giovedì 5 febbraio 2004

le corti del barocco

una segnalazione di Filippo Trojano

per informazioni complete sulla mostra collegarsi al seguente indirizzo:
www.scuderiequirinale.it/Mostre


Il Messaggero 5.2.04
Grandi mostre
Velázquez, Bernini, Luca Giordano e la magnificenza seicentesca di Parigi, Madrid e Roma in esposizione alle Scuderie del Quirinale
L’inchino delle Corti
di FABIO ISMAN


CHE incredibile periodo, quella seconda metà del Seicento, tutta una Corte e tutta un Barocco. Nella Roma dei papi, si succedono Innocenzo X Pamphilij e Alessandro VII Chigi; gli Asburgo di Madrid e Vienna sono Filippo IV e Carlo II, e Leopoldo I; a Parigi e a Versailles è Luigi XIV, “re Sole”. Le Corti (si sa) hanno bisogno di aedi, cioè artisti; così, immensi maestri si rincorrevano: da Diego Rodriguez de Silva y Velázquez (1599-1660), definito «Apelle del nostro secolo», o (da Edouard Manet) «il pittore dei pittori», a Luca Giordano (1634-1705), detto “Luca fapresto” per le forse mille realizzate in 71 anni, pur con un’infinita bottega d’assistenti (di 28 se ne conosce il nome); a Gian Lorenzo Bernini (1598-1680), quello di piazza Navona (la fontana dei Fiumi), San Pietro (colonnato, baldacchino), e mille altri luoghi. Bernini, a 67 anni, compie il primo viaggio all’estero, invitato da Re Sole che vuole essere da lui immortalato; nel tragitto, «le città si spopolavano, per desiderio di veder co’ propri occhi quell’huomo che tanto grande havevano» ; alle porte di Parigi, l’attendono il primo ministro e un reale “tiro a sei”, e in città un intero palazzo e un sontuoso vitalizio; Richelieu gli paga un ritratto sfilandosi «un anello con 33 diamanti, di cui sette di ragguardevoli dimensioni». Bernini aveva rifornito un po’ tutte le Corti: per un ritratto, Francesco I d’Este gli fa recapitare l’assolutamente inaudita somma di tremila scudi; il ricchissimo cavaliere inglese Baker, attraversa mezz’Europa; quando l’erma di Carlo I d’Inghilterra parte per Londra, è trattata come un affare di Stato: scortata da guardie speciali che, ad ogni tappa, fanno rapporto.
Ecco: a queste Corti, e a questi (ed altri) autori, è dedicata una mostra delle Scuderie del Quirinale (Velázquez, Bernini, Luca Giordano: le Corti del Barocco), dal 13 febbraio al 2 maggio; una rassegna forte di 170 opere da 77 collezioni e musei del mondo, concepita in Spagna, ma espressamente integrata per la tappa romana, soprattutto per quanto riguarda Bernini. I capolavori non mancano: dai ritratti di Marianna d’Austria, Filippo IV, l’ Infanta Margherita in abito rosa (Velázquez) alle grandi tele di Giordano per l’Alcazar di Madrid (dopo che Filippo IV vi aveva collocato lo Spasimo di Sicilia di Raffaello, fatto acquistare a Palermo e uno dei dipinti più apprezzati in tutto il continente, Carlo II fa decorare la cappella all’artista napoletano). Ma, soprattutto, opere di Bernini mai viste, o quasi ignote, o perfino riscoperte da poco: gli studi e i modellini per la fontana dei Fiumi, ma anche i suoi passi d’addio. Quando, ormai ottantenne, si vota al Cristo della Passione: due terrecotte del Christo ligato ; una grande tela di quello patiens ; il crocifisso in bronzo d’un metro e mezzo per l’Escorial, quando è inaugurato; e, soprattutto, quella che forse è la sua ultima opera, il Busto del Salvatore , marmo d’un metro per un metro, trovato in un angusto androne del convento di San Sebastiano fuori le mura, ed ora, estrema attribuzione di Maurizio Fagiolo.
Tanti capolavori per raccontare tante Corti: tutte ispirate agli stessi principi (rappresentare il potere, i linguaggi dell’allegoria, le arti integrate, i ritratti, enuncia il curatore Fernando Checa), eppure tutte diverse tra loro. Bernini non s’integrerà con il gran goût francese; ma gli abiti del seguito du roi , erano assai più colorati degli spagnoli, nota un nobile di Filippo IV, e così via. Claudio Strinati, curatore della nuova parte italiana, elenca: «La magniloquenza degli apparati effimeri, la maestà delle architetture, l’eccellenza tecnica degli affreschi, il languore esasperato delle statue, la manifestazione di ricchezza degli arredi». E gli artisti viaggiano di Corte in Corte: fondamentali per Velázquez due soggiorni romani; Luca Giordano va a Madrid; padre Andrea Pozzo (quello del trompe-l’oeil nella cupola di Sant’Ignazio), a Vienna. Per il re, principe, o nobile, l’importante era comunque far sfoggio, apparire, comunicare il proprio potere nonché la ricchezza; «la Corte di Roma è la madre universale», scrive a Madrid il Duca di Terranova. Parigi è quella di Colbert, dei giardini di Le Nôtre, di Le Brun; ma il centro di tutti i dibattiti culturali, è sempre, e da sempre, l’Urbe.
Incredibile che l’ultimo incarico per l’immenso autore de Las meninas (in italiano sarebbero le damigelle d’onore, ma in realtà è la Famiglia di Filippo IV ; e già Luca Giordano la definiva «teologia della pittura»), sia d’approntare, sull’Isola dei Gabbiani, alla foce del fiume Bidasoa vicino a Fuentrerrabia, la Barraca , o tenda, per l’incontro tra i re di Spagna e Francia: due effimeri palazzi tappezzati da arazzi; «il Vescovo di Pamplona porti i migliori ornamenti e argenti che ha», ordina un ambasciatore, mentre, maggio 1660, Velázquez compie gli ultimi sopralluoghi. Erano tempi di ingressi trionfali, cortei, funerali in grande stile; e il palcoscenico principale della Corte era il suo stesso palazzo. L’arte romana crea la quintessenza del linguaggio barocco, il prototipo delle macchine per le feste. Tutto nel nome di Bernini. Tra oh di meraviglia, cade il velario della Fontana dei Fiumi: «Cavalier Bernini, con questa piacevolezza ci avete accresciuto dieci anni di vita», dice Papa Innocenzo. Ma non sempre i Pontefici sono infallibili: dopo soli quattro anni, il Papa muore. E il suo autore era tanto intoccabile da ritrarre, nel volto truce della vicina Fontana del Moro, un cardinale che non gli era simpatico.