martedì 14 dicembre 2004

santa alleanza
Marcello Pera e il cardinale Ratzinger uniti sull'embrione

Il Manifesto 14.12.04
EUROPA, TORNA LA SANTA ALLEANZA
Marcello Pera e il cardinale Ratzinger invocano alla pontificia università lateranense un patto fra laici e cattolici nel nome della cristianità e della salvezza dell'embrione
di Ida Dominijanni

Correva il giorno 12 maggio 2004 quando Marcello Pera - filosofo e presidente del Senato, dunque seconda autorità dello stato (laico) italiano - tenne alla pontificia università lateranense una lectio magistralis gettando benzina sul fuoco dello scontro di civiltà in nome della lotta contro il relativismo culturale e la crisi d'identità dell'Europa. Correva il giorno 13 maggio quando il cardinale Ratzinger - teologo e prefetto della congregazione per la dottrina della fede - tenne nella sala delcapitolo del Senato una conferenza sui fondamenti spirituali dell'Europa, ovvero sulle radici cristiane del continente tagliate dal trattato costituzionale dell'Unione. Questi due sacri testi, com'è il caso di chiamarli, accompagnati da uno scambio epistolare fra gli autori, sono diventati un libretto blu, copertina rigida tipo Bibbia, titolo Senza radici, sottotitolo (modesto) Europa, relativismo, cristianesimo. Islam, ovviamente Mondadori, che già in questa forma della coppia autoriale trasmette il suo messaggio principale, questo: finita l'epoca degli scontri fra laici e cattolici, è arrivato il tempo di una sacra alleanza, sotto l'egida della comune identità cristiana, anzi cristiano-europea. E' di nuovo l'università lateranense, aula magna e pompa magna, a fornire la cornice per il solenne annuncio, con Pera eRatzinger in cattedra, Cossiga e Letta in prima fila, Pigi Battista nella parte dell'animatore e un pubblico folto e festante.
Movente comune della sacra alleanza è la preoccupazione per un'Europa in crisi di identità, preda del relativismo culturale, dell'indifferentismo morale, della «neolingua», come la chiama Pera, del politically correct. Un'Europa, argomenta il presidente del Senato, che predica il dialogo ma non sa più pronunciare il pronome «io»; una cultura, argomenta il filosofo laico, corrotta dal contestualismo di Wittgenstein e dal decostruzionismo di Nietzsche e Derrida, e minacciata da un senso di colpa di cui non v'è ragione. Col risultato che non siamo più capaci, noi europei, di dirci orgogliosamente migliori dell'Islam; e che per paura di tuffarci nello scontro di civiltà non prendiamo atto della guerra che l'islam ci ha già dichiarato. Così Pera. Ratzinger ci mette un po' a scendere sulla terra della politica e indugia di più nel cielo dei valori: il problema è che la laicità è diventata laicismo ideologico, e la ragione, da figlia qual era del dio cristiano che è Dio-Logos, ha preteso di emanciparsene e autonomizzarsene, diventando ragione amorale, utilitaristica, calcolante, tecnica, pura tecnica, al servizio di questo e quell'interesse. Bisogna ridare alla ragione le sue radici divine, e all'illuminismo europeo le sue radici cristiane: checché ne scriva il trattato costituzionale dell'Unione.
Ma quando Pigi Battista domanda quale sia mai l'urgenza che ha fatto precipitare queste questioni, non certo nuove, nel dibattito pubblico, i giochi si fanno più stretti. Non tanto per Ratzinger, che con finezza risponde: è stato l'89 e il crollo del comunismo, perché prima, anche nel pieno del sovversivo '68, la chiesa aveva nel marxismo un'ideologia nemica ma simile a sé nella struttura redentiva e escatologica, mentre dopo l'89 non è rimasto altro che relativismo e tecnica. Quanto per Pera, che candidamente ammette: l'urgenza viene dalla guerra in Iraq, che costringe l'occidente a interrogarsi sulla propria identità per difendersi da quella islamica; dall'immigrazione, che obbliga gli abitatori della tranquilla provincia italiana a rassegnarsi alle moschee; e soprattutto dalla legiferazione sulla procreazione assistita, che obbliga tutti a stabilire se l'embrione è sostanza o accidente, materia o persona. E come facciamo a stabilirlo, senza un credo morale certo e certificato?
Atroce dilemma per il presidente filosofo laico, che dalla sua, a differenza del cardinale, non ha la grazia della fede e non può appoggiarsi alla Verità rivelata. Una cosa però ce l'ha, la facoltà del giudizio. E sull'embrione, dunque, fa la sua «scelta di valore»: «l'embrione è persona, fin dal concepimento». Punto. E non gli si propongano, al presidente filosofo, mediazioni come quelle che s'inventa il sottile Giuliano Amato quando parla di pre-embrione: «convenzioni strumentali» inaccettabili. Accettabile sarebbe invece la mediazione che si può fare fra ilvalore dell'embrione-persona e il valore della salute della donna, nel caso dell'aborto terapeutico, o il valore della felicità di coppia, in ristretti casi di fecondazione artificiale: non prima di aver colpevolizzato, pardon responsabilizzato i cittadini sulla soppressione di embrioni-persone di cui si fanno comunque rei. E qui di nuovo il cardinale riesce a battere il filosofo in finezza e furbizia. L'embrione è certamente individuo ma forse non persona, il che lascia aperto lo spiraglio a qualche alchemico compromesso morale. Il quale non dovrà fare appello a nessuna Verità rivelata, perché alla chiesa basta qualcosa in meno: ritrovare una «ragione naturale» contro la ragione calcolante, e un diritto naturale contro il diritto positivo. Il senso dell'essere e della creaturalità, con ma anche senza fede in Dio. Di cui più dei cattolici sono evidentemente e paradossalmente i laici teocon ad avere urgenza di armarsi.