venerdì 12 dicembre 2003

laicità dello Stato: il caso francese

una segnalazione di Licia Pastore

Corriere della Sera 12.12.03
L’ANALISI
Le regole e un sentiero stretto
Per l’Eliseo e per il Parlamento la vera sfida è l’atteggiamento dei diretti interessati
di Francesco Margiotta Broglio


Dopo cinque mesi di intensa attività, la Commissione sulla laicità ha rimesso al presidente Chirac le sue conclusioni. Con un testo di alto profilo concettuale la Commissione propone una legge che vieti nelle scuole non universitarie l’abbigliamento e i simboli esibiti (croce grande, velo islamico, kippah ebraica) che manifestano appartenenza religiosa o politica, ma manda anche un segnale di riconoscimento delle diversità spirituali. Infatti suggerisce che vengano riconosciute, accanto a quelle cristiane, festività ebraiche e islamiche ed esclude dal divieto i simboli religiosi di misura ridotta che possono restare appesi al collo. Il tutto in un quadro legislativo più generale che regoli questioni importanti come la rilevanza delle credenze nei servizi e ospedali pubblici (impossibile rifiutare personale sanitario in base al sesso o alla fede), nelle carceri, in occasione dei riti funebri, nelle mense (prescrizioni alimentari rituali). Si ribadisce la neutralità del pubblico impiego, ma si tiene conto dei problemi religiosi nel mondo del lavoro, dell’importanza di un insegnamento dei fatti religiosi nelle scuole, dell’estensione a tutti i culti dell’assistenza spirituale nelle strutture obbliganti, dell’opportunità di creare una Scuola nazionale di studi islamici. Neppure i liberi pensatori sono dimenticati: accanto alle trasmissioni radiotelevisive gestite dalle religioni, vi sarà come già in Belgio, una emissione dedicata alla cultura di atei e agnostici. Un vasto disegno che permette alla Francia, a cent’anni dalla legge di separazione (9 dicembre 1905)(*) - essenzialmente riferita alla Chiesa di Roma - di prender atto che la laicità dello Stato - definita «pietra angolare del patto repubblicano» - dev’essere ridefinita e adattata al paesaggio religioso attuale, profondamente mutato rispetto a quello della Terza Repubblica. L’equilibrio tra principio di uguaglianza e diritto alla differenza sembrerebbe alla base di queste proposte, anche se, nel momento in cui si è messo mano alle questioni religiose sarebbe stato opportuno, nel quadro appunto di una legge generale, affrontare quei diritti collettivi di libertà religiosa o di comunità in quanto tali, che vengono oggi sempre più rivendicati in tutta l’Europa. Un segnale c’è stato con la costituzione del Consiglio del culto islamico, ma non sembra che la legge proposta possa riguardare anche quel «dialogo formalizzato» con le religioni che pure la futura Costituzione europea prevede espressamente.
I dubbi e le difficoltà tra i quali il presidente Chirac dovrà adottare le sue determinazioni non sono, comunque, pochi. Innanzitutto la situazione delle scuole private convenzionate (in gran parte confessionali): la relazione parla, è vero, di rispetto del «carattere specifico» di questi istituti, ma non sembra che essi siano esclusi dal divieto dei simboli. Si dovranno togliere il velo le suore che ancora lo indossano e si dovranno eliminare i crocifissi (grandi croci) nelle aule delle scuole cattoliche? E le foto sui documenti di identità dovranno ancora effigiare donne senza velo o copricapo? E cosa accadrà nei dipartimenti di Alsazia e Mosella dove vige ancora il sistema confessionale di Bonaparte per i culti riconosciuti (il presidente francese nomina, come il Primo Console, i vescovi di Metz e Strasburgo)?
Per Chirac e per il Parlamento (che si è pronunciato con la «missione» Debré in favore di una legge del genere) la vera sfida è l’atteggiamento dei diretti interessati. Con una lettera al Capo dello Stato (9 dicembre) le Chiese cristiane (cattolica, protestanti, ortodosse) hanno riaffermato la loro opposizione a una legge che vieti i simboli religiosi nelle scuole: le difficoltà non si risolvono legiferando, e il dibattito politico in corso induce a pensare che si sia tornati all’antica laicité de combat. Anche il presidente del Consiglio islamico, il Gran Rabbino di Francia e il presidente del Consiglio ebraico si sono pronunciati nello stesso senso. Il rischio che riprendano le tensioni tra la Francia religiosa e la Francia laica non è da sottovalutare. Portare in Parlamento una legge, integrabile e modificabile da parte delle forze politiche, potrebbe non solo mettere in crisi gli equilibri realmente raggiunti dalla Commissione presidenziale, ma aprire il vaso di Pandora della generale condizione giuridica dei culti in Francia che non riguarda, ovviamente, le sole (pur rilevanti) situazioni che la Commissione Stasi si è trovata a dover affrontare.

(*) si tratta della legge fondamentale che nel 1905 istituì le forme della laicità dello Stato francese. Chi desiderasse leggerne il testo (in francese) ed anche l'enciclica (in italiano) con la quale il papa di allora, "San" Pio X, reagì impotentemente ad essa, può richiedermi quei testi: li invierò volentieri per posta elettronica. Per scrivermi si può usare il link in alto a sinistra qui sopra, sotto gli Archivi

corriere.it
Francia, commissione boccia velo islamico e grandi crocifissi
«Vietato ostentare i simboli religiosi»
Nelle scuole francesi saranno ammessi solo come segni privati di fede e origine. La parola passa ora a Chirac


PARIGI - Nelle scuole pubbliche francesi saranno proibiti tutti i simboli religiosi o politici, se portati in modo manifesto, come segnale evidente di appartenenza e proselitismo, in contraddizione con principi di uguaglianza dell'insegnamento e pari opportunità nella società civile. Ma a nessuno potrà essere vietato di portare un crocifisso, una stella di David, la manina di Fatima o un «piccolo» Corano, come segni privati di fede e origine.
E' l'indicazione della Commissione sulla laicità che ieri ha concluso i propri lavori. No quindi a velo islamico, kippah ebraica, crocifisso, senza che la « laicità » divenga una nuova religione impositiva. Il concetto di segni ostensibles (che possono ingenerare imitazioni) sembra precisare disposizioni precedenti, che parlavano di segni ostentatoires (anche senza intenzioni propagandistiche).
La Commissione ha voluto indicare una direzione complessiva al governo francese, suggerendo ad esempio che Yom Kippur e Aid el- Kebir possano essere inserite nel calendario delle festività religiose, che in una certa misura vengano rispettate le tradizioni alimentari nelle mense pubbliche e l'appartenenza religiosa in carceri e cimiteri. E' prevista anche una figura religiosa musulmana nell'esercito.
La «neutralità» del servizio pubblico - ad esempio negli ospedali - dovrà essere garantita, ma verrà lasciata discrezionalità nei regolamenti dei luoghi di lavoro, per quanto riguarda l'abbigliamento. Un segnale di apertura quindi, non di proibizionismo. Una proposta di legge che riafferma le basi laiche della società francese, ma tiene conto che questa società è cambiata e che vi devono trovare posto e rispetto altre culture, religioni, identità.
Potrà sembrare un artificio verbale, un compromesso nel segno dell'ipocrisia o della prudenza, un' enunciazione di principi che non esclude eccezioni, ma il responso dei saggi francesi sulle laceranti questioni della laicità, dei simboli religiosi e della tolleranza è davvero lo specchio del possibile, l'unica strada per evitare rimedi peggiori della malattia. Ed è anche una reazione di buon senso, a tanto scandalismo e clamore.
Di fronte al fenomeno del velo islamico nelle scuole, forse troppo enfatizzato dai media, comunque sintomo di una problematica più complessa, che investe integrazione delle diverse comunità e loro conflittualità, la commissione ha suggerito un aggiornamento delle normative esistenti, cercando di fissare il confine fra regole dello Stato (nella scuola, nei servizi pubblici, sui luoghi di lavoro) e rispetto delle diversità spirituali.
La laicità - si sostiene - è un principio universale che appartiene alla storia della Francia, ma è anche strumento d'uguaglianza, d'integrazione, di tolleranza. Per questo si propone l'insegnamento del «fatto religioso» , delle lingue e delle culture d'origine. Per questo la diffusione di una «carta della laicità» sarà accompagnata da liberi spazi informativi alla televisione e creazione di una scuola di studi islamici.
Si afferma quindi una nuova cultura del quotidiano, che deve promuovere emancipazione femminile ed eguaglianza dei sessi senza l'assimilazione forzata ad usi e costumi occidentali. La commissione Stasi, dal nome del professor Bernard Stasi che ha presieduto il gran consulto sulla Francia di oggi, ha consegnato ieri il rapporto conclusivo al presidente Jacques Chirac, il quale ha adeguato i toni alla solennità del luogo (il Senato) e di un evento che investe storia, istituzioni e principi costituzionali della République.
«L'obiettivo - ha detto - è di garantire ad ognuno la propria libertà nel rispetto della regola comune, l'eguaglianza delle possibilità, qualsiasi siano origini, convinzioni religiose e sesso».
Il presidente, mercoledì prossimo, farà conoscere la propria posizione, che ispirerà l'azione legislativa del governo, ma c'è da scommettere che la legge accoglierà le indicazioni del rapporto, essendo in evidente sintonia con la visione del mondo e della diversità culturale così spesso affermata dall'Eliseo. Ci sono già riserve e polemiche, ma il rapporto della commissione, elaborato con il concorso più ampio di rappresentanze sociali e religiose, è stato approvato all' unanimità.