Corriere della Sera 26.2.05
Il governo fa marcia indietro sul codice di famiglia. Ma in caso di divorzio la casa non resterà più al marito
Alle algerine per sposarsi serve il tutore
Un parente maschio «certifica» le nozze. Protesta delle donne: «Il presidente cede agli integralisti»
Michele Farina
Lui, lei e l’altro. In Algeria per contrarre matrimonio si dovrà ancora essere in tre. La sposa sarà costretta a farsi accompagnare dal wali, il tutore. Di solito il padre o un fratello. Altrimenti il giudice stesso. Una «sposa dimezzata». Questo stabilisce la tanto annunciata «riforma» del codice di famiglia approvata in questi giorni dal governo di Algeri. Dopo mesi di ritardi e aperture, la stessa impronta datata 1984: donne sotto tutela. «Un gran recul», un grande passo indietro tuona dalle colonne del progressista Al Watan la presidente dell’«Associazione Sos donne in pericolo», Meriem Ballala. «Une reculade scandaleuse» attacca Soumia Salhi, sindacalista a capo della commissione delle donne lavoratrici (Ugta): «Continuano a negarci i diritti più elementari». Per la giurista Nadia Aït Zai si tratta «ancora una volta di un compromesso con gli islamisti, come al solito sulla pelle delle donne».
A «rinculare» è stato il presidente della Repubblica Abdelaziz Bouteflika. Nell’estate scorsa aveva promosso una riforma più coraggiosa, addio al wali e meno poligamia. Su questi punti hanno dato battaglia i gruppi islamisti-conservatori come il partito El Islah e l’Msp, appoggiati da frange del Fronte di liberazione nazionale da sempre al governo. Hanno vinto loro. Per Le quotidien d’Oran più che di riforma si tratta di «cosmesi»». La Tribune parla di «compromesso tra Bouteflika e i gruppi islamisti», che avrebbero dato via libera al governo in cambio del ritiro delle proposte più «avanzate». El Moudjahid, quotidiano governativo, saluta invece «i progressi» fatti nella «promozione della famiglia» e «nella condizione delle donne».
Tradimento, gridano le femministe. Loro che chiedevano l’abrogazione in toto del codice di famiglia («il codice dell’infamia») ritenendo sufficiente basare la legge sull’articolo 29 della Costituzione, che stabilisce l’uguaglianza dei sessi. Sulla carta. Perché nella società, soprattutto nelle campagne, la preminenza dell’uomo è accettata come frutto della consuetudine e della sharia, la legge islamica. Puntando su una impossibile abrogazione, forse le femministe di città hanno perso la battaglia della mobilitazione popolare, se è vero che i gruppi islamici nei mesi scorsi hanno raccolto un milione di firme di donne che chiedevano un referendum per mantenere il «tutore matrimoniale».
Hanno vinto loro. Hanno vinto i gruppi islamisti, l’Algeria profonda e maschilista. Esulta Abdul Shaiban, a capo dell’Associazione dei capi religiosi: «Il governo ora è sul giusto cammino, sulle orme degli antenati». Anche il partito della minoranza sciita è d’accordo. Unità religiosa sulla pelle delle donne? Le concessioni del governo agli islamisti, sostiene la giurista Aït Zai, non esclude «alcuni piccoli passi avanti». Il più grande riguarda le donne divorziate, che in Algeria vengono buttate sulla strada con i loro figli. La legge in vigore prevede infatti che sia l’uomo a mantenere il domicilio. Con la riforma (appoggiata anche dagli islamisti) il marito dovrà dare una casa ai figli minori, la cui cura è affidata alla madre. «Ma su questo punto», accusa la sociologa Dalila Iamarene su Le monde, la legge non è chiara. «I figli diventeranno moneta di scambio: i mariti cercheranno di ottenerne l’affidamento per mantenere la casa».
All’ombra del wali, restano disuguaglianze di sostanza: le donne potranno chiedere il divorzio in casi particolari (massima libertà invece per gli uomini): impotenza del marito, abbandono immotivato del tetto coniugale per un anno. Un lui musulmano può sposare un’«infedele», una lei no. Immutata la questione dell’eredità (ai figli maschi il doppio che alle femmine). E la poligamia? Legge invariata: ammessa, fino a 4 mogli, che davanti a un giudice dovranno provare di essere d’accordo.
«Un gran recul». Bouteflika vuole chiudere definitivamente l’epoca della guerra civile degli anni ’90, quando l’Algeria sotto la lama degli integralisti (e la guerra sporca dei militari) perse 150 mila persone. Il presidente proporrà un referendum per l’amnistia di terroristi e militari accusati di crimini. E perciò ha bisogno di un largo consenso politico. Perché rischiare di perderlo abolendo il «tutore matrimoniale»?
Liberazione 26.2.05
«Le algerine, dopo l'indipendenza tradite due volte»
Intervista a Feriel Lalami, femminista e intellettuale maghrebina
dell'associazione Apel
La lotta per l'emancipazione in Algeria,
dove la donna è un essere inferiore per legge
Lu. Ma.
Feriel Lalami, intellettuale, algerina, membra del collettivo di donne "20 anni sono abbastanza" e dell'associazione Apel. Ieri il governo ha fatto marcia indietro rispetto all'idea di eliminare la figura del wali, il responsabile maschile delle donne nell'ambito dei contratti matrimoniali. Un arretramento rispetto a una proposta di riforma del Codice che i movimenti di donne già giudicavano insufficiente.
Le donne algerine sono state protagoniste negli anni della lotta per l'indipendenza. Come è possibile che il Codice della famiglia di una nazione considerata per anni un esempio di progressismo nel mondo arabo sia così retrogrado?
E' vero, le donne hanno fatto la loro parte, sotto diverse forme, nella lotta di liberazione. Ma durante questa lotta, che è stata estremamente difficile perché il popolo algerino ha dovuto affrontare una potenza militare, le donne non hanno mai posto specificatamente la questione del loro diritto una volta che il paese fosse stato libero. Per loro era evidente che l'indipendenza avrebbe significato automaticamente libertà e eguaglianza per tutti. Non è stato così. Le lotte politiche tra clan del giovanissimo potere algerino si sono esacerbate nel momento dell'indipendenza e, per quello che riguarda le donne, la società algerina che era in prevalenza rurale si è attaccata ai valori tradizionalisti. Il potere algerino non ha mai voluto adottare una legislazione apertamente egualitaria per quel che riguarda la famiglia, malgrado le richieste delle donne. Poi, nel 1984 si è arrivati all'attuale codice che mostra la concezione che i dirigenti hanno del posto delle donne nella famiglia: un essere inferiore dominato da suo marito.
Come è nata e che obiettivi ha la vostra associazione, Apel?
Apel (http: //famalgeriennes. free. fr) è nata dalla volontà di far conoscere in Francia le lotte delle donne algerine e di attivare la solidarietà tra donne delle due rive del Mediterraneo. Poi abbiamo constatato che il codice algerino ha delle conseguenze su donne e bambini algerini che risiedono in Francia. L'obiettivo dell'associazione è informare sui pericoli di questo codice. Il Collettivo 20 anni Barakat è invece un insieme di associazioni, nato nel 2004 per farne l'anno di denuncia pubblica del codice.
Come avete reagito dopo le ultime proposte di riforma del Presidente Bouteflika?
Sono un insulto alla realtà delle algerine e alle rivendicazioni delle donne. Sono del tutto insufficienti. Le nostre richieste sono chiare: l'abrogazione del codice della famiglia e la promulgazione di leggi egualitarie. Rifiutare l'eguaglianza tra i cittadini significa rifiutare la costruzione di uno stato di diritto. Perché gli emendamenti abbiano un senso come minimo dovrebbero proibire la poligamia, sopprimere il tutore matrimoniale, istituire l'autorità genitoriale per madre e padre, istituire l'uguaglianza in materia di divorzio.
A che punto è la diffusione delle vostre idee tra le donne algerine?
Il nostro lavoro è molto difficile perché in Algeria le associazioni di donne hanno pochi mezzi e i grandi media, come la tv, sono agli ordini del potere e non diffondono dibattiti su questi temi. Non bisogna dimenticare inoltre che l'Algeria esce da un periodo di terrore che ha ostacolato non solo le attività, ma le idee di democrazia e eguaglianza. In ogni caso le nostre idee sono diffuse soprattutto in città.
In questo quadro qual'è il ruolo degli integralisti islamici?
Ci sono due partiti islamici legali sulla scena politica. Sono rappresentati all'assemblea nazionale e uno ha dei rappresentanti al governo. Alle ultime elezioni presidenziali questo partito ha invitato a votare per Bouteflika. Servono al potere algerino a dimostrare che non sono "empi e miscredenti" e che sono capaci di gestire queste correnti politiche. Per quanto riguarda la questione del codice di famiglia, quando le proposte di emendamento sono state presentate, gli islamisti le hanno denunciate come troppo avanzate, questo permette al potere di pretendersi democratico grazie proprio al contrasto con gli islamici.
«SEGNALAZIONI» è il titolo della testata indipendente di Fulvio Iannaco che - registrata già nel 2001 - ha ormai compiuto il diciottesimo anno della propria continua ricerca e resistenza.
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