il manifesto 22.7.03
SINISTRA
L'utopia di Rodano
di VALENTINO PARLATO
Vent'anni fa, il 21 luglio del 1983, moriva Franco Rodano e oggi, nell'ondata del postmoderno e nel decadimento politico e culturale della sinistra, il suo nome ha un suono tra i più anziani e solo tra rari giovani. Del tutto diversa era la situazione quando noi anziani di oggi eravamo giovani. Allora l'uomo Franco Rodano suscitava fascino, in verità un po' enigmatico: questa persona coltissima e profondamente cristiana, che politicamente era comunista e non per ragioni di classe, ma piuttosto di liberazione dell'uomo. Con una scomunica ad personam, poi ritirata ai tempi di Giovanni XXIII, ma sempre cristiano e comunista, limpidamente, senza mai nessuna confusione democristiana. Un uomo di ottime frequentazioni cattoliche e laiche, era sodale di Raffaele Mattioli, l'illuminato presidente della Comit, ma che ha sempre rifiutato la cosiddetta ascesa sociale: mai parlamentare, mai presidente di un qualche ente, ma sempre e solo Franco Rodano, ricercato, discusso, ma sempre apprezzato, anche dagli avversari. Anche di lui va detto «lo stile è l'uomo». E il suo era uno stile produttivo di pensiero, suscitatore di discussioni e ricerche. Aveva cominciato, giovanissimo, al Liceo Visconti di Roma, dove ostentava («fiammeggiante» diceva Giorgio Coppa allora mio capo alla Cna) il distintivo dell'azione cattolica, fondatore del Movimento dei comunisti cattolici, ispiratore del crociano Spettatore italiano e direttore di Dibattito politico, rivista alla quale collaboravano i giovanissimi Giuseppe Chiarante e Lucio Magri e poi, negli anni `60, fondatore con Claudio Napoleoni della prestigiosa Rivista trimestrale. Un grande lavoro, un capitale di pensiero, oggi piuttosto trascurato.
La questione cattolica - se ne parla anche oggi in rapporto alla difficile costituzione europea - rimane centrale, culturalmente e politicamente. E davanti a questo problema il lavoro di Rodano può aiutare. Di fronte alla questione cattolica, Rodano non è affatto un sostenitore del «compromesso storico», che per certi significava il degrado della grande questione nell'ambito riduttivo della «solidarietà nazionale», una mezzadria con la Dc. In un articolo apparso tempo fa su Critica marxista, Lucio Magri dà una interpretazione convincente del pensiero di Franco Rodano: «Il rapporto con la Chiesa, sia come comunità di fede che come istituzione, senza mediazioni di un partito cattolico... rappresentava un'occasione e una garanzia per depurare il movimento comunista non solo dell'ateismo scientista, ma anche di una visione totalizzante della rivoluzione politica e sociale (il mito del regno dei cieli sulla terra e di una storia senza alienazioni)... Corrispettivamente il movimento comunista era il portatore necessario di una trasformazione della società che non si presentasse... come inveramento e compimento della razionalità illuministica, della rivoluzione borghese, ma anche e soprattutto come loro rovesciamento dialettico, e perciò offrisse un fondamento storico e materiale ad un mondo in cui la persona umana diventasse centro e misura, liberata dalla reificazione capitalistica, e perciò stesso base reale di un pieno sviluppo di un cristianesimo, non integralista, ma consapevole, diffuso, praticabile». La posizione di Rodano è radicalmente e discutibilmente antiborghese è perciò piuttosto eversiva in un'epoca di borghesia trionfante.
Questo il terreno di lavoro anticipato da Rodano, certamente discutibile, ma oggi nel postfordismo e nella crescita del lavoro cosiddetto cognitivo, può essere più realistico di quanto non fosse venti anni fa: come a dire che l'uomo non è solo quel che mangia e che tra la struttura e la sovrastruttura i rapporti sono assai più complessi di quanto non fosse nel marxismo che abbiamo imparato da giovani. Soltanto che oggi attraversiamo una fase di crisi politica e culturale nella quale il valore più alto è la forza, cioè la guerra diffusa a tutti i livelli. Contro gli Hobbes di oggi forse Franco Rodano può darci un aiuto.
Questo penso oggi, ma tanti anni fa quando fui invitato a cena da Franco Rodano, insieme con Aniello Coppola, e quella cena era un po' un esame d'ammissione, ritengo di essere stato bocciato.
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