mercoledì 3 dicembre 2003

contro la depressione... fate un po' come vi pare

Il Sole 24Ore Domenicale 30.11.03
Regole di saggezza
La felicità? Questione di esercizio
I sentimenti positivi non sono frutto del caso. Ci sono azioni e pensieri che ci aiutano a provarli. Come avevano capito i filosofi antichi e, oggi, il Dalai Lama e i neuroscienziati - Star bene dipende più da noi che dalle circostanze. Corpo e cervello uniti nel benessere
di Armando Massarenti


"No sports, just whisky and cigars". Ognuno è libero di elaborare il proprio personale elisir di lunga vita. Eppure non è difficile immaginare che l'autore di questa ricetta, Winston Churchill, abbia pagato cara la propria spavalderia. Non tanto per i sigari o il whisky. Egli era affetto da una grave forma di depressione - "il mio cane nero" la chiamava, e non gli dava mai tregua - determinata probabilmente da cause genetiche. In questi casi oggi è dimostrato che il movimento fisico è fondamentale. Una corsa in un bosco può avere la stessa efficacia di una psicoterapia. Il movimento solleva il morale. Quando si esercitano i muscoli, il cervello libera ormoni, come la serotonina, che possono provocare una leggera euforia. Ma sono soprattutto i "sensi interni" a produrre una migliore disposizione di spirito. "Dappertutto nel nostro corpo sono distribuite "antenne" per mezzo delle quali il sistema nervoso vigila sull'organismo. In ogni istante arriva al cervello un intero concerto di messaggi provenienti dal corpo e possiamo imparare a percepirlo con attenzione e a godere del perfetto funzionamento del corpo".
É questo un ingrediente non secondario della Formula della felicità proposta da Stefan Klein. La "formula" però non è semplice. É il combinato di una serie di conoscenze acquisite negli ultimi anni sparse in ambiti disciplinari spesso lontani tra loro: neuroscienze, genetica, psichiatria, sociologia, antropologia, immunologia, ma anche economia e filosofia politica. Così uno studio condotto dagli economisti Alois Sturzer e Bruno Frey per esempio ha mostrato che il Paese europeo dove la gente è più felice è la Svizzera. Perché? Non per la bellezza dei luoghi, e neppure per la ricchezza. Altri studi hanno peraltro dimostrato che la ricchezza è determinante per la felicità solo al di sotto di una soglia di reddito piuttosto bassa, al di sopra della quale intervengono altri fattori. Il fattore determinante, nel caso della Svizzera, è il sistema politico. Le decisioni importanti non vengono prese a Berna, la capitale, ma direttamente dagli abitanti dei 26 Cantoni. La capacità di influire direttamente sull'agenda politica e sulle decisioni pubbliche risulta fondamentale per il benessere. La soddisfazione data dalla possibilità di poter decidere molte questioni, piccole e grandi, su di sé e sul luogo in cui si vive supera di gran lunga quella derivante ad esempio da un sostanzioso aumento di stipendio. Dove ci si avvicina a forme di democrazia diretta tutti i servizi sociali sembrano funzionare meglio, ed è anche interessante notare che i residenti stranieri, i quali non partecipano ai processi decisionali, non ne traggono lo stesso grado di soddisfazione degli abitanti locali. Insomma, è la democrazia a rendere felici. Senso civico, armonia sociale e possibilità di avere un effettivo controllo sulla propria vita, costituiscono - conclude Klein - il "triangolo magico della felicità".
Sono state le scoperte recenti sul cervello, soprattutto sulla sua straordinaria plasticità, a convincere Klein che è possibile individuare regole e comportamenti ben precisi in grado di influenzare la nostra felicità: "Possiamo rafforzare attraverso l'esercizio cosciente i circuiti per i sentimenti positivi, e possiamo collocarci deliberatamente in situazioni a cui reagiamo con gioia e piacere". I sentimenti positivi sono nel cervello ed esso, come ha mostrato Damasio, è strettamente collegato con il corpo. Oggi solo pochi relativisti impenitenti negherebbero che le espressioni di un certo numero di sentimenti siano identiche in tutti gli esseri umani. Grazie a Paul Ekman, sappiamo quali sono i muscoli facciali che esprimono, in qualunque società umana, una autentica felicità e sappiamo distinguere un sorriso genuino dalle espressioni forzate che assumiamo davanti a una macchina fotografica. Grazie a neurologi come Damasio sappiamo anche che i circuiti della felicità e della sofferenza sono separati, e che la felicità è qualcosa di più, e di diverso, dalla semplice assenza di infelicità.
Le circostanze esterne contano in minima parte. Le persone possono essere felici quasi in qualsiasi situazione. La gioia di vivere non dipende né dall'età né dal sesso, né dal numero di figli né dal conto in banca. Dipende invece dalla capacità di avere rapporti con gli altri (ma vale anche la regola "Meglio soli che male accompagnati") e di avere il controllo delle proprie vite. Anche le responsabilità che ne derivano non generano stress, non diminuiscono ma aumentano il benessere.
La felicità, dunque, dipende soprattutto da noi, e le conoscenze recenti ci aiutano a perseguirla con maggiore consapevolezza. A volte ci spingono ad abbandonare vecchie credenze. Come quella secondo cui sfogare la propria rabbia o la propria sofferenza sia utile e rinfrancante. É vero il contrario. Arrabbiarsi fa ancora più male, rende più difficile uscire da una senzazione negativa. É invece possibile, e assai salutare, controllare consapevolmente i sentimenti negativi. Altre volte le nuove conoscenze confermano intuizioni antichissime. Quelle per esempio della scuole filosofiche dei Greci, che avevano individuato una serie di che definivano "terapeutici" per dominare e sconfiggere sentimenti come l'avidità, l'invidia e la paura della morte. Altri esercizi erano invece "sensibilizzanti". Epicuro invitava i discepoli a non differire la gioia, e a chiedersi ogni sera se davvero si erano colte le occasioni di felicità che si erano presentate nella giornata. L'idea che ci siano esercizi che possono indurci abitudini da cui deriva il nostro senso di felicità è stata quasi del tutto abbandonata in Occidente, ma la si ritrova invece nel Buddhismo e nelle riflessioni del Dalai Lama, gran frequentatore di laboratori di neuroscienze.
"I sentimenti di felicità non sono frutto del caso - conclude Klein - bensì la conseguenza di pensieri e azioni giusti: in questa concezione si riconoscono le moderne neuroscienze, la filosofia antica e il Buddhismo". Il cervello può cambiare in ogni età della vita. Ecco un'altra delle acquisizioni recenti che modificano convinzioni consolidate. Una scoperta che dovrebbe renderci tutti più felici.

Stefan Klein, La formula della felicità. Per una filosofia del benessere, Longanesi, Milano 2003, pagg. 332, 16,50