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NEI TOPI RESI APATICI C'E' IL SEGRETO DELLA SCHIZOFRENIA
ROMA - Sono diventati apatici e indifferenti, non difendono il loro territorio, non preparano il nido ne' curano i piccoli, ma promettono di aprire la strada ad una rivoluzione nella cura della schizofrenia: sono i topi geneticamente modificati e trasformati nel modello ideale per scoprire le cause di questa malattia. Su di essi sembrano avere effetti molto positivi molecole finora note per i loro effetti anticancro.
I ricercatori francesi del laboratorio di Biologia del Commissariato per l'energia atomica (CEA) di Grenoble, diretto da Didier Job, contano di essere presto in grado di poter trasferire nell'uomo quanto stanno sperimentando nei topi resi apatici: grazie a topi come questi potranno essere individuate nuove classi di farmaci in grado di combattere in modo efficace la schizofrenia. Sarebbe una vera e propria rivoluzione, dopo la scoperta dei farmaci neurolettici, avvenuta negli anni '50. Ancora oggi questi farmaci sono la migliore arma disponibile contro questa malattia psichiatrica, che colpisce l'1% della popolazione.
I topi che potrebbero lasciare un segno nella storia della psichiatria sono in apparenza identici ai loro simili curiosi e vivaci, ma nel loro patrimonio genetico e' stato spento il gene addetto alla produzione di una proteina chiamata ''Stop'', una sorta di interruttore molecolare della curiosita'.
Per avere un'idea dell'importanza di questa proteina, e' sufficiente osservare il comportamento di un topo normale: un maschio abituato a vivere da solo in una gabbia non esitera' nemmeno un istante ad aggredire senza risparmio di colpi un altro maschio introdotto nella stessa gabbia. Un comportamento certamente poco ospitale, ma perfettamente coerente con il codice sociale dei topi, che non ammette in alcun modo che un maschio lasci impunemente penetrare un estraneo nel suo territorio.
Ma se un topo privato del gene che controlla la produzione della proteina Stop viene sottoposto allo stesso test, lascia che l'intruso invada il suo territorio senza mostrare alcuna reazione. La biologa collaboratrice di Didier Job, Annie Andrieux, che studia i topi apatici da quasi dieci anni, li descrive come topi ansiosi, che cambiano spesso attivita' e che, rispetto ai loro simili sani, dormono meno e si muovono di piu'. Ma nonostante questa apparente attivita', sono sostanzialmente apatici e indifferenti. Le femmine in attesa dei cuccioli, per esempio, non si danno da fare a preparare il nido e continuano a ignorare la prole anche dopo la nascita dei piccoli, al punto da non curarli e fino a lasciarli morire. Nulla riesce a scuoterli dalla loro indifferenza: ne' la vista di un oggetto nuovo, capace di risvegliare la curiosita' di qualsiasi altro roditore, ne' un'eventuale minaccia. Nemmeno il freddo li spinge a cercare un nido o un qualsiasi rifugio in cui riscaldarsi.
Perche' e' importante studiare topi come questi? I ricercatori li considerano il modello animale piu' vicino alla schizofrenia che colpisce l'uomo. Sono simili sia per l'atteggiamento psicologico, sia perche' i meccanismi biologici associati alla malattia riprodotta nei topi sono confrontabili con quelli osservati nei pazienti umani.
Vale a dire che, nei topi come l'uomo, le connessioni tra i neuroni (chiamate sinapsi) non hanno la plasticita' necessaria per affrontare compiti complessi come l'apprendimento e la memorizzazione. A rafforzare la somiglianza tra la malattia negli animali e quella umana c'e' anche il fatto che gli stessi farmaci neurolettici utilizzati per curare la schizofrenia nell'uomo hanno effetti analoghi nei topi geneticamente modificati: trattati con questi farmaci fin dalla nascita, i topi apatici smettono di essere tali e si occupano sia della loro sopravvivenza sia dei loro piccoli.
Annie Andrieux e Didier Job hanno inoltre scoperto che nei topi resi apatici la carenza della proteina Stop puo' essere, in certa misura, controbilanciata da alcune molecole oggi utilizzate come farmaci anticancro. Somministrate ai topi geneticamente modificati, queste molecole sono riuscite a migliorarne il comportamento in un modo che i ricercatori definiscono ''spettacolare''. Secondo Annie Andrieux i nuovi farmaci ''funzionano meglio dei tradizionali neurolettici''. I test negli animali sono cosi' positivi che i ricercatori sono convinti che i risultati possano essere estrapolabili anche all'uomo, tanto che i due ricercatori di Grenoble hanno depositato un brevetto e sono in cerca di un partner fra le aziende farmaceutiche.
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