martedì 4 gennaio 2005

ancora sui crimini dei cattolici ladri di bambini
ieri, il manifesto, oggi Avvenire e Corsera

ilmanifesto.it
2 gennaio 2004
DIVINO
Battesimo come destino
FILIPPO GENTILONI


Nei giorni intorno al natale è tornata di attualità la discussione sul comportamento di Pio XII nei confronti dello sterminio nazista degli ebrei. Una discussione che da decenni vede ripetersi gli stessi argomenti: forti da parte dell'accusa e piuttosto deboli da parte della difesa. L'occasione, questa volta, è un documento del 1946 pubblicato in Francia e ripreso da Alberto Melloni sul Corriere della Sera. Da Roma arrivarono al nunzio Roncalli, il futuro Papa Giovanni XXIII, indicazioni sui bambini ebrei che erano stati ricoverati in case e conventi cattolici e battezzati. La risposta fu che non si restituissero, passato il pericolo, alle famiglie ebree: ormai dovevano essere considerati e educati come cattolici. Roncalli, per fortuna, disobbedì alle ingiunzioni, a dir poco, inumane di Roma. Una triste vicenda, non nuova negli anni tragici della shoah, sulla quale si può leggere, fra l'altro, il ben documentato studio di Marina Caffiero Battesimi forzati. Storia di ebrei, cristiani e convertiti nella Roma dei papi (edizioni Viella). I casi esaminati riguardano soprattutto il 700; nel secolo successivo il caso più famoso è stato quello del bambino Mortara che fu sottratto ai genitori e poi divenne sacerdote. Gli argomenti contro questa prassi sono stati autorevolmente ripresida Amos Luzzatto, presidente delle comunità ebraiche italiane che ha definito «orrendo» quel documento («è arido, burocratico, non ha nessuna sensibilità, mi spiace dirlo, per la shoah») e ha aggiunto che il Vaticano si guardi bene dal «beatificare» Pio XII.
Quanto agli argomenti portati in difesa, sono sempre gli stessi: il Vaticano fece il possibile, i cattolici salvarono un numero notevole di ebrei e se la condanna vaticana del nazismo fosse stata più esplicita, la strage sarebbe stata ancora più tremenda. La migliore sintesi del dibattito rimane, a mio avviso, quella contenuta nei saggi dello storico Giovanni Miccoli , fra cui I dilemmi e i silenzi di Pio XII (Rizzoli): il primo termine non elimina il secondo né lo giustifica. Per Miccoli «né la Santa Sede né la gran parte del mondo cattolico avevano l'esatta percezione della specificità della shoah».
Con ogni probabilità il dibattito è destinato a proseguire. Intanto mi sembra importante riflettere sulla teologia che la posizione vaticana sottintendeva e che ancora è largamente dominante nel cattolicesimo più ufficiale. Una teologia per la quale i sacramenti - in particolare il battesimo - hanno un effetto di tipo meccanico, quasi automatico, indipendente dalla volontà e dalla libertà di ciascuno. Automatismi di tipo quasi magico, tali da determinare per sempre appartenenze, sorti, diritti e doveri. Questa teologia portava il documento vaticano a dichiarare: «I bambini che sono stati battezzati non potranno essere affidati a istituzioni che non ne sappiano assicurare l'educazione cristiana». Una educazione, però, fuori dal tempo e dalla storia.

«non ce vonno stà», è un'arroganza indefettibile: la difesa di Avvenire, che non dice un bel nulla:

Avvenire 4.1.05
INTERVISTA
Padre Gumpel, relatore della causa di beatificazione di Papa Pacelli, interviene sulle insistenti polemiche di questi giorni
Caso Pio XII, documenti senza prove
«Il testo al centro del dibattito non è stato presentato con metodo corretto Non si capisce, tra l’altro, perché il Sant’Uffizio avrebbe scritto in francese al nunzio Roncalli»
Di Marco Roncalli

Non si arresta il dibattito apertosi ormai una settimana fa con la pubblicazione sul «Corriere della Sera» del documento datato 20 ottobre 1946 contenente presunte disposizioni del Sant'Uffizio sulla non restituzione di piccoli ebrei accolti da istituzioni e famiglie cattoliche ed eventualmente battezzati. Un testo sul quale è legittimo porsi qualche serio interrogativo: non a caso tra gli studiosi si ventila ora più d'una supposizione, l'ultima delle quali, ad esempio, lascia intendere che si tratti della sintesi di un'istruzione più ampia, destinata alla Conferenza episcopale francese e non al nunzio Angelo Giuseppe Roncalli: cosa da verificare. Dopo l'intervista di domenica scorsa allo storico padre Pierre Blet, prende ora la parola il gesuita padre Peter Gumpel , relatore della causa di beatificazione di Pio XII
Allora, padre Gumpel, qual è il suo giudizio circa le analisi diffuse su questa vicenda che scandalizza gli uni e scuote altri ad alzare difese, che qualcuno giudica d'ufficio se non apologetiche?
«Prima di arrivare al problema che è ampio e complesso, e al quale bisognerebbe rispondere in modo assai articolato, occorre fermarsi sul documento pubblicato. È stato pubblicato un testo senza indicare esattamente la persona che l'ha redatto, e da quale archivio...».
Ma il testo termina con tre righe «Si noti che questa decisione della Congregazione del Sant'Uffizio è stata approvata dal Santo Padre» ed è stato scritto che «l'originale si trova negli Archivi della Chiesa di Francia»...
«È questione di metodologia storica: prima di usare una fonte documentaria dobbiamo saperne di più, specie sulla provenienza, la dizione "Archivi della Chiesa di Francia" è piuttosto vaga: dove si trovava, in quale faldone, se è protocollato, dattiloscritto, se ha una busta col destinatario. E, da quanto so, dal Centro generale degli archivi francesi non è uscito nulla di simile».
Non vorrà dirmi che dubita della sua autenticità formale?
«No. Potrebbe provenire dall'archivio di qualche diocesi francese. Infatti sto indagando, e alla fine delle mie ricerche farò il punto. Ma le ho appena avviate. Poi mi lasciano perplesse alcune cose: la lingua del testo, il Sant'Uffizio da Roma e il nunzio italiano futuro Papa che comunicano in francese, il carattere più di abbozzo informativo che di documento ufficiale. E poi un'informativa redatta da chi? Ma c'è anche il fatto dell'assenza di riferimenti concreti nelle agende sul contenuto».
Contenuto che comunque non cambia.
«Mi pare che il significato del battesimo per la Chiesa cattolica sia stato ben messo in evidenza in questi giorni. Se si è battezzati validamente si è incorporati nella Chiesa. A prescindere da tutto il resto, sangue, stirpe, religione. È stato fatto notare anche che le disposizioni dei vescovi francesi erano di non battezzare quelli che venivano accolti. Anche se è facile immaginare la difficoltà di comunicare a tutti queste disposizioni in quella temperie. È stato evidenziato che ci furono casi gestiti con delicatezza. Piuttosto non si è parlato di altre cose».
Ad esempio?
«Di tutto il lavoro delle varie agenzie ebraiche sioniste, volto a ottenere persone con l'idea di trasferirle in Palestina in vista del futuro Stato d'Israele, che ancora non esisteva. Della logica dietro questo progetto. E di altri casi taciuti: armeni, zingari... La questione è molto complessa. E tanti tasselli devono trovare posto nel mosaico. Inoltre andrebbero valutati anche ulteriori aspetti».
Quali?
«Se una famiglia aveva accolto dei piccoli formando ambienti calorosi, poteva anche essere disumano toglierli a questa e affidarli ad altri. Si parla di bambini: comunque altri sceglievano per loro. Chi conosce i casi singoli? I grandi, i maggiorenni (perché c'erano anche giovani con meno di ventuno anni), sceglievano con la massima libertà. Si doveva vedere caso per caso ogni singola richiesta».
Mi sembra concordi con alcune dichiarazioni già fatte da padre Blet.
«Certo, e sono d'accordo con lui anche sul fatto che queste polemiche sono alimentate con un fine preciso, quello di fermare la causa di beatificazione di Pio XII».
Padre Gumpel, ha letto le dichiarazioni di ieri dello storico Renato Moro al «Corriere» proprio sull'atteggiamento della Chiesa cattolica e di Pio XII alla luce di questa «querelle»? Le cito due brani : «È la conferma che nell'immediato dopoguerra la percezione del problema ebraico da parte della Chiesa, nelle sue grandi linee teologiche e culturali, non risulta modificata dall'esperienza della Shoah».
«È assurdo».
Continuo: «Certamente a Pio XII sfuggì la specificità dello sterminio razziale, che considerò in modo riduttivo come uno dei tanti orrori perpetrati in guerra».
«È totalmente assurdo, assolutamente assurdo».

Un atto d’accusa dello storico dopo la pubblicazione sul «Corriere» della direttiva vaticana che riguardava i bambini battezzati provenienti da famiglie israelite


Corriere della Sera 4.1.05
Goldhagen: papa Pacelli, perché non è santo
di DANIEL JONAH GOLDHAGEN
*

Immaginiamo che una persona salvi un bambino da una macchina in fiamme in una zona rurale, esponendosi a un certo rischio. I genitori sono morti. Lo definiremmo un eroe. Ma poi decide di tenere il bambino e di educarlo secondo il suo credo. Non informa le autorità. Quando i parenti del bambino, che lo cercano disperati, vengono a bussare alla sua porta, nega di sapere dove si trovi. La buona azione iniziale si trasforma in un crimine e questa persona in un rapitore. Ora è stato pubblicato sul Corriere della Sera un documento proveniente dagli archivi della Chiesa cattolica francese che mostra che papa Pio XII si comportò in maniera simile quando parenti e genitori ebrei, cercando affannosamente i loro figli, vennero a bussare alla sua porta. Nel 1946 il Vaticano inviò un documento al nunzio apostolico in Francia, Angelo Roncalli, futuro papa Giovanni XXIII, noto per la sua compassione verso gli ebrei e per la dedizione mostrata nel cercare di riunire i bambini ebrei, nascosti in istituti cattolici durante l’Olocausto, ai loro genitori, parenti o alle istituzioni ebraiche. Il documento ordinava a Roncalli di trattenere quei bambini: «I bambini che sono stati battezzati non possono essere affidati a istituzioni che non assicurerebbero loro un’educazione cristiana».
La ferma intenzione del Papa di non riconsegnare i figli ai loro genitori è inequivocabile: «Se i bambini sono stati affidati (alla Chiesa) dai genitori ed essi li rivogliono, possono essere loro restituiti, purché non siano stati battezzati. Si fa presente che questa decisione della Congregazione del Sant’Uffizio è stata approvata dal Santo Padre». Poiché la decisione di non restituire i bambini ebrei battezzati venne annunciata come una linea di condotta pontificia di carattere generale, ci sono buone ragioni per credere che fosse divulgata e applicata in tutt’Europa. I documenti su questo argomento restano celati negli archivi del Vaticano (come la copia dell’ordine a Roncalli) e di altre chiese nazionali.
Durante l’Olocausto migliaia di bambini ebrei trovarono rifugio in monasteri, conventi e scuole cattoliche, anche se per opera di Roncalli, non per ordine di quel papa antisemita. Furono messi in salvo da preti e suore eroici, che a volte battezzarono i bambini di cui si dovevano occupare. È noto che gli ebrei sopravvissuti o i loro parenti ed eredi ebbero spesso (anche se non sempre) difficoltà a riprendersi i figli. Si sospettava che la Chiesa si proponesse di rapire quei bambini ebrei in nome di Gesù. Una sopravvissuta ad Auschwitz, perseguitata perché ebrea, secondo Pio XII non doveva riavere il proprio figlio proprio perché ebrea.
Ora abbiamo la prova evidente: questo documento. Esso dimostra che era intenzione del Papa e della Chiesa portar via sistematicamente i bambini ebrei. E mostra quanto Pio XII fosse insensibile alle sofferenze degli ebrei. Venne così reiterata la persecuzione che avevano subito, privando i sopravvissuti all’inferno nazista, offesi fisicamente e spiritualmente, dei loro figli.
Il documento non sorprenderà chi conosce l’antisemitismo della Chiesa in quel periodo o lo sciagurato precedente di papa Pio IX, il rapimento nel 1858 di Edgardo Mortara, un bambino ebreo di sei anni, che produsse un moto di ripulsa e di protesta nei confronti della Chiesa in tutt’Europa. Ma questo documento rimuove il beneficio di cui Pio XII ha finora goduto: la possibilità, che per sessant’anni lui e la sua Chiesa hanno cercato di conservare, di negare plausibilmente molti crimini compiuti contro gli ebrei durante l’Olocausto da Pio XII, vescovi e sacerdoti.
Papa Pio XII si è reso colpevole di un crimine non restituendo i bambini ai genitori, parenti o custodi legali o spirituali. E con lui tutti i vescovi, preti e suore che si sono prestati a portar via i bambini ebrei. Nessuno è al di sopra della legge. Un leader religioso o un capo di governo che facesse una cosa simile oggi sarebbe messo in prigione (l’inquisitore, un sacerdote che rapì Edgardo per ordine di Pio IX, fu arrestato e imprigionato dalle autorità italiane)
In nome della religione, oggi e nel passato, si sono commessi molti delitti. Gli abiti religiosi non dovrebbero impedire che una persona venga chiamata con il suo nome. I recenti scandali su abusi sessuali commessi da preti ce l’hanno insegnato. Ci hanno anche insegnato che vi è necessità di trasparenza per questa Chiesa, tra le più reticenti, che ha abitualmente celato crimini e misfatti dei suoi esponenti. Se la Chiesa è l’istituzione morale che proclama di essere deve provvedere a rimediare ai suoi crimini.
Il Vaticano dovrebbe istituire una commissione di alto profilo, indipendente, composta da esperti internazionali indipendenti di storia, di questioni ecclesiastiche e giuridiche, guidata da una persona di grande statura internazionale, per stabilire quanti bambini ebrei siano stati rapiti dalla Chiesa in Europa. La commissione dovrebbe poter accedere a tutte le istituzioni ecclesiastiche, poter esaminare liberamente documenti e parlare con il personale ecclesiastico. Papa Giovanni Paolo II, che ha lavorato molto sotto vari aspetti per migliorare l’atteggiamento della Chiesa verso gli ebrei, dovrebbe ordinare pubblicamente a tutte le Chiese cattoliche europee di cooperare con i membri della commissione e compiere per proprio conto ricerche su ciò che è accaduto nelle loro parrocchie. Probabilmente la maggior parte dei documenti è facile da reperire. La Chiesa è un’istituzione che registra e conserva fedelmente soprattutto una cosa: il battesimo. Una volta identificate, le vittime ebree - o i loro parenti - dovrebbero essere ritrovate e ricevere una comunicazione ufficiale. La commissione dovrebbe anche pubblicare dei rapporti storici dettagliati sulla sua ricerca.
Se la Svizzera l’ha fatto, istituendo la Commissione Bergier per indagare sul furto dei beni degli ebrei durante la guerra (sono stati pubblicati ventisei volumi sull’argomento), e se l’Australia l’ha fatto per i bambini che il suo governo ha portato via agli aborigeni in quello stesso periodo, lo può fare anche la Chiesa cattolica per il furto dei bambini ebrei.
Il Vaticano dovrebbe por fine una volta per tutte a pretesti e reticenze che durano da decenni e aprire a studiosi e giornalisti gli archivi suoi e delle sue chiese nazionali relativi al periodo dell’Olocausto. Dovrebbe smettere di pretendere che l’unico suo errore sia stato non aver fatto di più per salvare gli ebrei e che il suo unico atto di pubblica contrizione possa consistere nel presentare deboli scuse. Sicuramente il documento che è venuto fuori non è la sola prova presente nei vasti archivi segreti della Chiesa. E non dovrebbe, a questo punto, la Chiesa impedire ai suoi seguaci di attaccare gli ebrei e altri che a buon diritto le chiedono di essere aperta e sincera sui suoi crimini passati e recenti?
Infine, la Chiesa dovrebbe cessare di perseguire la canonizzazione Pio XII. Pio XII fu alla testa di una Chiesa che diffuse un feroce antisemitismo proprio quando gli ebrei venivano sterminati. Che usò i suoi documenti per aiutare il regime nazista a stabilire chi era ebreo in modo da poterlo perseguitare. Che legittimò e partecipò alla deportazione ad Auschwitz degli ebrei slovacchi. E che continuò per più di un decennio dopo l’Olocausto a proclamare ufficialmente che tutti gli ebrei di tutti i tempi saranno sempre colpevoli per la morte di Cristo. Pio XII, ordinando ai suoi subordinati di portar via i bambini ai loro genitori, è divenuto uno dei più grandi rapitori, o presunti rapitori, dei tempi moderni, senza contare che è stato una persona priva di qualsiasi empatia umana nei confronti dei poveri genitori ebrei in cerca dei loro figli, dopo anni di sofferenza.
Il titolo del famoso libro di memorie di Primo Levi, che è anche una riflessione sulla natura umana, è Se questo è un uomo. Come possiamo non chiederci: «Se questo è un santo» e anche che genere di Chiesa è questa?

(Traduzione di Maria Sepa)
* © Daniel Jonah Goldhagen 2005 of Harward University’s Center for European Studies
è l’autore di «Una questione morale. La Chiesa cattolica e l’Olocausto», pubblicato in Italia nel 2003 da Mondadori