una segnalazione di Filippo Trojano
Il Messaggero 13.2.04
Il vampiro, cattivo primitivo all’origine di mille riconoscibili metamorfosi
di GOFFREDO FOFI
BRAM Stoker, uomo di teatro e scrittore, dette alle stampe Dracula nel 1896, dieci anni dopo Lo strano caso del dottor Jekyll e di mister Hyde di Stevenson (e nove anni dopo la prima apparizione di Sherlock Holmes in un romanzo di Arthur Conan Doyle). Figura fondamentale della cultura di massa, potenziata dal cinema (in America negli anni Trenta, in Inghilterra negli anni Cinquanta e Sessanta, e poi in molti travestimenti e variazioni in più paesi) e ben nota ai palcoscenici di fine Ottocento e primo Novecento, ha avuto molti rivali, da Frankenstein (1818) al Golem (1915) ma li ha sgominati, rifiutandone la dimensione “tecnica” di prodotti dell’uomo e accentuandone, anche rispetto a Jekyll, quella etnografica e mitica.
Dracula non è un figlio della società, che sfugge al suo controllo, bensì un cattivo primitivo di mille riconoscibili metamorfosi; più che un demone lui è il morto che non muore, e che per vivere la sua non-vita deve succhiare il sangue dei vivi, facendone come lui dei “nosferatu”, dei non-morti.
Denso di richiami biblici «il sangue è la vita» dicono le Scritture la sua minaccia è presente in più modi, in più società quando, per esempio, si coprono (o si coprivano) gli specchi avendo un morto in casa affinché il cadavere non vi venisse riflesso e in quell’istante l’anima non uscisse dal suo corpo per vagare senza riposo sulla terra, o si chiudevano nella stalla certi animali domestici, soprattutto i gatti, per paura che saltando sopra il morto l’anima non ne approfittasse per entrare nel corpo della bestia. Ma la grande intuizione di Bram Stoker fu quella di trasferire queste superstizioni nella città, e precisamente nella stessa grande Londra dei romanzi di Dickens, e di rinnovare i fasti del romanzo gotico (Il castello di Otranto di Horace Walpole era del 1764) che aveva dominato la scena della letteratura popolare per un secolo, e che attraverso Conan Doyle in Inghilterra e con Edgar Allan Poe in America aveva influito sul nascente genere moderno per eccellenza, il “giallo” ovvero l’inchiesta, poliziesca o privata attorno a un crimine.
L’altra grande intuizione di Stoker fu quella di inserire in un contesto tipicamente vittoriano e dunque sessualmente ipocrita o represso un personaggio così anomalo come il Conte Dracula, i cui grandi poteri gli permettono di insidiare maschi e femmine (preferibilmente le femmine) e, come egli si esprime, di “farli suoi”, e che è però sottoposto a una sorta di legge dell’ospitalità, per cui può entrare in una casa solo se vi è invitato, e di conseguenza accanirsi sul corpo di una persona solo se essa è in qualche modo consenziente.
Nel romanzo, compare il fonografo, una novità, vi si fanno trasfusioni di sangue in continuazione, altra novità, e vi si parla degli esperimenti sull’ipnotismo fatti da Charcot in Francia, lo scienziato che fu maestro di Freud.
In modo ancora non esplicito vi si interpretano in modo fantastico fenomeni ben concreti, tentazioni e paure che di lì a poco verranno interpretate secondo i moderni canoni della psicanalisi. Romanzo moderno per eccellenza, dietro i tendaggi spessi dell’Ottocento almeno quanto il celebre racconto di Stevenson, Dracula, deve il suo successo a questo incontro e a questa mescolanza di molto antico e di molto nuovo, costruito per tasselli secondo le regole del puzzle, fatto di voci, diari e documenti di più personaggi, ha certo le sue ingenuità e le sue convenzioni, ma nella sostanza, se è capace di incatenare il lettore ancora oggi, e se è riuscito a creare una figura così possente e ritornante come Dracula, è perché sfiora con grande intelligenza temi delicati e di grande risonanza.
La paura della non-morte è tipica di quasi tutte le culture arcaiche e questo ha permesso ai maniaci di trovare cento eredi di Dracula in miti e leggende, e “premonizioni” in opere letterarie disparate e il desiderio insoddisfatto è tipico delle culture più repressive, e provoca sogni e fantasie. Ma si sbaglierebbe a pensare che tutto questo abbia come ambito privilegiato un’epoca precisa come il tardo Ottocento. Dracula va oltre ogni modernità, e anzi recupera una sorta di folklore ottocentesco, mentre Frankestein è morto figliando un popolo di robot, trasferendo nella fantascienza la paura e il fascino del superamento di certe norme da parte dell’uomo scienziato. Dracula non ritorna soltanto negli anni delle grandi insicurezze, come era abituale ritenere, per esempio, da parte di molti sociologi della cultura della massa e anzitutto del cinema, ma ritorna anche in anni affluenti e generosi. Dracula è una costante, è qualcosa che va oltre i limiti della storia; è folklore antico ma anche presenza nell'inquietudine e della paura in ogni società, per il semplice fatto dell’umana imperfezione e delle paure e ossessioni che ne derivano. (E non va dimenticato che in anni di grandi lotte sociali, proprio nell’Ottocento del primo movimento operaio e del “quinto stato”, la figura del Vampiro fu identificata con quella del Capitalista, dell’industriale sfruttatore, dell’affamatore del popolo).
Oggi Dracula è bene insediato nell’immaginario collettivo grazie soprattutto al cinema, ma più che nei tratti di Bela Lugosi, l’attore che lo incarnò negli anni Venti e Trenta e morì pazzo credendosene una reincarnazione, essa è ancora presente per quelli di Christopher Lee, l’interprete della serie inglese Hammer diretta abitualmente da Terence Fisher, nella quale il suo antagonista Van Relaing aveva quelli non meno forti di Peter Cushing. E del Dracula di Stoker si sono avute varianti d’eccezione, come quella sublime di Dreyer o quelle cupissime di Murnau o Herzog e quella ardita di Francis Ford Coppola, e parodie sfrenate che ne mettevano in luce i più riposti significati, come quella brillantissima di Roman Polanski.
Francesco Fantasia:
NON avesse avuto l'idea di scavare nelle superstizioni annidate nei Carpazi, con tutta probabilità il suo nome non verrebbe nemmeno ricordato nelle antologie letterarie. I capricci del caso o gli imperativi del destino hanno invece deciso diversamente: ed oggi Bram Stoker (1847-1912), irlandese di Dublino, resta consegnato alla storia come il creatore del più celebre Non-Morto della letteratura e della filmografia dell'ultimo secolo. E sì che neppure lui, Stoker, aveva immaginato di guadagnare soldi e fama canonizzando la figura del Vampiro. E prima di pubblicare Dracula, imbocca ogni strada pur di agguantare la palma del successo: messi da parte gli studi matematici si dedica alla carriera nello Stato. Ma presto si pente e passa al giornalismo, indossando i panni di severo censore teatrale del Mail. Le frequentazioni teatrali gli aprono intanto le porte del bel mondo. E Stoker cambia di nuovo pelle ed attività: diventa il manager del famoso attore vittoriano Henry Irving. A quasi 40 anni altra svolta. Bram decide di impugnare la penna. E finalmente nel 1897 raggiunge con Dracula il successo inseguito per una vita: un romanzo-capolavoro che narra di paure antiche e di desideri sempre attuali, mostrandoci quella lotta incessante tra Bene e Male che si svolge quotidianamente anche dentro di noi.
«SEGNALAZIONI» è il titolo della testata indipendente di Fulvio Iannaco che - registrata già nel 2001 - ha ormai compiuto il diciottesimo anno della propria continua ricerca e resistenza.
Dal 2007 - poi - alla sua caratteristica originaria di libera espressione del proprio ideatore, «Segnalazioni» ha unito la propria adesione alla «Associazione Amore e Psiche» - della quale fu fra i primissimi fondatori - nella prospettiva storica della realizzazione della «Fondazione Massimo Fagioli»