mercoledì 3 dicembre 2003

l'Islam in libreria

L'Arena Martedì 2 Dicembre 2003
L’Islam in libreria
Uno sguardo ai saggi che ci introducono alla storia del mondo musulmano per una conoscenza più approfondita che può arginare i nostri timori e correggere alcuni pregiudizi


Jihad in arabo significa slancio, sforzo di purificazione. Una parola che in origine non aveva nulla di quel senso di minaccia che inevitabilmente le attribuiamo oggi, soprattutto dopo che il terrorismo ha portato il lutto anche tra le famiglie italiane. L'inquietudine, ormai, ci fa guardare con sospetto i musulmani che vivono nelle nostre città, sul cui volto temiamo di veder affiorare lo stesso odio che ha spinto alcuni loro correligionari a commettere quell'eccidio in Iraq. Per fugare o almeno dominare questi timori non c'è niente di meglio che la conoscenza approfondita di ciò che tanta diffidenza suscita in noi, di quella religione e civiltà che in passato ebbe momenti di splendore e oggi sembra precipitata in una spirale di ignoranza e fanatismo, e dei motivi che possono essere all'origine della sua degenerazione nei fenomeni dell'integralismo e del terrorismo. Una puntata in libreria ci offrirà tutti i mezzi per discernere tra verità e pregiudizi secolari e orientarsi nell'intricato scenario internazionale : sono infatti moltissimi i testi dedicati all'Islam e al fondamentalismo. Cominciamo col libro di Emanuele Severino, "Dall'Islam a Prometeo" (Rizzoli), nel quale il filosofo va oltre lo schema dello "scontro di civiltà" dimostrando come anche l'Islam faccia parte a pieno titolo della civiltà occidentale, poiché condivide con essa uno dei suoi caratteri fondanti: la fiducia nella tecnica. Come l'Occidente ha dovuto confrontarsi, sin dai tempi di Eschilo, con la razionalità tecnico-scientifica, così anche il mondo islamico, nonostante il suo apparente rifiuto della modernità, è destinato a incamminarsi verso la civiltà della tecnica, verso quel "paradiso dell'Apparato" che incarna l'originaria fede dell'Occidente in quella che Nietzsche chiamò "l'innocenza del divenire".
Le radici occidentali del nuovo Islam sono anche al centro del saggio di Olivier Roy, "Global Muslim" (Feltrinelli), nel quale lo studioso inglese mostra come alla base della "reislamizzazione" delle società musulmane ci siano fenomeni tipici della civiltà occidentale: globalizzazione e individualismo, bricolage di dottrine e comportamenti settari.
È un confronto tra l'Islam e il mondo ebraico, invece, l'ultimo libro di Pietro Citati, che in "Israele e l'Islam" (Mondadori) ricostruisce i rapporti tra le due grandi religioni monoteiste : dopo aver individuato nelle pagine della Genesi l'origine comune delle due confessioni, Citati rievoca la convivenza pacifica tra arabi ed ebrei a Baghdad e al Cairo, rilegge i grandi scrittori ebrei del Novecento e ricostruisce le origini dell'antisemitismo cristiano e musulmano.
Arabi, ebrei e cristiani convissero invece in pace nel regno di Al-Andalus, fondato in Spagna dagli Omayyadi nell'VIII secolo, edificando una civiltà affascinante e vitale, descritta da Maria Rosa Menocal in "Principi, poeti e visir" (Il Saggiatore). Uno scenario evocato anche da Richard Fletcher, che in "Cristianesimo e Islam a confronto" (Corbaccio) ricorda come i sovrani spagnoli, quando nel 1492 presero possesso di Granada, celebrarono la vittoria indossando abiti moreschi: un particolare che dimostra come i frequenti scontri fra arabi e cristiani non abbiano mai impedito l'osmosi culturale tra i due mondi.
Un volto inedito dell'Islam è quello che ci mostra la raccolta "Ti amo di due amori". Le più belle poesie della tradizione araba, persiana, turca ed ebraica scelte e introdotte da Bernard Lewis (Donzelli), che ci parla di una storia di contaminazioni e sincretismi che hanno portato alla caleidoscopica realtà dell'Islam, perfettamente descritta, nel suo passato trionfale e nel suo travagliato presente, da Pier Giovanni Donini nel saggio "Il mondo islamico" (Laterza): un mondo dai numerosi volti, dogmatico o tollerante, colto o popolare, militante o anagrafico.
In esso oggi alligna e cresce rigoglioso il fondamentalismo. È vero che l'uso dogmatico dei dettami della fede, come ci dice il teologo tedesco Klaus Kienzler in "Fondamentalismi religiosi . Cristianesimo, Ebraismo, Islam" (Carocci), è una tentazione che accomuna le tre religioni figlie di Abramo, ma non c'è dubbio che questo virus oggi infetta in particolare quella maomettana. È la "Malattia dell'Islam" (Bollati Boringhieri) che il poeta tunisino Abdelwahab Meddeb denuncia nel suo omonimo saggio - che tante polemiche ha suscitato nell'ambiente musulmano, - e che si diffonde nel pianeta grazie alla fitta trama di connessioni e complicità tessuta da individui che si pongono al di fuori del bene e del male : non solo Osama Bin Laden, ma anche tutti quei "Nuovi sciacalli" (Bompiani) sulle cui tracce si è messo il giornalista inglese Simon Reeve per scrivere il suo libro-inchiesta sulle nuove leve del fondamentalismo islamico e del terrorismo.
E' un esercito segreto davvero terrorizzante quello che da due anni a questa parte ha improvvisamente rivelato la sua capacità di azione e la sua virulenza, non limitandosi più a compiere attentati sanguinosi in Paesi come l'Algeria o l'Egitto, ma colpendo ovunque e a freddo. L'Occidente, però, nel tentativo di difendersene deve evitare di perdere la testa e tradire i propri principi: è quanto esorta a fare il sociologo americano Michael Walzer nel libro "La libertà e i suoi nemici nell'età della guerra al terrorismo" (Laterza), che denuncia le violazioni dei diritti civili di cui l'America si è macchiata dopo l'11 settembre e nega che esistano guerre "giuste".
Forse c'è una sola "guerra giusta", sembrano dire molti pensatori: quella che ognuno di noi può combattere per favorire il più possibile il dialogo con i musulmani nelle nostre società sempre più multietniche. Passa dall'Europa, secondo Bassam Tibi, autore di "Euro-Islam" (Marsilio), la strada di un incontro fecondo tra l'Islam e la cultura liberale occidentale, che ha il compito di perseguire l'integrazione se non vuole che la nuova immigrazione produca ghetti d'insoddisfazione. Un pericolo in agguato anche per l'Italia, dove vivono almeno 800.000 musulmani e l'Islam è ormai la seconda religione.
Nel saggio "Islam italiano" (Einaudi) il sociologo Stefano Allievi ci conduce alla scoperta di questa parte poco conosciuta della nostra società, spaziando dai ricordi della dominazione araba della Sicilia agli odierni immigrati, con il loro desiderio di integrazione e le loro rivendicazioni della propria diversità.
Dialogare con questo "Islam della porta accanto" sarà più facile se riusciremo a costruire la "Società cosmopolita" (Mulino) invocata da Ulrich Beck nel suo ultimo saggio: in un mondo il cui ordine tradizionale è stato scardinato dalla globalizzazione e dalla diffusione del rischio come cifra dell'esistenza, solo una forma più consapevole di cosmopolitismo, avverte il sociologo tedesco, può portare a un nuovo assetto mondiale. E in questo processo l'Europa, con la sua sovranità transnazionale, può avere un ruolo fondamentale. Quell'Europa nella quale Cristianesimo e Islam si scrutano con attrazione e diffidenza da quattordici secoli.