martedì 14 ottobre 2003

grandezza della psicologia anglosassone:
no all'innatismo, in un mese tutti ottimisti!

Gazzetta del Mezzogiorno 14.10.03
Lo psicologo inglese Richard Wiseman: bisogna alimentare un “circolo virtuoso” dell'ottimismo
Fortunati non si nasce, si diventa
Una scuola insegna a interpretare positivamente gli eventi
di Luisella Seveso


Fortunati si diventa: nessuno nasce con la camicia, ma si comporta in modo tale da “attirare” gli eventi positivi. Cosa aiuta? L'intuito, la serenità, la socievolezza e anche un bel sorriso. Lo sostiene (e lo motiva) un autorevole psicologo inglese, Richard Wiseman, dell'Università dell'Hertfordshire. Autore di importanti ricerche in campo psicologico (solitamente pubblicate da riviste del calibro di “Nature” o “Science”), Wiseman non è nuovo a esperimenti originali. Ha, tra l'altro, realizzato un “laboratorio della risata” on line , raccogliendo tra i navigatori oltre 100.000 barzellette per scoprire l'essenza dell'umorismo. Insieme con un altro grande divulgatore, Simon Singh, ha scritto e portato in scena uno spettacolo a metà tra scienza e cabaret: «Il teatro della Scienza». In questi anni Wiseman si è fatto inoltre promotore di un curioso esperimento scientifico condotto con il suo staff su oltre un migliaio di «sfortunati Paperini» e «fortunatissimi Gastoni» (nella foto gli straordinari personaggi Disney) . L'esperimento si è tradotto in un saggio di grande successo: «Fattore fortuna» (Sonzogno). Wiseman svela quelli che lui considera i quattro princìpi per imparare a essere fortunati (cogliere le opportunità offerte dal caso; seguire l'istinto; essere ottimisti; trasformare la sfortuna in fortuna). Un vero e proprio corso con esercizi, questionari, schemi e verifiche. Provare per credere. – Come è nata, dottor Wiseman, questa “scuola di fortuna”? «È successo che mi sono accorto che in tutti i colloqui che facevo emergeva spesso il fattore fortuna, al quale le persone davano un gran peso. Al contrario né la psicologia né la scienza gli attribuivano invece qualche importanza. Ho deciso allora di indagare». – Perché sostiene che non si nasce fortunati? «Ho iniziato questa ricerca perché volevo far piazza pulita di un'idea molto diffusa tra la gente: che la fortuna sia un fatto genetico e che non si possa far niente per modificare questo stato. Invece con un po' di impegno si può fare moltissimo». – Che significa «trasformare la sfortuna in fortuna»? «Le persone fortunate, quando parlano della propria vita, sostengono di non aver mai vissuto eventi fortemente negativi. Indagando ci si accorge invece che anche loro ne hanno avuti, ma che hanno saputo tradurli in qualcosa di positivo». – L'ottimismo è fondamentale, evidentemente, ma per un pessimista cambiare è molto difficile. «Vero. Ecco perché, come dico nel libro, ci vuole almeno un mese per ottenere i primi risultati. La cosa importante però è che il cambiamento si autoalimenta, l'importante è fare un primo sforzo. Basta in effetti cercare di vedere con più ottimismo anche una piccola parte della propria vita, e le cose lentamente cambiano. L'ho verificato nella mia “Luck school”: un piccolo lento cambiamento alimenterà un circolo virtuoso dell'ottimismo».