giovedì 7 luglio 2005

Usa
maschio o femmina? puoi saperlo già alla quinta settimana

Corriere della Sera 7.7.05
Sarà maschio o femmina? Ecco il test superveloce
Computer e Dna, il responso alla quinta settimana di gravidanza. Polemiche negli Usa: favorirà l’aborto
Margherita De Bac

Maschio o femmina? La domanda sorge spontanea nella maggior parte delle donne quando scoprono di essere in dolce attesa. La risposta arriva dopo tre mesi di gravidanza, grazie alle metodiche di diagnosi prenatale comunemente disponibili. Esame dei villi coriali, del liquido amniotico (amniocentesi), ecografia. Negli Stati Uniti però la smania di sapere di che colore sarà il fiocco da appendere fuori dalla porta sospinge migliaia di future mamme verso un test che promette la verità già alla quinta settimana. Si ordina su internet, costo 275 dollari. Basta inviare un campione di sangue prelevato con un semplice buchino sull’indice. Nel giro di 24-48 ore vi verrà svelato se preparare corredini rosa o celeste.
La nuova offerta commerciale si chiama «Baby early gender mentor» e sta suscitando scalpore in Usa tanto che la polemica ha riempito pagine di grandi testate giornalistiche. C’è la preoccupazione che alcune donne utilizzino l’informazione sul sesso per decidere se abortire o no, a seconda del gradimento. Soluzione che ricorda su scala diversa riprovevoli usanze cinesi. «Il timore è più che fondato. L’interruzione di gravidanza potrebbe essere determinata da questioni che non dipendono da problemi genetici del nascituro», ritiene più che concreta l’ipotesi Michael Grodin, università di Boston, esperto di bioetica.
Il test non è una novità sul piano tecnico. Finora però era rimasto chiuso nei laboratori e adoperato per scopi di ricerca. Adesso è stato lanciato sul commercio, con un successo al di sopra di ogni aspettativa. L’azienda che lo vende on line afferma di aver distribuito in sole tre settimane circa 1000 kit per la raccolta e l’invio del campione. Il sesso del bebè viene indagato analizzando il Dna delle cellule fetali presenti nel sangue della madre. Viene garantita una risposta con ampio margine di certezza: il 99,9%. Se in un momento successivo si scopre che il sesso è diverso da quello annunciato, si ha diritto a un risarcimento del 200%.
«La percentuale mi sembra eccessiva e comunque l’iniziativa è censurabile; nessun test genetico dovrebbe essere effettuato senza un’adeguata informazione al cliente»: è negativo su tutta la linea il genetista Bruno Dallapiccola, uno dei protagonisti della campagna referendaria per l’astensionismo.
«E’ raro che le pazienti siano talmente ansiose di scoprire se sarà maschio o femmina da chiedere se esistono metodiche di diagnosi prenatale ancora più precoci di quelle tradizionali - si riferisce all’esperienza personale la ginecologa Mirella Parachini, San Filippo Neri di Roma -. In 25 anni sarà capitato un paio di volte che la donna mi abbia domandato se si poteva interrompere la gravidanza dopo aver conosciuto il sesso del bambino. Sono fermamente contraria, ma riflettiamo. La domanda è determinata dall’offerta. Prima la donna desiderava solo che il piccolo fosse sano. Oggi l’amniocentesi viene pretesa anche da chi non presenta fattori di rischio familiare o legato all’età».