venerdì 15 ottobre 2004

la destra cristiana

Repubblica 15.10.04
LA DESTRA CHE SCEGLIE LA STRADA CLERICALE
di EZIO MAURO

Andata in minoranza nel pigro appagamento del dopoguerra anche nel sentimento degli italiani (il popolo che per decenni veniva definito "naturalmente cristiano") la Chiesa cattolica in questi giorni non crederà ai suoi occhi, pur abituati a ben altre rivelazioni. Dal mondo che si definisce liberale, o addirittura laico, dalle tribune per lungo tempo indifferenti dei giornali borghesi, dagli ideologi di una destra che era nata nel mercato e nel secolo, arriva improvvisa e compatta una grande genuflessione pubblica ai precetti morali del cattolicesimo, una sorta di inedito Giubileo liberale in ritardo, ma certamente spettacolare. Per ora incompleto, dal punto di vista del rito, perché senza mea culpa. La colpa è come sempre degli altri, naturalmente. In questo caso dell´Europa e della sua vera anima nichilista, la sinistra socialdemocratica.
E´ bene non scambiare la causa con l´effetto, per capire cosa sta succedendo in questo Paese complicato, dove ancora una volta sta nascendo qualcosa di nuovo: il laico clericale, figura tutta italiana, moderno per rendita culturale, status e ruolo, tradizionale per il bozzolo di valori in cui sta scegliendo di rinchiudersi. Rocco Buttiglione, infatti, è il pretesto perfetto, la figura chiave che spalanca la porta di un fenomeno in incubazione da tempo, irrilevante politicamente, interessantissimo invece per ciò che rivela nel consolidarsi e trasformarsi della nuova mappa di egemonia culturale che circonda la destra italiana, e attraverso di essa la società e il Paese.
Il caso Buttiglione è presto definito. Il filosofo cattolico, imprestato alla politica ormai da molti anni ma non convertito ad un professionismo politico opportunistico ed incolore, ha testimoniato in un´intervista al Paìs e poi nell´audizione al Parlamento europeo come commissario Ue le sue personali convinzioni di cattolico sui gay, sulla famiglia e sulle donne: precisando che per lui vale la distinzione kantiana tra la sfera della morale e la sfera del diritto.
La commissione del Parlamento europeo ha badato meno a Kant che a Buttiglione, e lo ha bocciato due volte.
Il presidente Barroso lo ha riconfermato. Il filosofo ha taciuto. Ma aveva ormai agito come pietra dello scandalo, e lo scandalo è scoppiato.
Tutta la destra italiana ha infatti reagito come se l´Europa avesse dichiarato guerra al cattolicesimo, Silvio Berlusconi ha parlato di "oscurantismo", Ernesto Galli Della Loggia ha accusato Bruxelles ("grigia" e "triste", esattamente come Pym Fortuyn dipingeva l´Europa, e come spesso la definisce la "Padania") di aver messo al bando in un colpo solo i tratti fondamentali dell´antropologia "dell´intero monoteismo". Causa ed effetto qui sono davvero rovesciati: non conta nulla che un commissario in pectore giudichi l´omosessualità "immorale", usi dalla tribuna politica di Bruxelles la categoria di "peccato" per i gay, e aggiunga che la famiglia esiste "per permettere alla donna di avere figli e di essere protetta dal marito". Conta soltanto che i parlamentari siano rimasti colpiti da queste affermazioni, e abbiano ritenuto di non volere un commissario che dichiara in partenza di dover ogni volta mediare tra le sue nette convinzioni morali e una prassi politica a cui è pronto a subordinarsi, anche se pensa il contrario.
Eppure è il cardinal Ratzinger a parlare di "schizofrenia"e di "finzione difesa dallo Stato" quando discutendo il rapporto tra verità e libertà cita il caso del Pontefice Massimo romano C. Aurelio Cotta, che in pubblico rappresentava la religione pagana ed era addirittura garante dell´osservanza scrupolosa dei riti del culto statale e in privato, come rivela Cicerone, ammetteva di temere "che gli dei non esistano affatto".
Perché dunque parlare di Europa anticristiana, quando la stessa commissione in cui fatica ad entrare Buttiglione è stata guidata per cinque anni da un cattolico come Romano Prodi? Perché non ammettere che la distinzione tra privato e politico fatta da Buttiglione è senz´altro sincera (come io credo decisamente) ma è anche complicata, visto che se i convincimenti morali hanno diritto ad ogni rispetto, anche le leggi meritano altrettanto. Sappiamo tutti che è il cristianesimo che ha tolto allo Stato la sua sacralità, separando Dio da Cesare, ammettendo di poter pregare per l´imperatore, ma rifiutando di offrirgli sacrifici sacri. Ma d´altra parte il cristianesimo ha sempre sostenuto di non essere solo un sentimento soggettivo, piuttosto - cito ancora il cardinal Ratzinger - "una verità che è proclamata in ambito pubblico, che pone per la società delle norme e che, in una certa misura, è vincolante anche per lo Stato e per i potenti di questo mondo".
La realtà è dunque più complicata di quanto i toni da crociata gridino, e Buttiglione probabilmente lo sa perché è un cattolico convinto, così come lo sanno i cattolici liberali alla Cossiga e i cattolici democratici che hanno fatto per cinquant´anni la parte di Cesare in questo Paese, continuando a credere in Dio. C´è dunque da pensare che la reazione della destra italiana e dei liberali a lei contigui abbia un significato più ampio, che bisogna cercare di capire.
Io credo che quanto sta avvenendo sotto i nostri occhi dimostri una forte difficoltà della destra politica italiana e un nuovo tentativo di riorganizzazione di quel campo da parte della destra culturale. E´ la terza fase. Nella prima, si è provveduto a destrutturare la cornice valoriale della Repubblica, con gli attacchi alla Costituzione, alle sue istituzioni, a quel tanto di Resistenza che è la fonte italiana di legittimazione del nuovo Stato democratico, e non lo rende octroyée, alle culture fondative, come l´azionismo. Nella seconda, la spada vittoriosa di Berlusconi, conquistato il potere, avrebbe dovuto fondare una moderna cultura di destra, in un Paese che non l´ha mai avuta nella sua lunga stagione democristiana: questa sarebbe stata l´operazione più ambiziosa del Cavaliere e l´unica davvero immortale, perché avrebbe creato qualcosa non ad personam, ma capace di succedergli. E avrebbe messo il sigillo perfetto e definitivo ad un´operazione politica tecnicamente rivoluzionaria, perché fondatrice insieme di nuove istituzioni, di una nuova Costituzione, di un potere prima sconosciuto, e di una cultura che dia unità e coerenza alle pulsioni sparse e alle passioni contraddittorie della destra italiana.
Il fatto è che la seconda fase è mancata. Il rivoluzionario governa come un doroteo ideologico, sia pure con velleità titaniche interrotte da squarci inediti di moderatismo guerriero. E´ chiaro che il Cavaliere degli ossimori (mezzo Letta, mezzo Ferrara) non può fondare nessuna nuova cultura, e fatica anche a balbettare le litanie democristiane che sta evidentemente imparando a memoria. Dunque ecco la terza fase, obbligata: per mantenere quell´egemonia culturale instaurata da Berlusconi attraverso la breccia aperta dal revisionismo, bisogna ancorare la destra ad un pensiero forte, che affondi nella tradizione italiana e agisca come elemento dell´identità nazionale.
Nel momento in cui i grandi temi dell´etica, della procreazione, della famiglia entrano al centro della discussione pubblica, le leggi morali della Chiesa sono il pensiero forte dietro cui si rifugia la destra. Non è, bisogna sottolinearlo, la ripetizione dello schema divisorio della Prima Repubblica, con la destra che si rinchiude nella tradizione, mentre la sinistra si accampa nella modernità. Anzi: come si teorizza apertamente in America (Neuhaus), la nuova cultura cattolica di destra può sfidare apertamente la laicità denunciandone il declino parallelo allo statalismo, può ridurre il cattolicesimo democratico a ceto politico, e può proporsi come interprete di un senso comune del moderno e del post-moderno.
In Italia, la "conversione senza Dio", tutta politica, dei liberali e della destra ai precetti morali della Chiesa rivela innanzitutto un´impotenza quasi dichiarata. Le loro culture di origine giungono con ogni evidenza all´appuntamento con questa fase spaventate e spodestate, direi estenuate. Il liberalismo di destra è stato sfidato per un decennio nei suoi valori dall´anomalia berlusconiana, ed è diventato un paradosso strumentale. La destra berlusconiana sta peggio, e proprio la guerra rivela come rischi ogni giorno più scopertamente di scambiare l´ideologia per una cultura, rimanendovi imprigionata.
La morale cristiana (mai la predicazione sociale dei Vescovi, mai la denuncia del Papa sulla guerra) diventa così un bene-rifugio da utilizzare in questi tempi di carestia culturale, ancorando la destra ad un baricentro di valori per Berlusconi eccentrico ma non contraddittorio, per il Paese riconoscibile. E´ una realpolitik strumentale, che senza dirlo assume le posizioni proprie della Cei radicalizzandole. Il Cardinal Ruini si limita a dire, con qualche ragione, che la qualità della vita cui oggi la gente aspira per molti aspetti coincide con la tradizionale posizione cristiana "non a caso a lungo avvertita come senso comune nella società europea". La destra clericale sostiene invece, da un lato, che il cattolicesimo è fuori corso in Europa perché è fuori dal senso comune dominante, sostituito dalla nuova religione del politicamente corretto e dall´adorazione pagana della sinistra per i diritti subentrati ai valori; ma dall´altro lato si muove e opera con un´idea del cristianesimo come seconda "natura" italiana, che può dunque essere trasgredito e rinnegato solo da leggi in qualche modo contro natura, quindi contestabili alla radice.
E´ un nuovo integralismo cristiano del tutto inedito, semplicemente perché è senza Dio. Si tratta infatti di una sorta di cristianesimo senza Cristo, di una conversione senza fede, della falsa adorazione di un tabernacolo che si pensa vuoto, e di cui per calcolo di fase si cavalcano i precetti. I veri cattolici integrali, quelli per i quali il cristianesimo è un "avvenimento" che si è compiuto nel tempo e nello spazio, concretamente, hanno sempre avversato la sua riduzione a filosofia, morale, cultura e galateo pratico di precetti senz´anima. I teologi, addirittura, definirebbero questo moderno paganesimo di una religione atea come una riedizione del pelagismo. Ma tant´è, l´ultimo miracolo del berlusconismo è in atto, ed è questo. Manca soltanto un nuovo Papa non pastore né nocchiero né profeta, bensì guerriero: il gregge è pronto.