domenica 3 ottobre 2004

Emanuele Severino: la cremazione il nulla e la vita eterna...

Corriere della Sera 3.10.04
RICHIAMO DEL NULLA
di EMANUELE SEVERINO

I dati più certi riguardano Milano. Ma sembra che possano essere estesi a tutta l’Italia settentrionale. Al Nord la volontà di far cremare il proprio cadavere sta crescendo molto più rapidamente che al Sud. I motivi sono diversi. Ad esempio, quella volontà può esprimere il desiderio di semplificare i rapporti con i vivi. Forse si è sperimentata e comunque ci si è convinti dell’esteriorità delle forme tradizionali dell’inumazione e sparendo nel fuoco si aspira ad essere presenti in modo più autentico nella coscienza dei vivi.
Forse perché i vivi li si è amati poco e quindi non interessa nemmeno quel loro più o meno apparente rimpianto che è più visibile nell’inumazione che nella cremazione. (Senza con ciò escludere che si possa esser pieni di amore e insieme desiderare la cremazione). E queste convinzioni possono prendere più piede al Nord industrializzato, dove la complessità dei rapporti sociali è maggiore, quindi maggiore l’aspirazione alle semplificazioni, e dove la cultura contadina e il calore dei rapporti familiari del Sud sono andati illanguidendo.
Ma oltre a molti altri, un motivo può essere anche una sorta di vendetta verso la vita. È probabilmente più raro, ma più sintomatico e destinato a crescer di più. Ci si vendica della vita che, quel poco che ha dato, lo ha dato male e lo ha tolto presto; e allora non le si vuole lasciar nulla, si vuole incenerire e annientare perfino il proprio cadavere. In questo caso, il riscontrato aumento dei suicidi andrebbe messo in relazione alla crescita delle cremazioni. Che si presentano come forme di suicidio da parte di chi vivendo non è riuscito a uccidersi, e deluso dalla propria esistenza la vuole soppressa, incenerando perfino quel barlume di vita biologica che ancora per un poco rimane nel cadavere.
Più sintomatico, questo motivo della volontà di farsi cremare, perché più degli altri è segno dei tempi. Segno della desacralizzazione crescente. In questa direzione ci si spiega perché la Chiesa abbia per lungo tempo proibito la cremazione. Propriamente, la proibizione si riferiva al sottinteso che stava alla base della volontà di far cremare il proprio cadavere: il sottinteso dell’inesistenza della resurrezione della carne. Poiché non c’è resurrezione, il cadavere può diventar cenere e nulla. E poiché il cadavere può diventar cenere non c’è resurrezione. Ma chi non crede nella resurrezione e si fa cremare intende appunto dar vita a una forma di suicidio: uccide la propria speranza di sopravvivenza. La uccide perché la ritiene una fola. Vanno allora forse meglio le cose col vecchio Dio veterotestamentario? Questo Dio dice ad Adamo, che ha peccato: «Sei polvere e tornerai ad esser polvere». Polvere: cenere. Adamo esce dalla cenere ed è destinato a ritornarvi. Esce dalla cremazione teurgica e a tale cremazione è destinato a ritornare. La teurgia inceneritrice concepisce l’uomo come un nulla originario, come qualcosa che «di per sé» è nulla, cenere.
Questo modo di pensare del Dio (cioè di chi evoca questo Dio) uccide due volte Adamo, l’uomo. Una prima volta perché - aprendo la strada che poi sarà percorsa dalla forme dominanti della civiltà - concepisce l’uomo come cenere. Una seconda volta perché lo vede come qualcosa che di per sé è destinato alla cenere. Perché meravigliarsi se, all’interno di questo modo di pensare, cresce la convinzione che le cose tutte e l’uomo siano nulla; e perché meravigliarsi se l’uomo sente sempre più il richiamo del nulla che sempre più a gran voce gli chiede di annientarsi? (Eppure nel fondo di ognuno di noi un’altra voce - quella autentica - dice che l’uomo non è cenere, ma è eternamente salvo dal nulla e che la sua è la morte di chi, pur morendo, in quella salvezza eternamente permane).