martedì 20 aprile 2004

su Repubblica:
mutamenti della percezione, una ex allieva contro Jacques Lacan

Repubblica 20.4.04
Polemiche/ una ex allieva si scaglia contro il maestro
Che impostore quel Lacan
l'autrice ha trascritto per anni i seminari
di FABIO GAMBARO


PARIGI. Gli idoli, si sa, sono destinati prima o poi a finire nella polvere. Jacques Lacan, il famoso psicanalista scomparso nel 1981 non ha fatto eccezione. Venerato in vita come un dei maggiori intellettuali francesi, dopo la morte è stato a più riprese aspramente criticato, anche se continua ad avere moltissimi seguaci in tutto il mondo. L´uomo infatti non era certo un tipo facile, come ha raccontato nella sua biografia Elisabeth Roudinesco. E come hanno confermato le numerose testimonianze che in tutti questi anni ne hanno rivelato i comportamenti autoritari e stravaganti. A questo coro di voci critiche, si aggiungono ora i ricordi di Maria Pierrakos, la stenotipista che dal 1967 al 1979 lo ha seguito nei suoi celebri seminari per trascriverne fedelmente le parole. Diventata in seguito psicanalista, oggi pubblica un libro in cui racconta di quei dodici anni passati accanto al fondatore dell´Ecole freudienne, proponendone un ritratto al vetriolo che certo non farà piacere ai suoi eredi.
L´opera, che s´intitola La "tapeuse de Lacan" (l´Harmattan, pagg. 79), dice già tutto nel sottotitolo: «Ricordi di una stenotipista arrabbiata, riflessioni di una psicanalista desolata». Per Maria Pierrakos, infatti, Lacan, era un uomo arrogante e distante che in dodici anni, pur vedendola tutte le settimane, non le ha mai rivolto la parola. L´ex stenotipista lo dipinge come «un caposcuola divorato da un narcisismo assoluto», un uomo «intelligentissimo e manipolatore che ha soggiogato gli intellettuali del suo tempo». Un intellettuale che ha cinicamente trasformato la teoria in uno strumento di potere, grazie soprattutto a un linguaggio oscuro, fatto di «formule sibilline e misteriose», che però erano «adorate dai suoi interpreti». E´ nato così quello che l´autrice chiama oggi il parlacan, il linguaggio di Lacan che «nel corso degli anni è diventato sempre più complicato, lambiccato e contorto, proprio come i sigari che fumava negli ultimi tempi». Ma quel linguaggio fatto di «paradossi efficaci e irrefutabili, d´ingiunzioni paradossali e paralizzanti, di dimostrazioni sapienti», secondo l´autrice era in fondo lo strumento di una vera e propria «impostura». Un termine violentemente negativo che neppure i più acerrimi nemici di Lacan avevano mai osato utilizzare.
Certo, l´ex stenotipista riconosce che il lavoro teorico di Lacan «ha permesso di risvegliare la psicanalisi dalla sua letargia», ma i comportamenti del maître à penser che ha imposto ai suoi ossequiosi discepoli «un linguaggio segreto e riti settari» avrebbero poi prodotto «un´assemblea di cloni, di tanti piccoli Lacan che imitano i suoi sospiri, il suo modo di vestirsi, cercando di parlare e di comportarsi come lui». Tutti provando a riprodurre il portamento altero dell´«homo lacanus, che in una mano tiene il manganello del paradosso e nell´altra la lancia della derisione, ben protetto sempre dalla sua sfolgorante corazza teorica». Quella di Maria Pierrakos, dunque, è una condanna senz´appello, che non mancherà di far discutere dentro e fuori gli ambienti della psicanalisi. A vent´anni dalla sua scomparsa, Lacan continua a dividere il mondo intellettuale d´oltralpe.