giovedì 7 luglio 2005

sinistra
tutti divisi verso le primarie

aprileonline.info 7.7.05
L'Unione studia le regole delle primarie. E scopre che non sa da che parte cominciare
Centrosinistra. Lunedì prossimo, summit con Prodi. Dopo tanto agitare il modello americano, si finirà per dare via libera solo a una "consultazione popolare" all'italiana?
Aldo Garzia

Lunedì prossimo c'è un nuovo summit dell'Unione dedicato alle primarie. Arturo Parisi, prodiano di ferro, leader della minoranza della Margherita, politologo, avrà il compito di esporre un decalogo di regole per l'appuntamento che finora resta fissato per l'8 e il 9 ottobre.
Non ci sono indiscrezioni attendibili sulle norme che verranno discusse dai leader del centrosinistra. Si può prevedere, però, che l'esito della riunione dell'11 luglio non sarà scontato. Nonostante la decisione di effettuare le primarie sia stata solennemente presa, ora si cerca di smorzarne il probabile effetto sulla coalizione. Per esempio, c'è una parte della Margherita (quella che fa capo a Rutelli) che ne farebbe volentieri a meno: non fosse altro perché un conto è discutere con Prodi senza numeri, un altro è discutere con un leader legittimato dalle primarie. Un Professore forte, mettiamo il caso, dell'80 per cento dei consensi sarebbe in grado di bacchettare tutti i Rutelli che dovessero creargli ostacoli procedurali e politici. Le primarie, d'altronde, non piacciono neppure a Verdi e Pdci, costretti o a votare Bertinotti come candidato della sinistra dell'Unione o costretti a scegliere la candidatura di bandiera di Pecoraro Scanio.
Gli unici, forse, a volere davvero le primarie (oltre a Prodi) sono Fassino e Bertinotti. "Quando si discute, a me piace andare alla sostanza delle cose, e la sostanza è un meccanismo, che abbiamo chiamato primarie per dare a Prodi il massimo di investitura politica", ha dichiarato ieri il segretario dei Ds. Il leader di Rifondazione, invece, è indeciso se scegliere la strada dei "Comitati Bertinotti" come struttura con cui organizzare la campagna delle preferenze sul proprio nome. Verdi e Pdci sarebbero disponibili ad appoggiarlo solo a condizione che Bertinotti rinunci al veto sulla costruzione di una lista "Arcobaleno" di tutta la sinistra dell'Unione da presentare sulla quota proporzionale della legge elettorale, quando ci saranno le elezioni politiche del 2006. Rifondazione vede però quell'ipotesi come fumo negli occhi. Per questo, pensa di giocarsi la sua leadership a sinistra proprio con un buon risultato (20 per cento?) conquistato dal proprio segretario nelle primarie di ottobre.
Ieri c'è stato pure un siparietto di un quarto d'ora nel Transatlantico di Montecitorio tra Piero Fassino e il responsabile organizzazione della Margherita, Franco Marini. Quest'ultimo ha espresso a viva voce, affinché anche i giornalisti lo ascoltassero, le sue preoccupazioni sulle primarie. "Potrebbero provocare brutte sorprese, trasformandosi in un boomerang", ha detto al segretario della Quercia. Per questo Marini, dopo essere stato uno dei principali protagonisti dell'affossamento del Listone unitario, ora è convinto della necessità che i partiti della cosiddetta Fed (Ds, Margherita, Repubblicani europei e Sdi) facciano fronte comune. Il che, tradotto, vuol dire mettersi d'accordo per sostenere lealmente Prodi contro Bertinotti. A Fassino, vedovo dell'ipotesi della lista Uniti nell'Ulivo, forse propedeutica a un unico "partito riformista", non è parso vero poter dare il suo consenso all'invito a stringersi intorno alla candidatura di Prodi.
Fin qui le schermaglie e le curiosità. Il vero problema restano le regole delle primarie, proprio quelle di cui discuterà l'Unione nel vertice di lunedì prossimo. Dopo averle agitate per anni, il gruppo dirigente del centrosinistra ha sottovalutato le norme per attuarle: voteranno tutti gli elettori che volessero farlo? voteranno solo gli iscritti ai partiti del centrosinistra (ipotesi molto impopolare)? come impedire che qualcuno voti due o tre volte?
Negli Stati Uniti, dove le primarie sono una cosa seria, le anagrafe degli iscritti al Partito democratico e al Partito repubblicano sono aggiornate in modo ferreo. Lì, inoltre, le primarie sono possibili perché c'è un sistema politico bipolare fondato su due grandi partiti e non su due coalizioni come in Italia. Aver sottovalutato tutto ciò, facendo prevalere la propaganda sulla sostanza, può fare delle primarie italiane solo una parodia di quelle statunitensi. Con il rischio per l'Unione di dare il via a un meccanismo che può rivelarsi incontrollabile: se ognuno di noi elettori avrà solo quest'arma per far sentire la propria voce, perché allora non fare le primarie anche sulla scelta dei candidati nei singoli collegi?
Con tutto il rispetto che si deve al professor Parisi, sono in molti a dubitare che il suo decalogo darà una risposta a tutte queste domande. Alla fine, forse, le primarie si terranno davvero. Ma chissà che più sommessamente non si chiamino "consultazione popolare", trovando un'ulteriore mediazione anche sulle norme studiate da Parisi per la riunione di lunedì prossimo.