giovedì 15 gennaio 2004

sul "Renzo e Lucia" di Francesca Archibugi, in tv

Corriere dela Sera 15.1.04
La più triste parodia manzoniana
di ALDO GRASSO


Fra le molte e differenti parodie dei Promessi sposiquesta è certo la meno riuscita: triste, esangue, pavida, perbenista, deturpata da psicologie e sociologie. Al confronto, quella del Quartetto Cetra («Al Paradise», 1985), con Albano e Romina nelle vesti di Renzo e Lucia, pare un capolavoro irraggiungibile, per capacità di rilettura e sapienza nel cogliere tutti gli effetti scenici sparsi a piene mani da Alessandro Manzoni nel suo celebre «bal pour le pauvres», e nell’indovinare le sublimi note di regia distribuite fra le righe del romanzo. Nel film Renzo e Lucia di Francesca Archibugi, scritto con Francesco Scardamaglia e Nicola Lusardi (Canale 5, martedì e mercoledì, ore 21.10) c’è invece tutta la modestia del cinema italiano nell’uscire dai canoni della commedia e affrontare la qualità rara e preziosa che regge il romanzo, l’umorismo. In un’aura intimista e pretenziosa, l’Archibugi non si accorge che il suo Don Rodrigo (Stefano Dionisi) è in cura da Paolo Crepet e che la sua Lucia (Michela Macalli) non si perde un intervento di Raffaele Morelli (altrimenti non direbbe battute come: «Quell’uomo mi fa pena», riferita a Don Rodrigo da cui è irresistibilmente attratta) e che al suo Renzo manca solo la divisa della Protezione Civile. Lasciamo perdere la questione della lingua (o tutti parlano l’italiano convenzionale del doppiaggio o è ridicolo mescolare tante inflessioni regionali), ma ridurre tutta la storia a una questione di «te la do, non te la do» (questa l’unica ossessione di «Lucia è partita» nei confronti di Don Rodrigo), di lavoro minorile, di «ragiunat» brianzoli trasformati in signorotti dell’epoca è abbastanza avvilente. Fino all’ultimo abbiamo invano atteso una lacrima sul Griso, come segno di pentimento.