Corriere della Sera 14.2.05
Si allontana l’ipotesi di un documento dell’Ulivo e di una mozione per il rientro immediato delle truppe
«Programmare il ritiro», Bertinotti apre ai riformisti
Boselli e Pecoraro Scanio: parole che aiutano la coesione. E Prodi: paradossale dividersi adesso
Monica Guerzoni
ROMA - Alla vigilia del voto sulla missione italiana in Iraq, primo importante test per la federazione dell’Ulivo, Fausto Bertinotti si sgancia dalla sinistra più radicale e tende la mano ai riformisti. Il leader di Rifondazione conferma il no alla proroga di Antica Babilonia, ma le sue parole sono una chiara apertura a Fassino, Rutelli e Boselli. «È il momento di chiedere da parte dell’Europa come dell’Italia una forte iniziativa dell’Onu per mettere fine alla guerra, programmare il ritiro delle truppe di occupazione e costruire la pace e la democrazia in Iraq». Programmare . Non il ritiro immediato, quindi, ma una exit strategy più vicina a quella indicata da Prodi e Fassino. Oggi il capo dell’opposizione vedrà Chirac, occasione preziosa per dimostrare che sull’Iraq non è a rimorchio di Bertinotti. E domani i parlamentari dell’Ulivo decideranno a maggioranza se confermare il «no» alla missione precocemente annunciato dal Professore. Ancora una volta, il leader del Prc offre a Prodi una scialuppa di salvataggio: con la Margherita sulla linea dell’astensione, la mossa di Bertinotti mira a scongiurare un ordine del giorno dei riformisti, che inevitabilmente si tirerebbe dietro una mozione per il rientro immediato dei soldati.
Se il presidente dello Sdi, Enrico Boselli, prevede che né l’Ulivo né la sinistra-sinistra accompagneranno il voto con documenti di sorta, è perché ha letto nella dichiarazione di Bertinotti «una posizione diversa da quella dei pacifisti "senza se e senza ma" e che tiene conto di ciò che sta accadendo in Iraq». Ma il «no» con cui Prodi conta di mostrare l’unità della Fed in politica estera nasconde malumori e fermenti che il Professore, dalla sua trasferta parigina, sta provando a placare. «Differenziarsi con mozioni e ordini del giorno sarebbe paradossale», va dicendo il leader ai segretari dell’Unione.
Scongiurata una mozione per il ritiro immediato (cui Alfonso Pecoraro Scanio non tiene più di tanto e che Oliviero Diliberto difficilmente potrebbe avanzare da solo) ora Prodi deve vedersela con Franco Marini, il «lupo marsicano» che in asse con Rutelli guida la fronda degli astensionisti. Alla fine la maggioranza dei parlamentari dell’Ulivo confermerà l’intenzione di bocciare la missione italiana anche nell’aula del Senato, ma se i «no» vinceranno di misura la Margherita avrà inviato a Prodi un avvertimento: il partito di Rutelli non rinuncia al suo potere di condizionamento.
Nelle parole di Bertinotti, Beppe Fioroni ha intravisto «un piccolo spiraglio» e perfino Pecoraro Scanio riconosce che il leader del Prc ha detto cose «molto utili all’unità». Fosse per lui l’assemblea dei parlamentari a sinistra dell’Ulivo potrebbe anche non farsi, segno che la minaccia di una mozione per il ritiro altro non è che una pressione perché i riformisti rinuncino al documento. Le strade percorribili sono tre, ordine del giorno parlamentare, risoluzione da presentare dopo il voto e documento politico della federazione e i senatori Giorgio Tonini (Ds) e Franco Danieli (Margherita) hanno già pronta una bozza.
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