Su Liberazione
GIORGIO AMENDOLA IL RIFORMISTA-STALINISTA
Il riformismo di oggi? «Figlio dello stalinismo di ieri». Rina Gagliardi, in un’editoriale su Liberazione , ragiona sull’eredità politica lasciata da Giorgio Amendola: «Riformismo e autoritarismo di matrice staliniana possono convivere? Certo che sì... In Amendola convissero conservatorismo e realpolitik... Lui propose con largo anticipo il "partito unico" della sinistra, ma restò sempre filosovietico».
aprileonline.info 18.7.05
Prodi presenta un documento sull'Iraq, ma poi fa marcia indietro
Giallo in tarda serata su un documento, scritto in forma di mozione parlamentare, inviato da Romano Prodi ai segretari dell'Unione e riguardante la posizione della coalizione sull'Iraq. Il documento, che non parla di ritiro immediato delle truppe italiane, ha ricevuto subito l'apprezzamento di Ds, Margherita e Sdi, mentre la sinistra radicale lo ha sonoramente bocciato. Fausto Bertinotti, il più duro, ha dichiarato: "Non se ne parla nemmeno". Nella segreteria del Prc, addirittura, si è ipotizzato che l'autore del documento non fosse davvero Prodi che, l'11 luglio scorso, aveva usato ben altre parole nel vertice dell'Unione.
Dopo poco più di un'ora lo staff di Prodi si è affrettato a spiegare che si trattava solo di una bozza e che il testo finale probabilmente non sarà neppure un atto parlamentare. Del resto se ci fosse e fosse simile al documento diffuso ieri spaccherebbe verticalmente l'Unione.
Apcom 18.7.05
IRAQ/ BERTINOTTI: RITIRO ORA, O NOSTRO DOCUMENTO
"D'Alema, critiche volgari. Seconda bozza l'ha scritta Prodi?"
Roma, 18 lug. (Apcom) - "Troverei autolesionistico provocare una divisione in Parlamento essendo tutti noi d'accordo sull'essenziale, cioè il ritiro" del contingente italiano dall'Iraq. Fausto Bertinotti non cede, alla vigilia del voto sul rifinanziamento della missione: occorre "presentare una mozione che stabilisca il ritiro immediato delle truppe". E se l'area-Fed presentasse un documento per il ritiro 'graduale'? "In questo caso - assicura il segretario del Prc a Repubblica - assieme ad altre forze presenteremmo un altro documento". Perché "per noi la pace viene prima di tutto il resto".
Bertinotti commenta duramente l'invito al 'senso di responsabilità' e l'accusa di 'fanciullaggine' giunti da D'Alema: "A un terreno così volgare io non accedo". Con un dubbio sulla seconda bozza-Prodi, dopo un primo documento che era stato considerato una "buona base di partenza": poi ne è arrivato "un altro, e questo punto mi chiedo se sia stato davvero Prodi a scriverlo". Il segretario di Rifondazione parla di una "rincorsa moderata" al centrodestra in atto: "E' emersa una competizione tra Margherita e Ds, una competizione che assume la capacità di fare proposte moderate per guadagnare consensi, nella fattispecie in politica estera. E' una strada sbagliata, lontana dalle aspettative della nostra gente".
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Corriere della Sera 18.7.05
Il dibattito dopo la denuncia di Fassino e Salvi sulle Regioni
Caso governatori, Bertinotti «Abbassiamo gli stipendi»
«I politici guadagnino quanto i dipendenti pubblici»
Monica Guerzoni
ROMA - (...)
Accuse, ripicche e una proposta «choc» di Fausto Bertinotti: «Per riconsegnare la politica all’etica aumentiamo l’aspetto volontario di chi ricopre cariche politiche, fissando un tetto alle retribuzioni». Parametro di riferimento, «lo stipendio di un dipendente pubblico».
Corriere della Sera 18.7.05
L’ECONOMISTA
Sylos Labini: per la sinistra ci vuole un codice etico alla Zapatero
«Chi divide la morale dalla politica dice sciocchezze e porta il Paese al disastro»
ROMA - Professor Paolo Sylos Labini, oltre a essere un economista, lei è uno dei più agguerriti alfieri della questione morale. E l’altro giorno Piero Fassino ha proprio invocato per gli enti locali - anche quelli guidati dal centrosinistra - «sobrietà di comportamenti, rigore nella gestione e nell’utilizzo di strutture pubbliche».
«Già... Ma quando si parla di questione morale, bisogna partire da lontano. È una questione culturale, perché in Italia parlar male di Machiavelli è più difficile che parlar male di Garibaldi: sia in ambiente laico che cattolico, tanto a destra quanto a sinistra».
Si riferisce al noto «fine che giustifica i mezzi» e lo considera dannoso?
«Sì, la banalizzazione di una battuta che Niccolò Machiavelli non ha mai detto in quei termini ma che viene sempre utilizzata per dimostrare che politica e morale sono cose distinte. Invece non è così: se i mezzi usati sono barbari, lo diventano anche i fini. Chi divide la morale dalla politica, o dall’economia, dice sciocchezze e contribuisce a portare il paese al disastro. Fra le cause della crisi argentina ci sono anche evasione fiscale e corruzione elevate a regola. Quando la corruzione diventa sistema, fracassa l’economia e travolge gli stessi corruttori».
Dunque per aiutare il Paese va recisa la radice machiavellica?
«I neomachiavellici culturalmente fanno pena: sono antiquati e fanno finta di essere moderni. Dimenticano anche che cinque secoli fa non c’era il capitalismo industriale, che la democrazia era lontana, che la morale di allora era qualcosa di molto discutibile, c’erano prìncipi civili e prìncipi assassini di professione; dimenticano anche che da quella tradizione e dai Borgia non è arrivato nessun contributo all'unificazione d'Italia. La gente troppo spesso parla ma non sa».
Torniamo all’inizio: l’appello lanciato da Fassino alle amministrazioni locali, Regioni in primis, le piace?
«Speriamo, ha parlato bene... Il fatto è che certe volte in Italia si predica bene ma non si razzola in modo conseguente. Per razzolare bene chiedo, insieme con Occhetto ed altri, che il centrosinistra introduca nel proprio programma di governo un preambolo simile al codice di comportamento varato da Zapatero in Spagna. Non è un fatto morale, ma una cosa vitale per la politica».
Alle Regioni - comprese quelle governate dal centrosinistra, come Campania, Calabria e Lazio - i Ds imputano di aver moltiplicato inutilmente commissioni e incarichi, con danno per il denaro pubblico.
«Appunto servono regole uguali per tutti, con meccanismi automatici. Ma finché i partiti pensano che la politica è costosa e che questi costi vanno accettati anche se sono lontani dalla morale - e qui torniamo a Machiavelli -, la regola è quella del raddoppiare gli incarichi per averne vantaggi politici. Un codice di comportamento, purché non suscettibile di aggiramenti all’italiana, deve coprire tutti questi aspetti. A partire dal controllo della fedina penale "vera" di chi vuol essere eletto».
«Vera»?
«Sì, non quella a fini amministrativi, addomesticata dal beneficio della non menzione di qualche reato. Fino a venti anni fa in Italia i ministri indagati si dimettevano; oggi in Parlamento la percentuale di indagati, rinviati a giudizio e condannati sfiora il 40».
La presa di posizione dei Ds, sancita in Consiglio nazionale da un ordine del giorno presentato da Salvi e Mussi, ha scatenato un putiferio: presidenti di Regione come Bassolino, Loiero e Marrazzo non hanno gradito.
«Non conosco le cose in dettaglio. Ma il discorso base resta lo stesso: serve un codice alla Zapatero che escluda ed eviti le cose attribuite a Bassolino e agli altri. Ma temo che non lo avremo, perché destra e sinistra rischierebbero di perdere troppi seguaci. Basta vedere come Fini ha dimenticato Borsellino...».
Loiero e Marrazzo dicono che l’uscita diessina è autolesionista per la coalizione, perché fornisce materiale alle campagne della destra.
«Che da quelle parti ci sia una buona dose di autolesionismo, è innegabile. Ma allora, perché quelli che ne sono convinti non appoggiano l’introduzione del codice di comportamento? Sarebbe molto meglio dei litigi. Speriamo davvero che d'ora in poi la linea cambi».