Liberazione 15.10.04
Digiuno e astinenza dall'alba al tramonto
Da oggi al 13 novembre
Guido Caldiron
Il ramadan è il nono mese del calendario islamico lunare, che i credenti consacrano al digiuno dall'alba al tramonto e alla preghiera. In tutto il mondo il periodo di digiuno è iniziato oggi, tranne in LIbia e Nigeria dove le autorità religiose ne hanno fissato l'inizio con un giorno di anticipo. Il mese del digiuno diurno e dell'astinenza sessuale, si concluderà il 13 novembre. Il giorno seguente, domenica, si celebrerà l'Id al Fitr o Festa della Rottura del digiuno. Durante questo mese la vita nelle società arabo-musulmane si ferma quasi completamente durante il giorno per riprendere dopo il calare del sole. Il digiuno si interrompe con una piccola colazione prima e poi con un pasto vero e proprio dopo il tramonto, insieme alla lettura del Corano: un trentesimo o un sessantesimo dell'intero testo. Nel Corano la ventisettesima notte di ramadan è considerata "più preziosa di mille mesi", perché fu quella in cui Allah dettò, attraverso l'arcangelo Gabriele, il testo del libro sacro a Muhammad.
Si è aperto questa mattina all'alba per oltre un miliardo di fedeli musulmani di tutto il mondo, compresa la comunità italiana forte di circa un milione di presenze, il mese più importante dell'anno, quello del ramadan. A Renzo Guolo, docente di Sociologia della religione nelle Università di Padova e Trieste e tra i maggiori studiosi italiani della cultura islamica, abbiamo chiesto di illustrarci il significato di questa ricorrenza.
Professor Guolo, cominciamo con lo spiegare che cosa rappresenta per i musulmani il mese di ramadam e perché riveste un'importanza così particolare nel calendario dell'Islam?
Il ramadan è uno dei cinque grandi precetti della religione islamica. Durante questo mese i musulmani osservano il digiuno e l'astinenza sessuale dall'alba al tramonto. Si tratta di un periodo considerato di sacrificio che serve per purificare i fedeli, in questo è simile a quello che le altre grandi religioni monoteistiche celebrano in momenti diversi dell'anno e con una diversa durata. Ma, al di là del significato strettamente religioso, il mese di ramadan assume anche una dimensione comunitaria, perché con l'arrivo del tramonto e la rottura del digiuno, i musulmani si ritrovano tra loro e si moltiplicano, sia in famiglia che negli spazi pubblici, le occasioni di socialità. In questo senso il mese del digiuno rappresenta un'occasione per rinsaldare i legami all'interno della cosiddetta "umma", la comunità musulmana.
Durante il mese del digiuno le reti televisive dei paesi musulmani propongono programmi speciali, serie tv pensate proprio per questo periodo che vede le famiglie riunite ogni sera, dopo il tramonto. Si può dire che in queste realtà, durante il ramadan, la religione assume anche un aspetto culturale?
Sì, assolutamente. Dobbiamo tenere conto del fatto che tutte le religioni si adattano e si trasformano nel tempo in base al contesto circostante. Anche tra gli ebrei e i cristiani alcune festività religiose hanno assunto nel tempo un significato più comunitario e culturale, sono osservate da molti che non si considerano dei fedeli praticanti. Per molti, osservare il periodo del ramadan significa aderire più a una concezione dell'Islam come cultura che come religione. Un po' come molti di noi osservano le festività della Pasqua e del Natale, considerandole delle occasioni comunitarie più che religiose.
Le notti di ramadan dei paesi musulmani sono spesso descritte come momenti nei quali avviene una sorta di "liberazione della socialità". In questo periodo, all'interno della cornice dell'Islam, si intravede quasi il profilo di una società più libera?
Certamente. L'interruzione del digiuno è paragonabile a un momento di festa e come in tutte le feste la tolleranza è maggiore, si liberano energie altrimenti represse perché le regole abituali vengono in qualche modo sospese. La fine del digiuno si celebra dapprima in famiglia, quindi "per strada". E negli spazi pubblici vi può essere anche la presenza di donne, oltre che di uomini. In questo, in Tunisia, Marocco e Egitto l'apertura è maggiore, anche se a pesare di più sul grado di "liberazione" non è tanto la geografia, quanto la differenza tra le realtà urbane, più aperte, e la campagna.
Se questo è il contesto nel quale viene celebrato il ramadan nel mondo islamico, cosa avviene nella vasta comunità dei musulmani che vivono in Europa o negli Stati Uniti a contatto con altre abitudini e culture? Come si conciliano i tempi e gli orari dei fedeli impegnati nel digiuno con quelli della società che li circonda?
Intanto si deve sottolineare come nel contesto occidentale questa pratica diventi tanto più importante perché assume anche il significato di una sorta di "rinforzo identitario" in un contesto sociale che non è tutto permeato dalla dimensione islamica e che vede anzi l'Islam in una posizione di minoranza. Quanto alle forme che assume questa pratica, sono necessariamente plasmate dalle esigenze della realtà in cui si trova a vivere il singolo musulmano. Così, non è certo facile per chi lavora in fabbrica o ricopre mansioni molto dure, osservare il digiuno. Dati i ritmi di vita e i carichi di lavoro, la pratica del ramadan nelle realtà occidentali assume quasi il valore di un'esperienza ascetica, una dimensione ancora più dura di quanto accada nei paesi musulmani dove i tempi della società seguono il calendario della religione.
Da questo punto di vista, nei paesi occidentali vi è stata qualche forma di riconoscimento pubblico, per esempio negli orari di lavoro, del periodo di ramadan?
Ci sono paesi, come la Francia, che riconoscono tra le loro festività quella del giorno che segna la fine del mese di ramadan, l'Id al Fitr o Festa della Rottura del digiuno, anche se arrivare a questo risultato non è mai facile e passa sempre per la formalizzazione di un rapporto tra le istituzioni statali e la comunità musulmana che vive in un determinato paese. Più difficile resta veder riconosciuti ogni giorno, durante questo mese, i tempi di chi sta effettuando il digiuno: in Francia, Belgio, Olanda e Inghilterra si sono aperte trattative in alcune località perché i musulmani potessero osservare orari meno rigidi durante il ramadan. Nel nostro paese alcune imprese del nordest hanno anche sfruttato questa domanda religiosa introducendo dei turni di lavoro notturni, per produzioni stagionali, attraverso accordi diretti tra gli imprenditori e le stesse maestranze musulmane: i lavoratori potevano mangiare dopo il tramonto e poi andare in fabbrica. Certo, si tratta di un esempio non senza contraddizioni, visto che sembra introdurre elementi di contrattazione separata per i lavoratori migranti.
Il ramadan e la guerra. Per chi dice di combattere in nome dell'Islam o per i terroristi fondamentalisti, il mese di ramadan può rappresentare un ostacolo o un momento di stasi delle operazioni, in osservanza ai precetti del Corano?
Non è così, come abbiamo già visto tragicamente nel caso algerino dove gli attentati si intensificavano proprio nel mese del digiuno. Nei confronti dei movimenti fondamentalisti il ramadan non funziona in termini di interdizione simbolica, visto che per loro, più che l'interpretazione della tradizione religiosa, conta la pratica combattente. Anzi, il fatto che si tratti di un periodo che ha una particolare dimensione di sacralità a volte può far risaltare un atto di violenza in maniera ancora più intensa. Naturalmente la visione della religione e di questo particolare periodo del calendario musulmano che sostegono i fondamentalisti, non potrebbe essere più lontana da quella che esprime la grande maggioranza dei fedeli dell'Islam.
«SEGNALAZIONI» è il titolo della testata indipendente di Fulvio Iannaco che - registrata già nel 2001 - ha ormai compiuto il diciottesimo anno della propria continua ricerca e resistenza.
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