venerdì 15 ottobre 2004

il neo-senatore Mario Luzi, benché credente...

Repubblica 15.10.04
LA SUA BATTAGLIA
L'intervento a Pisa al convegno sulle terapie palliative
"Sofferenza come espiazione una stortura dell'etica cattolica"
Ha regalato una poesia inedita ai medici e all´ospedale di Nottola in cui è stato operato
MICHELE BOCCI

«Il dolore dei malati deve essere evitato, le cure inutili vanno interrotte. E´ stata una stortura dell´etica cattolica a far considerare la sofferenza come forma di espiazione. E invece bisogna seguire il principio della carità e lenire le pene di chi sta male».
Mario Luzi ieri mattina, alcune ore prima di essere nominato senatore a vita dal presidente della Repubblica Ciampi ha aperto il convegno nazionale organizzato a Pisa dal Tribunale dei diritti del malato - Cittadinanza attiva dal titolo "Ai confini del dolore". Un incontro con tutti gli esperti e operatori italiani di cure palliative per chiedere ai medici di famiglia di utilizzare di più gli oppiacei con chi soffre e agli ospedali di inserire nella cartella clinica anche il livello di sofferenza del malato. E´ da tempo che il Tribunale si impegna in questa battaglia a livello nazionale. Una battaglia che vuole anche evitare, a detta dei suoi rappresentanti, "un federalismo della sofferenza. Ci sono Regioni, come la Toscana, che spingono i medici ad usare gli oppiacei, altre che su questi temi sono più indietro. A medici e operatori il poeta ha regalato una sua poesia inedita, che si intitola come l´ospedale in cui è stato operato di recente: "A Nottola".
Dopo il saluto, Luzi è tornato a casa sua a Firenze. E´ qui che si dedica ad una riflessione sul dolore. «Il dolorismo si è insinuato nella nostra tradizione cattolica, come una specie di premio a contrario per il fedele. L´espiazione è certamente un concetto sublime e affascinante, ma io, che sono cristiano convinto, credo in questo caso al principio della carità. Basta leggere il Vangelo, dove i miracoli sono miracoli di guarigione, e quindi cancellano il dolore».
Da tempo il poeta si interessa a questi temi, racconta di aver anche seguito altri convegni e incontri dedicati alla sofferenza dei malati. «Purtroppo ci sono ancora medici restii ad utilizzare certi rimedi contro il dolore - dice - Gli oppiacei, ad esempio, sono spesso visti come drogaggi. Invece si tratta di cure che non sempre finiscono nella morte e che servono ad aiutare persone destinate a soffrire per periodi di tempo non lunghi».
Molto spesso invece, è il caso delle cure palliative, questo tipo di medicine servono per i malati terminali. «In questo caso c´è un altro tema su cui riflettere. Quello dell´interruzione delle cure divenute ormai superflue. Ho pensato alla tremenda responsabilità del medico che deve decidere quando è arrivato il momento di sospendere la cura. In questo ruolo c´è qualcosa di sovrumano».