martedì 15 febbraio 2005

oggi anche L'Unità e il manifesto sui minori rinchiusi nel manicomio criminale

L'Unità 15 Febbraio 2005
Mantova, per i minori manicomio criminale
Durissime proteste per l’iniziativa del ministero della Giustizia. Psichiatria democratica: «Sconvolgente». I ds: un gruppo di parlamentari entri subito nella struttura
Roberto Monteforte

ROMA Minorenni con difficoltà psichiche rinchiusi in un Ospedale psichiatrico giudiziario a Castiglione delle Stiviere (Mantova): la «sperimentazione» del ministero della Giustizia interesserebbe una decina di giovani condannati e segnalati dai centri di giustizia minorile.
Tutto deciso in gran silenzio. Visto che la legge proibisce espressamente che minori possano essere rinchiusi in manicomi giudiziari. Sono stati gli operatori a lanciare l’allarme al Forum per la salute mentale, rilanciato dalla parlamentare di Rifondazione, Tiziana Valpiana, che ha chiesto immediatamente spiegazioni al ministero della Salute, visto la gestione del centro è affidata dal ministero di Grazia e Giustizia in concessione alla Asl di Mantova.
Il governo, per bocca del sottosegretario Stefano Cursi, ha assicurato che il reparto per i minori è collocato in un’ala separata, «garantendo così la non commistione con gli adulti per tutte le fasi del processo terapeutico». Contatti, però, con gli adulti vengono ammessi. Si parla di «circolazione negli spazi comuni» e di «partecipazione alle attività». La replica della Valpiana è stata secca: «Si tratta di una soluzione inaccettabile e indegna di un paese civile, che non può rinchiudere minori in un ospedale psichiatrico giudiziario. È una collocazione assolutamente inadatta ai minori e tale da precludere ogni speranza di recupero e reinserimento sociale, considerato che i minori, anche quando sono autori di reato e di difficile gestione, hanno bisogno di essere sostenuti all'interno di strutture adeguate».
Ci vuole vedere chiaro anche il Parlamento. La presidente del comitato sulla Giustizia minorile della commissione Giustizia, Marcella Lucidi (Ds), ha chiesto di mettere all’ordine del giorno una visita immediata all’ospedale giudiziario di Castiglione delle Stiviere. Troppe le cose, leggi alla mano, che non quadrano. Domani si saprà se e quando la visita si terrà. Quello che è certa è la condanna per questa «sperimentazione» del mondo scientifico e degli operatori.
«È una decisione assolutamente sconvolgente» stigmatizza il presidente nazionale di Psichiatria democratica, Rocco Canova. «Si è fatto tutto in grande silenzio» commenta. «Si pensa a strutture speciali per minori degli ospedali psichiatrici collocati addirittura all’interno di un “manicomio criminale”. Il governo parla di spazi separati, ma - spiega Canova - sappiamo bene che questo aumenta enormemente il pregiudizio da parte dell’opinione pubblica nei confronti di questi ragazzi che sono in difficoltà, che devono essere aiutati a superare la loro condizione e non essere segregati». Invece si sceglie la via repressiva: «Quando di peggio si possa immaginare: ospedale psichiatrico e carcere insieme». Vi è anche una critica «tecnica». «Le situazioni di minori con diagnosi psichiatrica o antisociale - spiega Canova - non vanno ghettizzate in strutture specifiche, bensì in comunità che abbiano il più possibile una situazione di accoglienza e che non siano esclusivamente rivolte a ragazzi con problemi psichiatrici». Diffida delle comunità iperspecialistiche: «Sono contro ogni idea di emancipazione e di recupero educativo del giovane. Si vogliono raggruppare insieme tutti i cosiddetti “matti”, minori antisociali o tossicodipendenti: è ciò che di peggio si possa pensare». E poi, ricorda, si può parlare di personalità antisociale per un adulto, ma per un minore è sbagliato. «Quella del minore è una situazione di evoluzione psicologica. Non possiamo ingessarlo in una diagnosi. Le difficoltà dei ragazzi non vanno etichettate, ma capite». La sua conclusione? «La diagnosi psichiatrica viene enfatizzata per legittimare la segregazione in un ospedale psichiatrico giudiziario». «Si sono rilanciati i luoghi della segregazione per chi può dare fastidio, per il diverso o l’immigrato. Questo è il dato culturale e politico inquietante: trovare un posto dove segregare le persone che possono dare fastidio. È indegno per uno Stato civile».
Il presidente della Consulta penitenziaria e del Piano carceri per il comune di Roma, Lillo Di Mauro, assicura che gli «ospiti» a Castiglione delle Stiviere sono minori «messi alla prova» dai giudici e non reclusi. Sarebbero dovuti essere affidati alle comunità esterne al carcere e inseriti in progetti per il loro recupero e inserimento. E invece sono finiti in un manicomio criminale. «Qualcosa non funziona nel rapporto di questo governo con i giovani. Il ministro Castelli si è accanito contro la giustizia minorile del nostro paese, una delle più innovative in Europa. Vuole sbattere in galera anche i minori. Taglia i finanziamenti necessari alla giustizia minorile». Cita la situazione di Roma dove il Centro per la giustizia minorile è riuscito a pagare sino al marzo 2004 gli stipendi degli operatori delle comunità di accoglienza e di recupero alternative al carcere. «Ora rischiano tutte di chiudere e i minori di finire in galera - commenta Di Mauro -. Così nei fatti Castelli impone il suo modello che il Parlamento gli ha bloccato».
«Quella che manca è l’idea di una salute mentale di comunità» commenta lo psichiatra Emilio Lupo, segretario di Psichiatria democratica. Emerge un modello repressivo. «Il problema è quello di uno sviluppo di una salute mentale e non quello di “contenere” le persone. Più che togliere problemi agli altri il compito è quello di farsi carico del disagio in tutte le sue forme con il concorrere di saperi e conoscenze diverse».

il manifesto 15.2.05
Minori nel carcere psichiatrico
Sezione ad hoc a Mantova. «Misura ottocentesca». Sirchia sorvola
MATTEO MODER

Incredulità da una parte, difese d'ufficio dall'altra. Queste le reazioni alla notizia, rilanciata ieri in prima pagina da Repubblica dell'apertura di una sezione per i minori (soprattutto stranieri) nell'ospedale psichiatrico giudiziario di Castiglione delle Stiviere (Mantova). Alessandra Cattel, avvocato e membro della Camera minorile di Roma, si è detta scioccata: non è concepibile che i minori siano rinchiusi in una struttura mista, dove cioè sono presenti anche adulti, e il fatto che ci sia una separazione tra i reparti non è una garanzia sufficiente». Cattel ha ricordato che una struttura di questo tipo sicuramente non è prevista dalla legge e ha detto che se fosse stata legale «ci sarebbero probabilmente finiti Erika e Omar, i fidanzatini assassini di Novi Ligure». Cattel ha rilevato che il principio fondamentale, nella giustizia minorile, è che «il ragazzo che commette un reato venga tolto dal circuito penale. Per questo si privilegiano le misure alternative al carcere, come l'affidamento ai servizi sociali o alle comunità». Il manicomio criminale quindi non è la soluzione. Il ministro per la salute, Girolamo Sirchia, al quale la deputata Tiziana Valpiana aveva presentato un'interrogazione denunciando così per prima la presenza di minori in un manicomio criminale, cade dalle nuvole. «Sono cose che vanno prima capite e misurate, poi valutate» ha detto. «Noi non siamo un carcere ma una struttura sanitaria che cura i propri pazienti, sia adulti che giovani» - ha esordito, sicuro, Antonino Calogero, direttore dell'ospedale psichiatrico giudiziario e della comunità psichiatrica protetta per minori di Castiglione delle Siviere. Si è detto stupito dello stupore, «e della faziosità» delle reazioni al reparto per minori ricavato accanto a quello femminile. «Valpiana - ha detto Peppe Dell'Acqua, tra i fondatori del Forum nazionale per la salute mentale, svoltosi in dicembre a Lido di Camaiore, dove questo fatto fu denunciato - aveva definito la vicenda `una soluzione inaccettabile e indegna di un paese civile'. Sottoscrivo in pieno. E' la prima volta dopo 40-50 anni - ha aggiunto - che si ritorna a costruire un istituto per minori, che abbiano la caratteristica del disturbo mentale e della devianza. Siamo nella peggiore delle tradizioni ottocentesche».

Com'è quel manicomio nella descrizone di un altro quotidiano:

La Provincia di Como 15.2.05
Il viaggio Nell'ex manicomio psichiatrico di Castiglione con il direttore: «700 uscite premio per 170 assassini malati di mente» Il nuovo carcere della Caleffi: tra l'atelier, il bar e la piscina
Anna Savini


I pazienti fanno jogging nel parco, nuotano in piscina, dipingono nell'atelier, bevono il cappuccino al bar o ordinano la pizza, vanno dal parrucchiere gratis, giocano a bocce con il sindaco e la gente di Mantova. Se fanno i bravi escono spesso in permesso premio, magari anche due volte al giorno. Piccolo particolare: hanno sparato, strozzato, defenestrato, massacrato, lapidato, iniettato aria nelle vene, accoltellato, ferito, ucciso e magari anche fatto a pezzi i corpi di figli o genitori, bambini piccoli o anziani, sorelle o amanti, mariti o sconosciuti. Però erano infermi mentali. Quindi non devono stare in carcere. Devono curare i loro problemi psichiatrici. Ed è questo che fanno, lontano da casa, protetti dalle mura di un posto che assomiglia a una beauty farm. Benvenuti all'ospedale psichiatrico giudiziario, ex manicomio criminale, di Castiglione delle Stiviere, dove un paziente su due è del centro nord perché sette delitti della follia su 10 avvengono lì. Immerso nel verde di una collina, stanze a due o quattro letti, nessuna guardia carceraria in giro, ma assistenza continua di 210 tra infermieri, educatori, assistenti, psichiatri, psicologi, medici. Benvenuti nella nuova casa di Sonya Caleffi e della giovane mamma di Caccivio che accoltellò la figlioletta di tre anni sull'altare della chiesa. La casa di Ferdinando Caretta che massacrò i genitori e il fratello, la fece franca, scappò a Londra salvo poi confessare la verità dieci anni dopo. La casa di 14 mamme (ma adesso ce ne sono dieci) che si sono disfate dei loro neonati come se fossero sacchetti della spazzatura. L'infermiera di Tavernerio è andata a vivere qui e avrà diritto allo stesso trattamento confortevole di tutti gli altri. In una stanza doppia, non si sa ancora con quale compagna autrice di quale delitto, ha già ricevuto la visita del convivente Gianmarco Belloni. Nella saletta comune con gli altri pazienti, sorvegliati solo da un addetto. «La prassi comune - spiega il direttore Antonino Calogero -. I nostri pazienti, che al momento sono 170 possono incontrare i parenti se sono autorizzati, ma noi li portiamo anche spesso fuori, per esempio in una piscina coperta a fare idroterapia. Abbiamo 700 uscite permesso all'anno, ma chi scappa è una minoranza. Anzi, direi che questo problema si verifica davvero raramente». Non vogliono scappare i pazienti. Si scappa da dove non si sta bene e a Castiglione, nell'Opg fondato nel 1939 e forse a rischio chiusura per i costi altissimi che il direttore non vuole svelare («la spesa maggiore è il personale, ma capirà che con il tipo di pazienti che abbiamo è necessario»), si sta benissimo. «I pazienti dormono fino alle otto del mattino, fanno colazione, c'è la terapia farmacologica e le attività previste per il recupero. La nostra struttura è convenzionata con il ministero della salute ma a differenza degli altri cinque che ci sono in Italia ha personale sanitario proprio. C'è anche un reparto per minori («autorizzato dal dipartimento minori del ministero di Giustizia») con personale a sè. «Di solito i pazienti hanno un percorso di cura decennale ma in genere dopo cinque, sei anni possono uscire. Solo che noi li dimettiamo soltanto se abbiamo attivato una convenzione con le comunità o con i servizi Asl perchè sono pazienti che hanno sempre bisogno di assistenza. All'origine dei reati che hanno commesso ci sono malattie mentali, depressioni maggiori e il nostro compito è quello di ricostruire il quadro psichico di ogni persona».