EMILY DICKINSON ENTOMOLOGA DEL VERSO
di FRANCO MARCOALDI
Ludwig Wittgenstein sosteneva che per comprendere le vicende del mondo bisogna guardare le cose o da molto vicino o da molto lontano. Ed esattamente questo fece Emily Dickinson (1830 -1886) nella sua camera della casa di Amherst (Massachusetts): al medesimo tempo un microscopio e un telescopio, secondo quanto scrive Barbara Lanati nella prefazione a Sillabe di seta (Feltrinelli, 8 euro, pagine 219), sua nuova e ulteriore scelta tratta dall´opera della grande poetessa americana.
La Lanati rifugge dalla facile idea della casa-prigione e pensa invece alla Dickinson come a un´entomologa del verso, come a un´astronoma dello slittamento semantico. Sedeva silenziosa al suo tavolo da lavoro e lì, giorno dopo giorno, sera dopo sera, si abbandonava alla sua infinita danza d´amore con le parole. Quelle altrui (dalla Bibbia alle cronache di giornale, da Shakespeare ai libri di viaggio) e quelle proprie: migliaia di versi che solo dopo la morte avrebbero visto la luce.
Già, le parole: un tempo, scrive Emily a un amico ricordando gli anni dell´adolescenza, ritenevamo che fossero «cosucce da poco, senza energia. Ora non conosco nulla al mondo che abbia tanto potere. Ne esistono alcune di fronte alle quali mi inchino, stanno lì come un principe tra i Lord. A volte ne scrivo una, e la guardo, ne fisso la forma, i contorni, fino a quando comincia a splendere e non c´è zaffiro al mondo che ne possa uguagliare la luce».
La Dickinson vive immersa in questo universo linguistico, fantasioso e totalizzante, dal quale distilla - con infinita sapienza - una poesia capace di combinare tra loro le più diverse tonalità: perentoria e smarrita, allucinata e spoglia. Mai, comunque, «romantica», come ha voluto invece un certo cliché contro cui si schiera apertamente la Lanati, che ancora una volta - con questo Sillabe di seta - mostra il grado di assoluta intimità che nel corso del tempo è riuscita a stabilire con Emily. La quale, oltre a tutto il resto, ci comunica nel suo specialissimo modo che cosa significhi riportare alla luce gli «zaffiri» delle parole per montarli, poi, in poesia.
«Ecco chi fu un poeta -
chi distilla la sorpresa di un senso
da significati ordinari -
ed estrae essenza infinita
da specie familiari
che si estinsero alla nostra porta»