martedì 24 febbraio 2004

le donne e gli artisti

Gazzetta di Parma 24.2.04
In «Prestami il volto» di Valeria Palumbo gli amori di Modigliani, Mahler e altri grandi
Donne artisti destino
di Isabella Bonati


Certe fiamme incontrandosi non possono che ardere. Due anime affini divorano un fuoco che svela infinito. E se sono due anime grandi si ha un'alchimia inestinguibile. «Prestami il volto» di Valeria Palumbo (Selene Edizioni) ritrae i burrascosi rapporti tra gli artisti e le loro ispiratrici. Dieci storie di donne, nove storie di uomini (Rosa Bonheur ebbe una donna per compagna), dieci volte Assoluto, dove l'arte si confonde con l'amore e l'amore si fa arte. E l'arte e l'amore sono vita e diventano destino.
Elizabeth Siddal e Dante Gabriel Rossetti, Eva Gonzalès ed Edouard Manet, Gabriele Munter e Vasilij Kandinsky, ma anche la bellissima Alma Mahler, moglie del compositore Gustav Mahler, e Oskar Kokoschka, e Beatrice Hastings, eccessiva, anticonformista, e il livornese Amedeo Modigliani, sono alcune di queste coppie celebri, sodalizi d'anima. E loro, donne dannate, estreme, oltre la norma, inquiete, inarrestabili, artiste muse amanti degli artisti, appartennero a qualcuno, spesso a tanti, a nessuno per davvero, loro, padrone di se stesse. «Le dieci donne che appaiono nei dieci ritratti presentati - afferma l'autrice - non sono state soltanto muse o modelle. E non si sono limitate a prestare le loro fattezze ai loro celebri amanti per poi, al massimo, scaldarne il cuore e il letto. Sono state tutte ottime compagne (ottimo non ha nulla a che vedere con la qualità dei rapporti, quasi sempre tempestosi), prima di tutto perché sono state donne di grande personalità». Spiriti in grado di volare, loro e i loro amanti. Loro, evocatrici dell'arte ed arte creata. L'arte in potenza nelle menti degli artefici, resa atto sulla tela, sublimata in una immagine di donna. Eppure i loro volti hanno fluttuato nell'immortalità e non le loro anime, il loro essere la donna di qualcuno e non semplicemente donna. E non essenzialmente essere. Salvate da un ritratto, da uno sguardo, per il resto nell'oblio. Mai comprese, spesso emarginate, confinate perché donne nel silenzio: «Si può senz'altro pensare che averle scelte come compagne, rivela una notevole sensibilità da parte dei partners. La verità è che quasi tutti si sono dimostrati incapaci di accettare il loro talento e la loro autonomia».
Valeria Palumbo, giornalista e appassionata d'arte, musica e teatro, dopo aver lavorato nella redazione di Capital, è attuale caporedattore attualità del mensile Amica.
Il suo libro restituisce spessore artistico e dignità umana a donne che, vittime del giudizio di ogni tempo, a questo tempo han consegnato l'anima e un ritratto e sono state lacerate dalla pena di non essere comuni. Pena inespiabile. Donne che han pagato il prezzo di se stesse con l'infelicità e talvolta con la vita.
«Sono state, anche a prescindere dalla loro influenza sui loro celebri compagni, personalità da scoprire. Tutte, indistintamente, hanno pagato un prezzo altissimo per essere uscite dagli schemi, per non essere state solo muse». Per essere state delle donne, delle donne eccezionali. «Che noia essere limitati nei gesti quando si è donna!» ha scritto l'indipendente ed esplosiva Rosa Bonheur esaltando «la grande e fiera ambizione per il sesso di cui mi faccio gloria di appartenere e di cui sosterrò l'indipendenza fino all'ultimo giorno. Del resto sono convinta che a noi appartenga l'avvenire». Parole audaci e sovversive? Forse precoci per i tempi. Eppure cosa è cambiato troppo se allora e ancora adesso il genio femminile è una condanna e l'arte di una donna è una follia?