nostro organo principe.
C’è un altra scoperta importante: il processo di elaborazione musicale sembra avvenire prevalentemente nell’emisfero destro del cervello. A favore di questa ipotesi, Zatorre cita il caso del compositore russo Vissarion Shebalin, scomparso nel 1963. Vittima negli anni Cinquanta di un ictus che, colpendo l’emisfero sinistro, gli tolse la parola e gli paralizzò metà del corpo, il musicista continuò a comporre grazie all’emisfero destro ancora integro.
Una delle evidenze che scaturiscono dall’esperienza di Shebalin e, in seguito, dalle tecniche di neuroimaging funzionale è che il linguaggio e la musica non sono regolati dalle stesse aree cerebrali, anche se i due processi hanno circuiti in comune.
Ma resta una domanda: dove si nasconde nel cervello il «talento» musicale? Chissà: le neuroscienze sono alla sua ricerca.