giovedì 5 febbraio 2004

i nomi dei bambini

una segnalazione di Rosanna Gorini

Corriere della Sera 5.2.04
Italians
I nomi dei bambini e le follie degli adulti
di BEPPE SEVERGNINI


Un bambino battezzato come un programma per computer. Come forse avete letto sul Corriere di ieri, è accaduto nel Michigan: il signor Jon Blake Cusack ha chiamato il primogenito «Jon Blake Cusack 2.0». Interessante. Un tempo i prodotti si chiamavano come le persone: Ava (detersivo), Giulietta (auto), Enrico C. (nave), Tre Marie (panettone). Oggi le persone si chiamano come i prodotti. Il prossimo passo sarà la sponsorizzazione a vita. Qualcuno chiederà alla Fiat: se chiamo mio figlio Stilo, cosa mi date? Perché l’innocente 2.0 è stato marchiato così? Perché il padre ha il pallino dell’informatica, come molti americani. E i nomi dei bambini riflettono sempre le aspirazioni dei genitori (anche perché i piccoli, che sono i diretti interessati, non possono essere consultati). Quindi studiamo i neonati: impareremo qualcosa sui genitori.
Restiamo agli Stati Uniti. Se trecento piccole americane si chiamano Armani - non è uno scherzo: è vero - cosa possiamo pensare? Che i genitori sognassero un mondo elegante che probabilmente non avevano mai conosciuto. Se due bambini, uno in Michigan e l’altro in Texas, si chiamano ESPN come il canale televisivo sportivo, cosa dobbiamo concludere? Che ai genitori piaceva lo sport (oppure piaceva a uno, e l’altro non ha saputo opporsi).
Certo, alcuni nomi vengono scelti solo perché suonano bene, o per mancanza di fantasia. I genitori dei sei piccoli americani che si chiamano Courvoisier probabilmente hanno ragionato davanti a un cognac (e al momento della decisione la bottiglia era vuota). Le famiglie delle ventidue Infiniti e dei cinquantacinque Chevy forse si sono ispirati in garage, e quelle dei sette Denim hanno trovato il nome nell’armadio. Ma i papà e le mamme dei quarantanove Canon, cos’avevano per la testa? Pensavano che con un nome del genere i figli sarebbero venuti meglio nelle foto? Cleveland Evans, un professore di psicologia presso la Bellevue University in Nebraska, ha studiato i nomi degli americani per 25 anni, e sostiene che anche quest’ultima moda - il nome di largo consumo - ha una spiegazione antica: alcuni genitori vogliono che i figli si distinguano. Be’, se li chiamano L’Oreal o Timberland, accade di sicuro.
E in Italia? Se lo scopo fosse quello di farsi notare, basterebbe il calendario (in febbraio: Verdiana, Apollonia, Scolastica, Eulalia, Eleuterio, Policarpo, Eliberto, Claudiano, Bisanzio). Oppure la televisione (l’antico Suellen, il nuovo Fedro). O il calcio (Alex!). O il cinema. Mi hanno raccontato di un bambino che si chiama Matt (come Dillon): nome impeccabile per definire la salute mentale dei genitori.
Invece, da sempre, esistono altri moventi. L’operaio romagnolo di nome Sciopero che per i suoi tre figli ha scelto Scintilla, Ordigno e Avanti voleva scrivere una dichiarazione politica, e ha approfittato dell’anagrafe. Leggo, nel sito della provincia di Rimini (www.newsrimini.it), che un sammarinese, appassionato di scienza, ha battezzato il primogenito Atomo, mentre un idraulico di cognome Fontana per i due figli ha scelto Vascadella e Zampillodi. Se voleva inserire i figli in azienda, c’erano modi meno cruenti.
Ma non occorre arrivare all’eccentricità. Anche chi chiama il figlio come un nonno o uno zio - la maggioranza degli italiani, credo - manifesta un’aspirazione: continuare la tradizione di famiglia. Così si spiegano parecchi Manfredi, diverse Ginevra, alcuni Galeazzo. Ma non tutti. La scelta di certi nomi è diventata un tentativo di scalata sociale. Maldestro: perché non si capisce bene cosa ci sia da scalare; perché la via è troppo battuta; e perché non viene interpellato lo scalatore (la vita è già abbastanza complicata senza chiamarsi Alviero).
Attenzione, quindi, italici genitori. I nomi di battesimo sono come i biglietti da visita, le partecipazioni di matrimonio e i capelli degli uomini: evitare di fare gli spiritosi. Meglio andar sul classico e sull’essenziale (un nome basta e avanza: eviterete discussioni con uffici pubblici e notai). Ogni sovrabbondanza, stranezza e florilegio rivela qualcosa di voi. E spesso non è quello che volete raccontare.

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