giovedì 3 febbraio 2005

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repubblica.it/supplementi/salute 3 gennaio 2005
Depressione, serve una diagnosi precoce
Convegno a Roma su "trattamento e servizio pubblico": come creare una rete di pronto intervento
di Anna Rita Cillis


Il buio dell'anima, il male oscuro; modi di dire per siglare la depressione. Un disturbo più diffuso di quanto si pensi e più nascosto di quanto si creda. Nel nostro Paese circa 5 milioni di persone sono strette nella rete di questa malattia che lungo il suo cammino, se non accuratamente individuata e prontamente curata, trascina lentamente verso il basso. "E' una malattia invalidante: molti perdono la voglia di vivere prima e poi gli amici, il lavoro, una situazione che porta anche a un impoverimento economico e a farne le spese sono spesso i meno abbienti", spiega lo psichiatra Antonio Picano, responsabile dell'ambulatorio depressione e malattie correlate dell'Ospedale San Camillo di Roma e presidente dell'associazione Strade Onlus (www.strade-onlus.it), una realtà senza scopo di lucro organizzatrice del convegno Trattamento della depressione e servizio pubblico.
Un appuntamento che si è tenuto a Roma recentemente e che ha evidenziato, tra le altre cose, come una diagnosi precoce possa riportare serenità nella vita di molti.
Un compito, secondo lo psichiatra che dovrebbero assolvere le strutture sanitarie pubbliche. In Italia due depressi su tre non sanno di esserlo e quindi non accedono ad alcun tipo di cura. Ma spesso finiscono nelle sale dei pronto soccorso dove, dopo una visita (i sintomi lamentati vanno dai dolori al torace e alla schiena, all'ansia, al battito accelerato del cuore fino a quelli di tipo gastrointestimale) vengono rimandati a casa. E il calvario, passati pochi giorni, ricomincia di nuovo. Ed è qui che Strade Onlus chiede che l'intervento dei servizi pubblici venga trasformato in direzione della depressione grazie a un rete che metta in contatto medici del pronto soccorso con strutture adeguate .
"Il 12 per cento dei pazienti visitati al pronto soccorso del San Camillo e rimandati a casa", spiega Picano "dovrebbe essere valutato subito per escludere o confermare qualsiasi forma depressiva". Ma spesso a non rivolgersi al servizio nazionale sono proprio i malati. Su 400mila pazienti presi in carico dai servizi pubblici, 130mila sono depressi, il resto ha altri disturbi psichici.
E a rafforzare il credo del dottor Picano ci sono anche le analisi del professor Luca Pani, dirigente ricerca Cnr Cagliari.
"Riconoscere e curare precocemente la depressione è indispensabile", racconta Pani, "recenti ricerche hanno provato il rischio di modificazioni cerebrali potenzialmente irreversibili se l'intervento non è tempestivo, le strutture pubbliche non possono restare inattive di fronte a questa emergenza sociale".
E la "ricetta" per i partecipanti al convegno è semplice: una rete di servizi pubblici, farmaci nelle giuste dosi, quando necessario una psicoterapia, e attività fisica.

Strategie per il disturbo bipolare
Umore "up and down": la terapia con il litio non basta


La tendenza è un esordio, fino a qualche anno fa caratteristico dell'età giovanile, anticipato agli anni dell'adolescenza (10%). Con fasi alterne di "alti" e "bassi" e ricadute che punteggiano la vita di chi è affetto da sindrome maniaco-depressiva, patologia che tra qualche anno rappresenterà la prima causa di invalidità civile nel mondo occidentale come già accade in Finlandia.
Disturbo cosiddetto "bipolare" che nella forma maniacale, di ipereccitazione colpisce l'1,5% della popolazione e il 6-10% nella forma depressiva. Disturbo che sembra prediligere le persone vitali e piene di energia e del quale oggi si conoscono le molteplici sfaccettature tanto che la psichiatria anglosassone ha coniato il termine "spettro bipolare" che include forme leggere a guarigione spontanea fino a quelle gravissime, invalidanti e malcurate che sono purtroppo la maggioranza. "Nonostante i progressi in campo farmacologico, molti di questi malati anche quelli che curiamo continuano a star male", afferma il neuropsichiatra Athanasio Koukoupulos del Centro Bini di Roma, "infatti, il 20% dei pazienti va incontro a ricadute, un altro 20% sta sempre male".
Gli psichiatri s'interrogano sui fallimenti terapeutici del malato bipolare. Il litio resta il farmaco d'elezione ma non basta. "E' la strategia complessiva che andrebbe cambiata", spiega ancora Koukoupulos "spesso con le cure si cerca di far uscire la persona dalla fase depressiva e a volte la tiriamo troppo su senza considerare che alla fase di eccitazione segue sempre una fase depressiva. La terapia invece dovrebbe avere l'obiettivo di stabilizzare l'umore o tentare di stabilizzare. Inoltre i malati si autoconvincono che non guariranno mai e questo ovviamente non favorisce la ripresa. In questi casi i farmaci non bastano, è indispensabile un costante dialogo".

Yahoo!Salute giovedì 3 febbraio 2005,
La depressione influenza le cure contro l'epatite
Il Pensiero Scientifico Editore


La depressione è alleata dell’epatite C perché rende molto meno efficaci le cure contro questa malattia. Lo sostiene uno studio pubblicato sulla rivista Brain, Behavior and Immunity. Secondo le ricerche condotte dal Dipartimento di psichiatria e scienze comportamentali dell'Emory University School of Medicine, il trattamento anti-epatite C in pazienti che sviluppano forme di depressione era significativamente meno efficace nell'eliminare il virus dal sangue a sei mesi dal trattamento.
L'epatite C è una malattia virale che contagia dai tre ai cinque milioni di persone solo in America ed è la più importante causa di trapianto di fegato. L’infezione infatti porta a una malattia cronica che alla lunga può danneggiare irrimediabilmente l’organo. La cura per questa patologia epatica, a base di interferone-alfa-2b e ribavirina, ha una percentuale di successo che solitamente si aggira intorno al 40-50 per cento. Sfortunatamente, tuttavia, l'interferone alfa e la ribavirina sono responsabili di un'alta percentuale di effetti collaterali a livello psichico, che da tempo erano stati individuati come un impedimento al buon esito della cura.
Sinora però si riteneva che il fallimento dei farmaci fosse imputabile al peggioramento generale della qualità della vita del paziente in depressione. Molti esperti pensavano cioè che il malato, depresso, fosse più incline a smettere di assumere le medicine e che la scarsa aderenza alle terapie rendesse impossibile la guarigione. I nuovi risultati però, secondo l’autore dello studio Steven Douglas, suggeriscono invece che il problema non sta nell’aderenza alle cure: anche quando un paziente depresso si sottopone regolarmente alle cure, la sua probabilità di guarigione è di gran lunga inferiore a quella di un paziente non depresso. Nella ricerca gli esperti hanno preso in esame 103 casi di pazienti che ricevevano interferone-alfa-2b e ribavirina. Tutti i pazienti sono stati sottoposti a indagini psichiatriche, prima, durante e dopo la cura e gli esperti si sono assicurati che tutti assumessero le medicine.
Così è emerso che, mentre solo il 34 per cento dei pazienti che hanno manifestato segni depressivi evidenti è guarito, il 59-69 per cento di pazienti che hanno mostrato segni meno evidenti di depressione si è giovato del successo delle terapie. Questi risultati dimostrano la necessità di tenere sotto controllo il paziente con epatite C sia sotto il profilo medico che psichico ed eventualmente la necessità di un supporto psicologico nel caso alla terapia faccia seguito il manifestarsi di una evidente sintomatologia depressiva.
Fonte: Douglas SD et al. Hepatitis C, depressive symptoms, viral load, and therapy: interactions and reactions. Brain, Behavior and Immunity 2005; 19:20-2

farmacia.it 03 Febbraio 2005 - 09:23
DEPRESSIONE, PALESTRA RIDUCE 50% SINTOMI NON GRAVI


La depressione si può curare in palestra con risultati comparabili a quelli offerti da terapie farmacologiche e cognitive. Infatti uno studio condotto su pazienti dalla University of Texas Southwestern Medical Center di Dallas, pubblicato sul Journal of Preventive Medicine ha dimostrato che in individui con depressione non grave tra i 20 e i 45 anni i sintomi depressivi si riducono quasi del 50 per cento partecipando a 30 minuti di ginnastica aerobica 3-5 volte a settimana.
''L'effetto prodotto dall'attivita' fisica da sola nel trattamento della depressione clinica - ha dichiarato il coordinatore dello studio Madhukar Trivedi - è simile a quello offerto dagli antidepressivi e la chiave del successo della ginnastica sta nell'intensità degli esercizi svolti, non è certo una terapia per deboli di cuore''.