giovedì 9 settembre 2004

medici "in libertà vigilata"

Repubblica 9.9.04
L'INTERVISTA
Luca Gianaroli, direttore della Società italiana di studi di medicina della riproduzione: le nostre norme sono dettate dall´ideologia
"Legge sgangherata e piena di paradossi noi medici ci sentiamo in libertà vigilata"
L´aspettativa di successo degli interventi è scesa fino al 30 per cento. E le donne che pagano il prezzo più alto sono le over 38
Non sappiamo cosa fare degli embrioni che erano già congelati all´entrata in vigore della legge Le linee guida non dicono nulla
MICHELE SMARGIASSI

BOLOGNA - «Neanche in Iran?», si lascia andare Luca Gianaroli, direttore della Società italiana di studi di medicina della riproduzione. «In nessun paese del mondo, democratico o totalitario, sotto qualsiasi ideologia o religione, hanno una legge così». Il Sismer riunirà sabato in congresso a Bologna alcune decine di esperti mondiali di fertilità, e il dottor Gianaroli ammette l´imbarazzo di dover presentare loro un rapporto sui primi sei mesi della legge italiana sulla procreazione assistita «sgangherata, paradossale, ipocrita, che ci costringe alla malasanità».
E all´emigrazione procreativa, no?
«La fuga delle coppie all´estero è solo l´aspetto più visibile dei guasti di questa legge. Ma i guai che procura a chi resta in Italia sono anche peggiori».
Parla dei pazienti?
«Di loro, prima di tutto. Dai nostri dati emerge che, per le limitazioni della legge, l´aspettativa di successo di un intervento scende del 10-30 per cento secondo i casi. Le più colpite sono le donne over-38, con patologie severe e già sottoposte ad intervento. Ma io mi riferivo a noi medici?».
Vi sentite le mani legate?
«Peggio: ci sentiamo in libertà vigilata. L´intreccio fra la legge 40, le linee guida del 21 luglio e l´ultimo decreto del 26 agosto è tanto contraddittorio e paradossale da creare vere e proprie trappole».
Può fare qualche esempio?
«Il più clamoroso: gli embrioni che erano già congelati al momento dell´entrata in vigore della legge. Che ne dobbiamo fare? Se derivano da una donazione di gameti e io li trasferisco in utero, sono fuorilegge perché faccio un´eterologa, vietatissima. Le linee guida non dicono nulla. Il decreto dice che gli embrioni "orfani" vanno consegnati a un centro milanese. Ma quelli non sono orfani! Le madri li vogliono! E io devo dir loro che li devo dare alla sperimentazione scientifica (ma non era vietata? E perché una deroga a un solo istituto?). Insomma devo dire alle madri che i loro embrioni devono morire perché sono moralmente inaccettabili, mica male per una legge che pretende di difendere la vita».
Contraddizioni di una fase transitoria?
«Vado avanti. Gli embrioni malformati. Per legge, devo trasferirli lo stesso».
Le linee guida precisano che il trasferimento di quelli con «anomalie irreversibili» non è «coercibile», quindi possono essere lasciati «estinguere»?
«Infatti la legge si contraddice anche sui suoi presunti principi morali. Ma intendo gli embrioni che io, medico, so per scienza ed esperienza che non s´impianteranno. Spendo soldi pubblici, ne faccio spendere a una coppia, sottopongo una donna a due settimane di iniezioni di progesterone, molto pesanti, e allo stress dell´attesa, già sapendo che è tutto inutile. Se facessi una cosa del genere in Spagna o in Inghilterra, la paziente mi manderebbe in galera per malpratica. In Italia la malpratica è obbligatoria, altrimenti vai in galera. Nessun medico può essere costretto ad andare così contro coscienza».
Prevede una fuga di professionalità all'estero?
«Sta già accadendo. Con situazioni paradossali. Conosco un collega che abita a Trieste e lavora in una clinica di Nova Gorica, in Croazia, dove fa fecondazioni che in Italia, dove la sera va a dormire, sono illegali. Lo stesso in Belgio, dove medici italiani operano pazienti italiane. Le sembra logico?».
Ogni paese ha le sue leggi.
«Ma in audizione al Parlamento io l´ho detto: otto milioni di italiani vivono a un´ora di macchina da una clinica dove la legge non si applica: non è ipocrisia? La verità è che la legge non è fatta per migliorare la sanità ma per ideologia?».
Anche lei la mette in politica?
«Ho accolto a braccia aperte la Casa delle libertà: per quel che riguarda la mia professione, me ne pento. Aspettavo una legge di garanzie: lo sa che da nessuna parte c´è scritto che con le provette devono lavorare solo laureati? A quanto pare, in laboratorio può entrare chiunque. Belle garanzie. È come se la legge stabilisse che il bisturi va usato solo con la destra, perché il legislatore considera immorali i mancini, e poi non obbligasse a sterilizzare i ferri».
L´ultimo paradosso?
«Mi hanno appena eletto presidente della società internazionale di una disciplina, la diagnosi embrionale pre-impianto, che in Italia mi manda in galera se la pratico. Penso che mi dimetterò, per non farmi compatire dai colleghi».