lunedì 18 luglio 2005

Spoletoscienza 2005

l'Unità 18 Luglio 2005
Spoletoscienza 2005
di Cristiana Pulcinelli

Tra soli trent'anni la vita di noi esseri umani potrebbe non essere più la stessa. Potremmo, ad esempio, aver spostato il momento della morte molto più avanti nel tempo: a cento anni e oltre. I nostri organi malati potrebbero venire sostituiti. Potremmo aver sconfitto malattie come il cancro e potremmo curarci inserendo nel nostro organismo geni e cellule. Potremmo anche progettare figli in modo che siano sicuramente sani, ma anche che abbiano qualche chance in più per cavarsela grazie alla manipolazione genetica dell'embrione.
Tutte queste cose, se si realizzassero, cambierebbero radicalmente non solo la nostra vita individuale, ma la società nel suo complesso. A tal punto che suscitano timore e, in qualcuno, anche voglia di fermare la ricerca, come si è visto in occasione del referendum sulla fecondazione assistita. Cosicché immaginare il futuro non è più solo un esercizio letterario, ma un obbligo morale.
A Spoletoscienza, l'incontro annuale organizzato dalla Fondazione Sigma Tau, sabato e domenica scorsi si è discusso proprio di come i progressi della genetica e della biologia potranno alterare il destino dell'umanità. C'è chi vede la situazione più rosea e chi invece avverte che i tempi saranno lunghi, la fatica immensa e le implicazioni non prive di rischi. Ma tutti sono d'accordo sul fatto che il futuro è già cominciato.
Tra i più ottimisti si annovera Aubrey De Grey, ingegnere elettronico e biologo inglese. De Grey è convinto che l'invecchiamento non sia inevitabile e che quindi vada evitato. Già conosciamo tutti i fattori che portano all'invecchiamento e presto scopriremo tecnologie per intervenire su questi fattori. Ma la cosa interessante, dice l'inglese, è il concetto di velocità di fuga: se tra trent'anni un uomo allungherà la vita di trent'anni, nei trent'anni successivi le terapie saranno ancora più avanzate e, quindi, l'uomo potrebbe avere altri trent'anni di vita da aggiungere ai primi trenta. Di trent'anni in trent'anni, si potrebbe giungere a vivere mille anni. Obiezioni? Pensiamo che queste ricerche non vadano portate avanti perché non vogliamo una società senza bambini o perché non vogliamo che i dittatori vivano in eterno, o perché pensiamo sia più giusto spendere soldi per salvare gli africani? Chi siamo noi - ribatte De Grey - per imporre i nostri valori sul futuro? Le decisioni spetteranno a chi avrà le terapie antiinvecchiamento.
Più problematico l'intervento di Gregory Stock, dell'Università della California. Stock è convinto che nei prossimi anni dovremo affrontare molte sfide: la possibilità di modificare la nostra biologia, di affidarci alla farmacologia per gestire le emozioni e, soprattutto, i progressi della biologia riproduttiva che cambieranno il modo di fare i figli. Tutte queste strade verranno percorse, dice Stock, perché abbiamo sempre usato la tecnologia per migliorare la nostra vita. Temiamo di abusare di queste tecnologie? Ebbene, sicuramente ne abuseremo. Abbiamo paura che modificheranno il significato di ciò che siamo? Sicuramente lo faranno. Ma proibirle non ha senso, perché qualcuno in qualche parte del mondo le farà lo stesso, in modo forse meno democratico.
Gli italiani sono rimasti più con i piedi per terra. Claudio Franceschi, immunologo esperto di invecchiamento, ha raccontato i risultati della sua ricerca sui centenari che sono sempre di più. Perché alcuni individui vivono molto più della media? Sembra che la risposta stia nella capacità di adattarsi agli stress e ai danni cui sono esposti, sia dal punto di vista biologico che mentale.
Giuseppe Macino, biologo cellulare, ha aperto una finestra sulle possibili applicazioni terapeutiche di una scoperta recentissima: i piccoli Rna. Sono molecole che hanno compiti importantissimi come controllare la proliferazione e la morte delle cellule. Studiarli ci potrebbe permettere in un futuro di curare malattie come il cancro.
E infine Giulio Cossu, direttore dell'Istituto di ricerca sulle cellule staminali del San Raffaele di Milano, ha spiegato quali sono progressi e difficoltà nella ricostruzione e nella riparazione degli organi e dei tessuti. Oggi siamo in grado di ricostruire epidermide, cornea, sangue, ossa. Per gli altri il lavoro sarà ancora lungo. Tuttavia, i problemi etici ed economici che queste ricerche comportano vanno affrontati ora. Perché una volta scoperte queste cure, sarebbe inammissibile che una società che si definisce civile non le fornisca.