Il Sole 24Ore Domenicale del 30.11.03
Medievalia
La predestinazione secondo Eriugena
di Maria Bettetini
Studiamo il DNA per prevedere e prevenire le malattie, ascoltiamo fiduciosi temerarie previsioni del tempo prima di intraprendere una gita in montagna, investiamo i risparmi dove gli esperti prevedono guadagni: come giustificare un Dio che sapendo ogni cosa non salva i malvagi dal male? Forse li vuole malvagi, li ha pre-visti e pertanto predestinati per la dannazione? Il nodo concettuale che lega prescienza e predestinazione ha trovato nella storia del pensiero differenti soluzioni e ha suscitato accesi dibattiti, tra i quali fondamentale, se pur quasi sconosciuto, è quello che ha visto opporsi Godescalco di Orbais e Giovanni Scoto Eriugena nel IX secolo dell'era cristiana.
Ma non è corretto parlare di opposizione tra i due, quanto piuttosto di una battaglia tra il predestinazionista Godescalco e l'ortodossia cattolica, nella persona tra gli altri di Rabano Mauro: Eriugena, maestro di arti liberali irlandese presso la corte di Carlo il Calvo, veniva interpellato per confutare la teoria della doppia predestinazione, che vuole buoni e cattivi già predestinati alla salvezza o alla dannazione. In linea con le letture dei padri greci, soprattutto dello pseudo Dionigi, il maestro palatino scavalcava però l'ortodossia in senso opposto, arrivando a negare sostanza al male, conoscenza di ciò che non ha sostanza a Dio, punizioni corporali ai malvagi, e portando così alla composizione di altre opere per confutare la sua.
Il De praedestinatione, scritto tra l'850 e l'851, finalmente in traduzione italiana a cura di Ernesto Mainoldi, è un trattato in forma di epistola, dove Eriugena impone il metodo dialettico nell'indagine teologica, riprendendo la tradizione dei Padri in polemica con la mera citazione delle auctoritates utilizzata dai suoi contemporanei. Allo stesso tempo i Padri stessi, e soprattutto Agostino, sono reinterpretati alla luce delle regole della grammatica e della retorica; infine, ai Padri latini vengono accostati gli orientali e il loro peculiare platonismo. L'introduzione di Mainoldi dedica correttamente molto spazio alle cosiddette "fonti nascoste" di Eriugena: Mario Vittorino, Boezio, Marziano Capella, ma anche Origene e i due padri greci che lo stesso Eriugena tradusse in latino, Gregorio di Nissa e lo pseudo Dionigi Areopagita.
Nessuno di questi è citato, per ovvi motivi di convenienza: l'Occidente aveva eletto a riferimento principale delle dispute teologiche Agostino d'Ippona (le cui parole occupano quasi un quinto del De praedestinatione), non sembrava conveniente accostargli nomi di autori pagani o controversi o ancora poco conosciuti, soprattutto a proposito di un argomento tanto caro al padre latino. D'altra parte proprio i testi agostiniani sul libero arbitrio erano all'origine della teoria della doppia predestinazione di Godescalco. Lo stesso Giovanni Scoto Eriugena fa sue le posizioni del primo Agostino, ma supera il problema della predestinazione con grande abilità dialettica, lavorando nell'esegesi sull'argomentazione e contrario: il male è il peccato con le sue conseguenze, la miseria e la morte; ma il male è, platonicamente, corruzione della vita felice, senza altra causa che il nulla, quindi non può essere conosciuto se non in quanto non conosciuto. Quindi Dio non prevede e non predestina alcun male, perché il nulla non può essere conosciuto o predestinato. Inoltre, se è vero che prescienza e predestinazione in Dio sono la stessa cosa (perché Dio è assoluta semplicità), è pur vero che queste si dicono di Dio solo impropriamente: per chi è fuori dal tempo non ha senso parlare di futuro. Quanto al futuro dei malvagi, nel fuoco eterno essi subiranno una pena solo interiore, data da un desiderio mai saziato di felicità, perché la loro natura in sé è buona.
Il mondo è visto da Giovanni Scoto Eriugena come una reggia, dove i buoni fin da ora godono della bellezza, i cattivi si puniscono da soli lasciandosi corrompere. Dio? Non può conoscere o decidere ciò che non è. Godescalco? La sua doppia predestinazione non è né vera né falsa, è "una favola". Eriugena? Verrà confutato da Prudenzio di Troyes e Floro di Lione, infine sconfessato e condannato da coloro che gli avevano chiesto aiuto e che non sapevano di contribuire alla stesura del primo trattato pubblico del platonicissimo e agostiniano eretico Giovanni Scoto Eriugena.
Giovanni Scoto Eriugena, De praedestinatione liber. Dialettica e teologia all'apogeo della rinascenza carolingia, edizione critica, traduzione e commento di Ernesto S. N. Mainoldi, Edizioni del Galluzzo, Firenze 2003, pagg. CLIV + 284, 42,00.
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