martedì 20 aprile 2004

Storia, inediti
Chabod vs. Momigliano sull'interpretazione del rapporto fra fascismo e nazismo

Il Mattino 20.4.04
INEDITI/ Rovente carteggio tra il grande storico e Momigliano sull’interpretazione del rapporto tra nazismo e fascismo
di Titti Marrone


Questa è la storia del giallo di una busta di lettere a lungo cercata dagli studiosi e poi improvvisamente apparsa. Vi si racconta di un clamoroso litigio tra due grandi della storiografia italiana, Federico Chabod e Arnaldo Momigliano. Vi emerge una delle più virulente polemiche tra intellettuali del secolo scorso, di cui si conosceva l’eco ma non il reale contenuto, sull’interpretazione del rapporto tra fascismo e nazismo, sui tempi della «nazificazione» dell’Italia e sulla possibilità di decifrare il tutto con gli strumenti dell’idealismo.
La busta di lettere, su cui era stata vergata l’annotazione «affaire Chabod», è stata scovata dallo studioso Riccardo Di Donato in una borsa di pelle nella casa londinese del grande storico dell’antichità Arnaldo Momigliano. Non era destinata ad essere distrutta in mortem, cosa prescritta invece da Momigliano per molte sue carte, ma ad essere ritrovata a distanza di tempo e interpretata quando la tensione passionale fosse stata sufficientemente placata perché menti più sgombre riconsiderassero la materia del contendere. Ed è quanto avviene adesso, a ritrovamento compiuto: lo scambio di lettere tra Arnaldo Momigliano e uno dei maestri indiscussi della storiografia contemporanea, Federico Chabod, è stato oggetto di una sorta di «consulto» storico tra Di Donato e Gennaro Sasso, direttore dell’Istituto italiano per gli studi storici «Benedetto Croce», che le ha prese, per così dire, in custodia, le ha raccolte e commentate per «Il Mulino» nel volume Chabod-Momigliano, un carteggio del 1959 che sarà presentato giovedì alle 16 a palazzo Filomarino dallo stesso Sasso con Di Donato, Giuseppe Galasso e Andrea Giardina. Sasso racconta di aver faticato non poco per decifrare la grafia di Chabod, «perturbata come il suo animo mentre scriveva soprattutto la seconda epistola». Però aggiunge che ha potuto contare sull’aiuto di una vera esperta di grafie impossibili, Lidia Croce, che ha affinato la sua abilità sugli illeggibili manoscritti paterni.
Lo scambio epistolare tra Chabod e Momigliano del 1959 si svolse con veemenza tutt’altro che insolita tra intellettuali ma piuttosto rara nel pacato microcosmo racchiuso tra palazzo Filomarino, la «Rivista storica italiana», l’Enciclopedia Treccani e l’Accademia dei Lincei e fu stimolato da una richiesta nata all’interno di un rapporto di reciproca stima: la richiesta di Momigliano a Chabod, che conosceva dagli anni giovanili del comune lavoro alla Treccani, di un parere sul «necrologio» che aveva scritto in morte del filosofo Carlo Antoni. Momigliano aveva solo otto anni meno di Chabod, si rivolgeva al grande studioso in un rapporto percepito come alla pari e probabilmente non poteva immaginare quanto lo aspettava: una lettera di Chabod puntigliosissima, divisa in tre parti, che equivaleva a una vera e propria stroncatura del suo scritto, cui Momigliano rispose con veemenza quasi pari all’asprezza di Chabod. Il quale ribatté a sua volta, ancor più aspro.
In primo luogo, Chabod dissentiva da Momigliano per aver postulato un’influenza di Antoni su Croce e trovava fondamentalmente sminuito nel necrologio il ruolo di questi. «Però, in un certo senso, difendendo Antoni, Chabod difendeva se stesso e si sentiva attaccato dalle argomentazioni di Momigliano», dice Sasso. «All’epoca Chabod era infatti direttore del ”Croce”, dunque si sentiva custode di una tradizione umanistica che, a detta di Momigliano, non sarebbe stata sufficientemente avvertita nel cogliere la pericolosità di un certo momento storico».
Il dissenso più forte emerge dal tema adombrato dalle lettere che riportiamo qui accanto: Momigliano indicava già nel 1933-34 l’inizio di una «nazificazione dell’Italia», mentre per Chabod questo cominciò solo dopo le leggi razziali, nel 1938. La veemenza con cui Chabod criticò Momigliano definendo la sua interpretazione «uno sproposito» è così spiegata da Sasso: «Chabod non era mai stato fascista, ma aveva guardato con un blando interesse al primo periodo. Dunque, si sentì ferito nel vivo a quell’affermazione di Momigliano, peraltro complessivamente poco fondata sul piano storico, poiché non mi sembra si posa rintracciare un antisemitismo sistematico del fascismo prima delle leggi razziali».
L’eco della polemica giunse già allora a Sasso, Romeo, Arnaldi e De Caprariis, ma i suoi contenuti sono stati noti solo alla scoperta del carteggio. Sullo sfondo di essa, e al di sotto degli argomenti di Momigliano, si coglieva l’imminenza di una svolta: quella di un disagio di tipo illuminista nei confronti dell’idealismo crociano che presto si sarebbe manifestato, con più evidenza nel marxismo, in buona parte della cultura italiana.

Lettere sulla «nazificazione» dell’Italia

Lettera di Chabod a Momigliano del 5 novembre 1959:
«Caro Momigliano,
(fai) un errore di fatto: ”nel decennio che fu non solo di nazismo in Germania, ma di nazificazione dell’Italia”. Secondo te, dunque, ci sarebbe una nazificazione dell’Italia sin dal 1933 (...). Questo è uno sproposito, che altera tutta la storia italiana ed europea, salta a pié pari il primo periodo di ”urti” Mussolini-Hitler sino al ’35, e salta a pié pari le differenze, grosse assai, ancora degli anni ’35-’37 sino dopo la primavera del ’38.
Di nazificazione (per essere più precisi direi tentata nazificazione: è ingiusto infatti dimenticare che la politica razziale di Mussolini incontrò (...) ostilità quasi generale, di ciò si ebbe la prova concreta nei rapporti fra quasi tutti gli italiani non ebrei e gli ebrei».
Lettera di Momigliano a Chabod dell’11 novembre 1959:
«Caro Chabod,
la pressione da parte tedesca per permeare il fascismo di idee naziste cominciò nel 1933 o forse anche prima. Non so bene. Quando Ginzburg e compagni furono arrestati, già si accentuò la loro origine ebraica. L’ascesa di Interlandi-Tevere, Preziosi-Vita Italiana, l’alleanza Preziosi-Farinacci (Regime Fascista), l’uscita di Evola dalla «lunatic fringe», se ricordo bene, sono eventi anteriori al 1938. Soprattutto ricordo l’ansietà che tu, io, Cantimori etc. sentivamo per questa pressione. Avrei dovuto probabilmente scrivere ”progressiva” o ”tentata nazificazione”, ma in verità badavo al risultato del processo progressivo, e non temevo di essere frainteso».