giovedì 7 luglio 2005

storia dell'uomo
la scrittura, i numeri, le valenze

Repubblica 7.7.05
LA SCOPERTA DELL'ALFABETO E DEI NUMERI
L'universo atomico del poeta Lucrezio
Le remote radici di matematica e letteratura

PIERGIORGIO ODIFREDDI

In principio era la letteratura, e la letteratura era vicina alla scienza, e la scienza era letteratura. Più precisamente, in principio c'erano in Occidente il De Rerum Natura di Lucrezio, e in Oriente l'I Ching taoista-confuciano.
Ed entrambi i classici narravano letterariamente un'unica visione del mondo: quella che permette oggi a un chimico, a un matematico e a un logico di salire sullo stesso palco in una sera d´estate, per mostrare la sostanziale unità dell'approccio scientifico attraverso l'apparente diversità delle proprie discipline.
La «natura delle cose», annunciata da Lucrezio fin dal titolo del suo singolare poema scientifico, era l'atomismo di Democrito: il fatto, cioè, che l'intero universo degli esseri creati è formato da semi di materia eterna e solida, chiamati atomi, o indivisibili. Questi atomi costituiscono un limite al possibile disgregarsi delle cose, e la loro esistenza è assicurata dalla constatazione che, altrimenti, ogni cosa sarebbe formata di un numero infinito di parti, e costituirebbe un intero universo a se stante.
Come scrittore, Lucrezio trovava nel suo lavoro un esempio archetipico di atomismo: la scrittura, i cui atomi sono le lettere che si aggregano a formare, via via, parole, frasi, paragrafi, capitoli e opere. E notava che, come le lettere dell'alfabeto sono limitate in numero, ma le loro combinazioni sono infinite, cosí è per gli atomi e le cose: perché poche lettere sono comuni a molte parole, ma le parole suonano e significano diversamente a causa della diversa disposizione delle stesse lettere. Un'immagine, questa, che manterrà inalterato il suo fascino poetico nei secoli: dai «vari accozzamenti di venti caratteruzzi» dei Dialoghi di Galileo, alla «scrittura come metafora della sostanza pulviscolare del mondo» delle Lezioni italiane di Calvino.
In filosofia, il legame fra lettere e parole era già stato un'ispirazione per la teoria delle idee di Platone, che nel Teeteto aveva dichiarato: «la parola non coincide con le lettere, ma è piuttosto un'unità composta che costituisce un'unica idea, diversa da quella delle lettere». Furono però gli stoici a estendere la metafora atomica dal vocabolario all'intero linguaggio, riducendo le frasi alle loro costituenti logiche elementari: da una parte le proposizioni semplici o atomiche, non ulteriormente analizzabili, e dall'altra quelle composte o molecolari, ottenute combinando fra loro le precedenti mediante particelle chiamate «connettivi», che costituiscono l'analogo logico delle valenze chimiche.
L'analogia divenne programmatica nel 1918, quando Bertrand Russell pubblicò La filosofia dell'atomismo logico : un testo in cui l'analisi logica delle proposizioni venne appunto esplicitamente paragonata all'analisi chimica degli elementi. E come Lucrezio aveva cantato la seconda analisi nel De Rerum Natura, Ludwig Wittgenstein cantò la prima nel Tractatus logico-philosophicus, un'opera con maggiore efficacia artistica che scientifica, come notò Gottlob Frege, nella quale l'atomismo logico è descritto in una serie di variazioni sul verso: «la proposizione è una funzione di verità delle proposizioni elementari».
Quanto alla chimica, se l'immagine preventiva offertane da Lucrezio era puramente qualitativa e generica, il «libro delle mutazioni» cinese ne prefigurava invece già una versione quantitativa e specifica: non a caso, visto che la sua ispirazione era l'impresa alchemica taoista, che aveva come scopo la trasmutazione degli elementi. Il libro si basava su 64 esagrammi, ottenuti combinando in tutti i modi possibili sei righe intere o spezzate, che indicavano simbolicamente gli opposti. E, come suggerivano sia la complementarità di yin e yang, sia lo stesso titolo del libro, l'idea dominante dell'I Ching era che le linee intere possono spezzarsi, e quelle spezzate integrarsi: in tal modo gli esagrammi si mutano l'uno nell'altro, con un processo che rappresenta la corrispondente trasmutazione degli elementi chimici ad essi associati.
Gli elementi dell'I Ching erano 64: praticamente lo stesso numero, cioè 63, degli elementi della tavola periodica che Dimitri Mendeleev letteralmente sognò una notte del 1869, dopo aver giocato un solitario prima di addormentarsi. Da tempo il chimico russo stava cercando di trovare un ordine logico di sistemazione delle schede sulle quali aveva scritto i nomi e le caratteristiche dei 63 elementi allora conosciuti (oggi saliti a 109), e nel sogno le schede si mossero e si disposero miracolosamente da sole in una tabella di sette righe e diciotto colonne, a formare quella che divenne una delle icone della chimica moderna.
La tavola che porta il suo nome, e che si trova in ogni libro di testo, in realtà è un po' diversa da quella originale di Mendeleev (e di Lothar Meyer, che ne scoprí una praticamente identica nel 1870), che ordinava gli elementi in base al peso atomico (cioè al numero dei protoni e dei neutroni del nucleo).
Oggi gli elementi sono ordinati in base al numero atomico (cioè al numero dei soli protoni o, se si preferisce, degli elettroni), secondo la tabella scoperta nel 1912 dal ventiseienne Henry Moseley, che morí in guerra tre anni dopo. Come spiegò nel 1919 Irving Langmuir, poi premio Nobel per la chimica nel 1932, le righe corrispondono ai vari livelli energetici dell'atomo, e le colonne al numero di elettroni nel livello più esterno: in tal modo la tavola costituisce, allo stesso tempo, il punto d'arrivo della fisica atomica e il punto di partenza della chimica molecolare, realizzando in maniera scientifica gli arditi sogni letterari dell'I Ching .
Nel testo cinese gli esagrammi comparivano a coppie complementari o simmetriche, ma l'ordine delle coppie era apparentemente casuale. A partire dal secolo XI essi furono invece ordinati in maniera numerica, pensandoli come rappresentazioni binarie di numeri composti dalle sole cifre 0 e 1: gli esagrammi costituiscono dunque la base dell'aritmetica binaria, (ri)-scoperta in Occidente da Leibniz soltanto nel 1679. Ironicamente, dopo aver condito la sua scoperta con salsa metafisica, in un saggio modestamente intitolato Dimostrazione matematica della creazione e dell'ordinamento del mondo, il filosofo tedesco la inviò al padre Joachim Bouvet, un gesuita divenuto tutore dei figli dell'Imperatore Celeste, credendo di fornirgli uno strumento utile per la conversione dei cinesi, e venne invece a sapere dal missionario che essi la conoscevano benissimo da secoli.
La versione aritmetica dell'I Ching lascia presagire una possibile analogia fra chimica e matematica, che puntualmente affiora non appena la si cerchi. Anzitutto, al livello superficiale già suggerito dallo 0 e dall'1: il fatto, cioè, che i numeri sono tutti esprimibili mediante un piccolo numero di cifre (due nel sistema binario, dieci in quello decimale), che costituiscono l'analogo matematico dell'alfabeto letterario. Ma anche, a un livello più profondo, nel fatto che i numeri siano tutti decomponibili in fattori primi per l'argomento di Lucrezio: altrimenti, la loro decomposizione in fattori sempre più piccoli continuerebbe assurdamente all'infinito.
I numeri primi sono dunque l'analogo degli atomi di Lucrezio e di Mendeleev, ma il mondo matematico è molto più complicato di quello fisico: i suoi atomi sono infatti in numero infinito, come già notò Euclide nei suoi monumentali Elementi (IX.20). Il che significa che una loro classificazione non potrà essere una semplice tabella come nella chimica: «potrà», al futuro, perchè al presente nessuna tabella completa è ancora stata compilata. Si sono sí identificate alcune tipologie, che prendono il nome dai loro scopritori (Fermat, Mersenne, Fibonacci) o dalle loro proprietà (i primi gemelli), cosí come alcuni criteri di riconoscimento e alcune regolarità di distribuzione, ma rimangono irrisolte proprietà anche semplici da enunciare, come la congettura di Goldbach: «tutti i numeri pari maggiori di 2 sono la somma di due numeri primi».
In mancanza di dimostrazioni, bisognerà per ora accontentarsi di romanzi quali Zio Petros e La congettura di Golbach di Apostolos Doxiadis (Bompiani, 2000) o Le ostinazioni di un matematico, ovvero come morire tre volte per la congettura di Goldbach di Didier Nordon (Sironi, 2005): dunque, non solo in principio, ma anche alla fine è la letteratura, e la letteratura è vicino alla matematica, e la matematica è letteratura.