martedì 9 dicembre 2003

storie dell'uomo:
l'ideologia di Michel Foucault
negli anni del terrorismo e dell'anti-psichiatria

ma indovina qual'è l'ideologia di Repubblica nel riproporla oggi?

citato al Lunedì

Così negli anni Settanta
INEDITI/ "Le pouvoir psychiatrique"
di Michel Foucault, omosessuale e morto di AIDS nel 1984
Assai negativo il giudizio sulla psicoanalisi, a suo avviso fondata su una relazione di potere
Lo studioso guarda con interesse all'antipsichiatria di Basaglia, Laing e Cooper
Pubblicate in Francia le lezioni tenute nel '73 al Collège de France: una sorta di prosieguo della sua celebre opera "Storia della follia"
di FABIO GAMBARO


PARIGI Quando, nel 1970, Michel Foucault entrò al Collège de France, aveva solo quarantatré anni. Nelle aule della prestigiosa istituzione, dove sarebbe rimasto fino al 1984, l'anno della sua scomparsa, egli insegnava «Storia dei sistemi di pensiero» e le sue lezioni erano sempre seguite da un foltissimo pubblico attento e partecipe. All'epoca, infatti, egli era uno degli intellettuali di punta della cultura francese e opere come "Le parole e le cose" o "L'archeologia del sapere" avevano conosciuto un grandissimo successo anche al di fuori della cerchia ristretta degli addetti ai lavori. Nelle aule del Collège de France, dove il pubblico assisteva dal vivo all'elaborazione di un pensiero in divenire, il filosofo ritornò ad occuparsi delle tematiche da cui, nel corso degli anni Cinquanta, erano nati i suoi primi libri: "Malattia mentale e personalità" e, soprattutto, "Storia della follia nell'età classica", che ancora oggi è probabilmente la sua opera più famosa. In particolare, le lezioni che egli tenne tra il 1973 e il 1974, dedicate al «potere psichiatrico», volevano essere la continuazione ideale di quella sua fondamentale «archeologia della follia» che, dopo aver ricostruito il «contesto sociale, morale e immaginario» in cui il folle era stato progressivamente emarginato e bandito dalla società, si era però interrotta all'inizio del XIX secolo, proprio quando la pazzia viene medicalizzata e rinchiusa nei manicomi. Foucault ripartì da lì per far luce sulla nascita della moderna istituzione psichiatrica, una realtà di cui egli sottolinea la presenza diffusa di un potere che si esercita e si definisce attraverso il sapere specifico dei primi medici psichiatri.
Di quel corso fondamentale, delle ricerche dello studioso sullo sfondo dei primi anni Settanta segnati dal successo dell'antipsichiatria, si trova oggi un'eccezionale testimonianza nel volume "Le pouvoir psychiatrique" (Gallimard/Seuil, pagg. 396), che per la prima volta presenta la trascrizione di quelle lezioni, il cui programma è annunciato a chiare lettere fin dalle prime pagine: «Il problema che si pone», dice Fouacault, «è di fare l'analisi di quei rapporti di potere propri della pratica psichiatrica, in quanto essi sono produttori di un certo numero di enunciati che si danno come enunciati legittimi. Così piuttosto che parlare di violenza, preferirei parlare di microfisica del potere; piuttosto che parlare d'istituzione preferirei provare a vedere quali sono le tattiche messe in opera dalle forze che vi si affrontano; piuttosto che parlare di modello familiare o di "apparato di stato", vorrei provare a vedere la strategia dei rapporti e degli scontri che si svolgono all'interno della pratica psichiatrica».
Lo studioso, dunque, più che fare l'analisi dell'istituzione dall'esterno, preferisce indagare dall'interno le "scene" e i "rituali" dell'ospedale psichiatrico, le procedure giuridiche e le pratiche mediche, nel tentativo di far emergere i contorni e la sostanza di quella «pratica disciplinare» che a suo avviso darà luogo agli elementi costitutivi «su cui si costruiranno la teoria e l'istituzione psichiatrica».
A vent'anni di distanza, la parola di Foucault affascina ancora, apre prospettive interessanti e pone interrogativi che fanno molto discutere. Nelle lezioni oggi pubblicate egli s'interroga sulla natura del manicomio, considerato «un luogo di diagnosi e di classificazione», ma anche «uno spazio chiuso per uno scontro dove è questione di vittoria e sottomissione». Tra le sue mura, «la follia, volontà perturbata, passione pervertita, deve incontrarvi una volontà retta e delle passioni ortodosse». Il fine è quello del ritorno alla normalità. Di conseguenza, tutte le tecniche e le procedure utilizzate hanno «lo scopo di fare del personaggio medico il "signore della follia": colui che la fa apparire nella sua verità (quando essa è nascosta, sepolta e silenziosa) e colui che la domina, la calma e la riassorbe, dopo averla sapientemente scatenata». Ecco perché l'autore di Pouvoir psychiatrique considera il manicomio un'istituzione di potere, il cui funzionamento necessita assolutamente del «potere medico», il quale «trova le sue garanzie e le sue giustificazioni nei privilegi della conoscenza». Al suo interno, infatti, «la parola del medico acquista un potere più grande della parola di qualsiasi altro» e la legge dell'identità pesa sul malato che è obbligato di riconoscerla in tutto ciò che si dice di lui e in tutta l'anamnesi che si fa della sua vita».
Il potere psichiatrico, dice Foucault, «è una tattica di assoggettamento dei corpi all'interno di una certa fisica del potere, come potere d'intensificazione della realtà, come costituzione d'individui che al contempo ricevono e portano quella realtà». Non a caso, aggiunge, esso si ritrova «ovunque sia necessario far funzionare la realtà come un potere». Così, se si sono visti arrivare «gli psicologi a scuola, in fabbrica, nelle prigioni, nell'esercito», è solo perché essi sono intervenuti «quando queste istituzioni erano obbligate a far funzionare la realtà come un potere o a far valere come realtà il potere che si esercitava al loro interno». Va da sé che simili posizioni, soprattutto in una società come la nostra dove la presenza della psicologia è sempre più diffusa, alimenteranno innumerevoli discussioni dentro e fuori il mondo della psichiatria.
In ogni caso, indagando la nascita del moderno manicomio, Foucault sviluppa e approfondisce una riflessione più ampia sul «sapere-potere» e sulla «società disciplinare», riflessione da cui più tardi nascerà "Sorvegliare e punire", il suo celebre libro sulle prigioni. Non stupisce allora che, all'interno di tale prospettiva, egli si avvicini con interesse al discorso dell'antipsichiatria, di cui parla apertamente nella presentazione scritta del corso (sebbene poi nelle lezioni l'argomento non venga mai affrontato direttamente). Del lavoro di Basaglia, Laing, Cooper e Bernheim, egli sottolinea soprattutto «la lotta dentro e contro l'istituzione». E se la psichiatria classica è caratterizzata da «un rapporto di potere che dà luogo a una conoscenza, la quale di ritorno fonda i diritti di tale potere», l'antipsichiatria, rimettendo in discussione l'istituzione psichiatrica e, demedicalizzando la follia, mina alla base proprio la relazione di sottomissione che lega il paziente al medico e «rimette in discussione il potere del medico di decidere dello stato di salute mentale di un individuo».
Agli occhi di Foucault, la pratica dell'antipsichiatria appare così assai più radicale della psicanalisi, la quale in fin dei conti non farebbe altro che confermare la relazione di potere più volte denunciata. Esprimendo a chiare lettere un giudizio molto negativo sulla disciplina fondata da Freud, l'autore della "Volontà di sapere" e dell'"Uso dei piaceri" sostiene che, sottraendo il pazzo al manicomio, la psicanalisi si limita solo a ricreare uno nuovo spazio più in sintonia coi tempi e più consono alla riproduzione delle relazioni di potere. Affermazioni che naturalmente non piacciono ai molti psicanalisti francesi, i quali, pur riconoscendo l´importanza della "Storia della follia", oggi guardano con grande sospetto il suo autore.
Jacques Lagrange, che ha curato Le pouvoir psychiatrique, fa notare che il corso risente molto del clima teorico-politico dei primi anni Settanta, quando, sulla scorta dei movimenti antiautoritari nati dal '68, in Francia, come nel resto dell´Occidente, veniva rimessa in discussione ogni forma di potere. Ai quei movimenti il filosofo del Collège de France partecipò sempre più spesso, anche a costo di abbandonare alcuni dei suoi progetti di ricerca. Come appunto fu il caso del corso sul potere psichiatrico, con il quale egli «intendeva dare un seguito, su nuove basi, alla "Storia della follia"», un seguito che sarebbe dovuto arrivare fino ai giorni nostri. Il progetto però non si concretizzò mai, giacché in quella fase il filosofo preferì privilegiare le battaglie sul campo. Un motivo in più per apprezzare oggi la pubblicazione di queste lezioni, che Didier Eribon, autore di un'eccellente biografia di Foucault, sulle pagine del Nouvel Observateur, ha definito «d'importanza capitale».