martedì 15 febbraio 2005

una segnalazione di Gianluca Cangemi

Repubblica 15.2.05

L'analista è morto a Roma
I DUE VOLTI DI CAROTENUTO
LUCIANA SICA

Con Aldo Carotenuto - stroncato da una crisi cardiaca all'età di settantadue anni - scompare uno dei protagonisti "storici" della cultura junghiana. Allievo del grande ed eccentrico Ernst Bernhard (il terapeuta di Fellini e della Ginzburg), studioso di fama internazionale, professore di Teorie della personalità alla Sapienza di Roma, Carotenuto è stato l'analista più chiacchierato di questo Paese, il più famoso e il più invidiato, il più amato e il più odiato.
I suoi detrattori - molto astiosi - parlavano di lui come dell'Alberoni della psicoanalisi italiana: per la sua tendenza che si è andata accentuando negli anni a pubblicare libri poco rigorosi, troppo "facili" e inclini al rosa. Gli amici, gli allievi, e soprattutto i pazienti - spesso di gran nome, come ad esempio Fernanda Pivano - lo hanno invece sempre difeso pubblicamente, lo hanno considerato piuttosto un uomo fragile e narcisista, magari infantilmente bisognoso di essere amato, comunque un intellettuale di grande generosità umana e professionale, e per certi versi geniale.
Una decina d'anni fa, il gran circo mediatico entrò in fibrillazione per un "incidente" indubbiamente solleticante - la denuncia di un'ex paziente sedotta e abbandonata, seguita dall'uscita del temibile dongiovanni dall'Associazione italiana di psicologia analitica (l'Aipa). Ma alla fine non è per questo episodio che si ricorderà Carotenuto: la pericolosa confusione tra stanza d´analisi e stanza da letto, i "transfert erotici" sono casi ricorrenti nel mondo dell'inconscio e hanno travolto diversi illustri custodi del sapere junghiano e freudiano, magari con meno clamore.
È invece la capacità di lasciare un segno originale che è decisamente più rara, e Carotenuto rimarrà come lo studioso che ha "scoperto" un capitolo illuminante della storia della psicoanalisi, ricostruendo per la prima volta il triangolo - non solo intellettuale - che ha avuto per protagonisti Jung, Freud e la meno nota Sabina Spielrein: il suo Diario di una segreta simmetria, pubblicato da Astrolabio nel 1980, è un libro fondamentale sul piano scientifico, non a caso tradotto anche in giapponese.
Quando, un paio di anni fa, fece la sua comparsa il film di Roberto Faenza - Prendimi l'anima - dedicato alla figura della Spielrein, ebrea russa bella e psicotica, paziente e poi amante di Jung, più tardi devotissima a Freud, comunque a lungo schiacciata dalla personalità dei due giganti, Carotenuto ne fu davvero molto ferito, disse di sentirsi "derubato", si dolse di essere stato citato solo nei titoli di coda: un po' troppo en passant, effettivamente.
Analista controverso ma coltissimo, appassionato della creatività umana e del suo rapporto con la malattia, Carotenuto ha dedicato molti dei suoi studi a scrittori come Pasolini, Kafka, Dostoevskij, Shakespeare, Bousquet. Una volta accantonati i pettegolezzi e le battute - quelle sì, troppo "facili" - bisognerà pienamente riconoscere il suo ruolo nel grande teatro della psicoanalisi, frequentato spesso da mediocri ragionieri dell'anima.
«Bisogna distinguere tra la produzione saggistica di Carotenuto e la sua personalità che conteneva elementi oscuri, come del resto si potrebbe dire per ogni individuo»: Mario Trevi, il grande autorevolissimo vecchio dello junghismo italiano, riconosce l'«importanza» di molti libri di Carotenuto, magari quelli meno celebri. Opere che hanno affrontato il pensiero asistematico e contraddittorio del maestro svizzero (Senso e contenuto della psicologia analitica, Bollati Boringhieri; Jung e la cultura italiana, Astrolabio), lo sviluppo psichico femminile (La scala che scende nell'acqua, Bollati Boringhieri), le tesi di Neumann sullo sviluppo della coscienza maschile (Il labirinto verticale, Astrolabio) fino al Trattato di psicologia della personalità (Cortina) e alla direzione per la Utet dei due volumi del Trattato di psicologia analitica.
I funerali di Aldo Carotenuto si terranno alle undici di questa mattina, a Roma, nella basilica di Santa Maria in Trastevere.

Cancrini (se può interessare) ne parla così:

Il Messaggero 15.2.05
Morto Aldo Carotenuto, psicoanalista dei sentimenti
Una vita per capire l’amore
di LUIGI CANCRINI

Quando qualcuno mi dice che Aldo Carotenuto ci ha lasciato mi rendo conto all’improvviso del contrasto che c’è fra il modo naturale con cui le cose che ha scritto fanno parte del mio mondo interno, del mio modo di ragionare e lavorare e la povertà complessiva degli scambi avuti direttamente con lui in questi anni. Come se quello che oggi se ne va fosse stato, per quello che ne so non soltanto con me, un uomo schivo, poco a suo agio nel gioco complesso delle relazioni interpersonali e sicuro di sé, invece, coraggioso e vitale solo nelle situazioni di studio e di lavoro. Situazioni da cui Aldo Carotenuto ha saputo come pochi altri, credo, utilizzare con tanta intelligenza le strade dello studio scientifico e del libro divulgativo, dell’articolo di giornale e dell’intervista televisiva nella battaglia più importante sua e di tanti di noi: quella centrata sul tentativo di proporre, in controtendenza con una cultura del riduzionismo teorico e della semplificazione grossolana di tutti i messaggi, la necessità di portare rispetto alla complessità estrema e spesso contraddittoria dei comportamenti umani e il contributo che possono dare, in questa direzione, le esperienze legate alla psicanalisi di Freud, alla psicologia analitica di Jung e la pratica moderna della psicoterapia.
Un esempio significativo di questo modo di muoversi da parte di Carotenuto è quello legato al Diario di una segreta simmetria: Sabina Spielrein fra Jung e Freud pubblicato nel 1980. Venuto in possesso del diario di Sabrina Spielrein e di un carteggio inedito fra tre personaggi chiave di una storia ancora in gran parte oscurata dalla necessità di salvare il mito relativo ai fondatori della psicoanalisi dalla conoscenza dei loro momenti di debolezza (una consegna seguita attentamente dai primi biografi di Freud e di Jung), Carotenuto decide prima di tutto di pubblicarli integralmente. «Velare pudicamente, nella figura di un grande alcuni aspetti sconcertanti scrive Carotenuto significa in definitiva non avere fiducia nel suo valore... quanti uomini sono stati influenzati da Freud e da Jung? Quanti si riconoscono in loro ragionando e studiando? Ebbene, a questo punto, qualsiasi informazione che possa rischiarare meglio il loro contributo alla scienza va conosciuta e fatto conoscere».
Il quadro che emerge da questa lettura del diario e delle lettere è, in effetti, un quadro sconvolgente per chi nei miti aveva creduto. Jung si trovò coinvolto in un rapporto affettivo complesso con una paziente bella, intelligente e sensibile. La curò ottenendo un miglioramento importante della sua sintomatologia e permettendo ad una “bambina inferma” di trasformarsi in una donna forte, capace di vivere la propria vita. Il prezzo pagato in quella occasione a questo lavoro di terapia, però, fu lo sviluppo di una storia di “amore psicoanalitico” destinato ad incidere profondamente e dolorosamente nella vita di tutti e due. Furono i turbamenti legati alla loro vicenda affettiva a spingerli verso Freud di cui ambedue cercarono il consiglio e l’aiuto. «Poiché però l’amicizia tra Freud e Jung si stava già guastando Sabina si trovò in mezzo a una situazione molto complessa di amore e di odio che vide i tre protagonisti dibattersi e perfino dilaniarsi, coinvolti all’interno di una vicenda profondamente umana». Una vicenda che nulla toglie, ovviamente, alla validità e alla vitalità dei contributi scientifici proposti da Freud e da Jung e che ci permette di inquadrarli, però, all’interno della fatica straordinaria, della inquietudine e della incertezza da cui questi contributi erano nati. Permettendoci di incontrare l’uomo che si nascondeva dietro il mito del fondatore o del maestro. Facendoci sentire meno sperduti e meno soli in quella continua e inquieta ricerca di una verità sempre sfuggente, sempre relativa, sempre e soltanto individuale su cui si basa, allora come oggi, ogni tentativo di fare psicoterapia. Aiutandoci a capire, soprattutto, che nessuno di noi sarà mai, sennò nel momento pericolosissimo del delirio, «il terapeuta perfetto, infallibile, che persegue sempre il bene del paziente: senza mai lasciarsi tentare dal desiderio di guarire una ferita personale o di soddisfare un proprio desiderio».
Tratto da La nostalgia della memoria , un libro di molti anni dopo, quest’ultima citazione mi aiuta a riproporre due questioni centrali nella vita e nell’opera di Aldo Carotenuto. L’insegnamento rivolto ai terapeuti sulla necessità di sentire fino in fondo la precarietà, a volte insostenibile, di un lavoro in cui si deve avere il coraggio di mettersi continuamente in questione e quello rivolto a un pubblico più ampio sull’idea per cui la vera saggezza non è mai quella di chi crede di sapere molto ma quella di chi sa di sapere troppo poco, di se stesso e degli altri, per pronunciare un qualsiasi tipo di giudizio definitivo. La verità psicologica, suggerisce Carotenuto, è sempre e solo quella che si trova insieme, nel corso di un incontro riuscito ed è questo, per me, il ricordo più bello che possiamo avere di lui: quello di un uomo capace di trarre, dalla percezione dolorosa del proprio limite, il desiderio di insegnarne la necessità e la invalicabilità. Insegnando al tempo stesso che l’uomo è davvero se stesso soltanto nel momento dell’incontro con l’altro.