domenica 28 marzo 2004

il Rigoletto di Marco Bellocchio da stasera a Ravenna

Repubblica, ed. di Bologna 28.3.04
L´OPERA
Il melodramma in scena stasera all'Alighieri di Ravenna
Bellocchio regista lirico debutta con Verdi nella Padania anni '50
di FRANCESCA PARISINI


RAVENNA - Anche Marco Bellocchio, come molti colleghi, ha compiuto il grande passo, passando dalla regia cinematografica a quella dell´opera lirica. Lo ha fatto con un classico dei classici della sua terra, il «Rigoletto» di Verdi che, dopo aver debuttato nei giorni scorsi a Piacenza, arriva oggi pomeriggio al Teatro Alighieri di Ravenna (ore 15.30, replica il 30 marzo ed il 3 aprile).
«L´opera - afferma il regista che nel '65 esordì con «I pugni in tasca» - è perfetta, semplice ed allo stesso tempo breve, e questo può servire ad attrarre un pubblico anche estraneo al mondo della lirica». Per lui, inoltre, rappresenta un ritorno a casa, non solo per il debutto nella sua città natale, Piacenza appunto, ma anche per il fatto che qui è trasposta la storia racconta dal libretto di Piave il quale a sua volta prese spunto dal dramma di Hugo «Le roi s´amuse». Se Mantova diventa la città emiliana, anche i tempi cambiano balzando in avanti sino agli anni '50, quando la pianura padana era divisa da contrasti socio-politici intensi, tra censo e desideri, tra privilegi ed esclusione. Rigoletto (ovvero Alberto Gazle), il Duca di Mantova (Giuseppe Filianoti), Gilda (Gladys Rossi), Maddalena (Rossana Rinaldi) e Sparafucile (Riccardo Zanellato) si presentano sulla scena all´interno di un grande albergo in stile fascista, mentre impazza una festa di carnevale, tra giovani arroganti della borghesia e del mondo agrario, all´interno dell´universo che in buona parte riemerge dai ricordi di bambino del regista, nato da un padre che aveva aderito, sebbene in modo molto riservato, al fascismo, da una madre molto religiosa e cresciuto in una scuola di padri barnabiti. «Forse è stato per questo che da ragazzo, anche se per pochi mesi, sono stato iscritto all´Unione dei marxisti leninisti», scherza Bellocchio.
Più o meno dimenticato il dispiacere di quel Leone d´oro mancato a Venezia per il suo «Buongiorno notte» (che ora sta avendo molto successo in Francia e che presto sbarcherà anche negli Usa [sic!), Bellocchio arriva quindi al teatro d´opera dove - dice - «all´inizio mi è stato molto difficile mettermi nei panni dello spettatore per decidere a che distanza creare la scena, visto che qui mancano i primi piani».
La produzione di questo Rigoletto è stata fortemente voluta dalla Fondazione Arturo Toscani guidata da Gianni Baratta, che a partire dal centenario dalla morte di Verdi, caduto nel 2001, molto ha lavorato per avvicinare un nuovo pubblico al mondo dell´opera. Da qui, per esempio, l´operazione del «Ballo in maschera», con la regia di Pizzi, allestito in febbraio alla Fiera di Piacenza con un palcoscenico di 500 metri in mezzo a quattro tribune e quattro megaschermi.
A dire il vero, al suo esordio piacentino l´opera - che vede anche l´impegno di Gunter Neuhold alla direzione dell´Orchestra della Fondazione Toscanini - ha trovato non solo consensi ma anche qualche critica. Il critico Angelo Foletto, proprio sulle pagine nazionali di Repubblica, ha scritto: «la mano di Bellocchio che sembrava marcata nei minuti iniziali della festa s´è a poco a poco sperduta in gestualità sussidiarie rispetto al nerbo tragico e realistico dell´opera». Altri invece hanno visto in questa versione del capolavoro verdiano «un religioso rispetto per la tradizione culturale, una suggestione di lettura non peregrina». Molto apprezzate le luci di Pasquale Mari che in una scena sono capaci persino di far muovere le barche sulla riva del fiume. Le scene sono invece di Marco Dentici. Info tel.0544.249244.