martedì 7 dicembre 2004

neuroscienze
ma quali «enormi progressi»?
solo una falsificazione dell'oggetto

Il Sole 24 Ore DOMENICA 5.12.04
IL GRANDE CIELO DELLA MATERIA CHE PENSA
di Armando Massarenti

Un convegno a Vercelli e tre libri. Rachamandran fa il punto sulle conoscenze sul cervello, Gary Marcus mostra come i geni lo costruiscono e il Nobel Gerald M. Edelman illustra i meccanismi della coscienza
"Il cervello - è più grande del cielo -
Perché - mettili fianco a fianco -
L'uno l'altro conterrà
Con facilità - e Te - in aggiunta".
Così scriveva Emily Dickinson nel 1862. E Più grande del cielo è il titolo che il premio Novel Gerlad M. Edelman ha dato al suo ultimo libro, un'esposizione rivolta al grande pubblico dei non specialisti del suo celebre "darwinismo neuronale". Scritto con chiarezza esemplare, affronta un tema filosofico per eccellenza, quello della coscienza, delle sue origini e del suo funzionamento, con gli strumenti più aggiornati delle neuroscienze. La prospettiva è rigorosamente materialistica.
La coscienza, scrive Edelman, è un "prodotto dell'evoluzione", non una "sostanza cartesiana", una res cogitans avvolta nel mistero e "inaccessibile mediante l'indagine scientifica". Il punto di partenza era già stato ben individuato da Darwuin, che nel suo diario, nel 1838, scriveva: "L'origine dell'uomo è ora dimostrata. La metafisica deve prosperare. Colui che comprende il babbuino contribuirà alla metafisica più di Locke".
La direzione è dunque quella di una "teoria biologica della coscienza", corredata di un sempre più consistente apparato di prove che stanno venendo alla luce dagli enormi progressi che proprio gli studi sul cervello hanno fatto negli ultimi anni.
Oggi è possibile "vedere" concretamente quanto la coscienza sia "incarnata", quanto dipenda "totalmente" dal cervello che la ospita. Non ci sono prove di alcun genere di una coscienza che possa fluttuare liberamente fuori dal corpo e poi ritornarvi, mentre ve ne sono di notevoli a dimostrazione che, al contrario, tolta la base materiale, essa svanisce. La coscienza "emerge dall'organizzazione" e dall'attività del cervello", scrive Edelman. "Quando la funzione cerebrale viene ridotta - da un'anestesia profonda, dopo certe forme di trauma cerebrale, dopo un ictus e in certe fasi limitate del sonno - la coscienza è assente".
"La mente è quello che fa il cervello", ha scritto analogamente Steven Pinker, citato da un suo giovane collaboratore, Gary Marcus, in La nascita della mente, che è un utile complemento al ragionamento di Edelman: una spiegazione delle basi genetiche del pensiero umano, la cui complessità deriva da "un piccolo numero di geni". "Benché la maggior parte della gente abbia accettato che la mente si origini dal cervello", scrive Marcus, meno agevole risulta l'idea che l'origine del cervello risalga ai geni. Tutti ricorderanno lo scandalo che hanno suscitato le prese di posizione di Francis Crick, uno dei due scopritori della doppia elica, che peraltro partiva dalla stessa premessa di Edelman e di Marcus. I geni probabilmente fanno paura perché si pensa che, rifacendosi a essi, si finisca per abbracciare una qualche forma di determinismo che finisce per negare la nostra libertà e le nostre qualità umane. Sono questi i danni di un modo propagandistico e semplicistico di presentare gli studi sul genoma, corretti dall'approccio di questo libro che mostra che non dobbiamo pensare che i geni siano necessariamente il nostro "destino", mapiuttosto la base per una serie di caratteristiche, tra cui lo sviluppo del pensiero cosciente.
Marcus si limita a descrivere il ruolo dei geni. Edelman fa molto di più. Delinea una possibile teoria della coscienza su base neuronale, affrontando temi come la causalità, lo sviluppo del sé, i meccanismi dell'apprendimento e della memoria. Che è poi ciò che fa anche Vilayanur S. Ramachandran, che Oliver Sacks ha definito il più grande esperto mondiale sulla mente, ma a partire da un'angolazione diversa. Proprio come Sacks, Ramachandran ci racconta, in maniera spesso toccante e sempre affascinante, storie di patologie particolari - l'arto fantasma, la visione cieca, il caso della "sinestesia" tra colori e numeri (scoperta dal cugino di Darwin, Francis Galton, e verificata sperimentalmente solo pochi anni fa) - per ricavare idee generali su come funzionano il nostro cervello e la nostra coscienza. Quello di Ramachandran è un viaggio pieno di verve e di humour, orientato anch'esso alla costruzione di una teoria della coscienza di stampo evoluzionistico e materialistico. Che ha però anche un'ambizione in più: quella di mostrare, per esempio attraverso un appassionante capitolo sull'arte, che le neuroscienze sono in grado di gettare un solido ponte tra le "due culture", quella umanistica e quella scientifica.
Edelman apre il suo libro con la Dickinson. Ramachandran chiude il suo con i versi dal sapore leopardiano di un grande fisico del '900, Richard Feunman, che definisce gli esseri umani
"atomi con la coscienza
materia con la curiosità",
concludendo con questa bella immagine:
"In piedi davanti al mare
meravigliato della propria meragilia: io
un universo di atomi
un atomo nell'universo".
Gerald M. Edelman, "Più grande del cielo. Lo straordinario dono fenomenico della coscienza" Einaudi, Torino 2004, pagg. 162, € 17,00.
Gary Marcus, "La nascita della mente", Codice, Torino 2004, pagg 276, € 25,00.
Vilayanur S. Ramachandran, "Che cosa sappiamo della mente", Mondadori, Milano 2004, pagg. 158, € 15,00; il testo inglese è disponibile in Internet (http://bbc.co.uk/radio4/reith2003/) insieme alla riproduzione in real audio delle cinque conferenze da cui è nato il volume.


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CHIAMATELE "EMOZIONI SOCIALI"
di Antonio Damaso

Ricerche recenti in neurobiologia dell'emozione hanno cominciato non soltanto a rivelare le strutture e i meccanismi cerebrali necessari alle emozioni e ai sentimenti, ma anche a mostrare che l'emozione svolge una parte importante in una varietà di funzioni cognitive.
L'attenzione, la memoria, la presa di decisioni sono tutte influenzate, positivamente o negativamente, da tipi e intensità diverse di emozione. Altrettanto importante è il ruolo dell'emozione della cognizione sociale. E' diventato evidente che la navigazione sociale degli esseri umani e di altre specie complesse è strettamente legata a tipi specifici di emozione o a ingredienti filosofici importanti delle emozioni quali il dolore (punizione) e il piacere (premio); e anche le pulsioni e le motivazioni.
Nella cognizione sociale, forse un ruolo preminente spetta alle emozioni cosiddette sociali, come la compassione, l'imbarazzo, la vergogna, il senso di colpa, il disprezzo e così via.
L'emergenza di comportamenti morali potrebbe fondarsi sulle emozioni. Senza la loro presenza nell'evoluzione biologica sarebbe difficile immaginare lo sviluppo di convenzioni sociali. E' un dato di fatto che l'obbedienza a leggi e a principi morali richiede l'integrità delle emozioni sociali.
(Traduzione di Sylvie Coyaud)