LA STORIA
A Mantova un reparto sperimentale nell´ospedale criminale, ma la legge lo vieta
Il manicomio dei ragazzi cattivi
dal nostro inviato Fabrizio Ravelli
Castiglione delle Stiviere (Mantova). Il nome esatto è Ospedale psichiatrico giudiziario, ma tutti lo chiamano manicomio criminale. Quel posto lì, insomma, dove sta rinchiuso chi ha ucciso per colpa della follia. Lì dentro esiste da qualche mese, ma nemmeno molti addetti ai lavori lo sanno, un nuovo reparto. Sperimentale: sarà per questo che non l'hanno fatto troppo sapere in giro.
È stato istituito dal ministero della Giustizia a Castiglione delle Stiviere: protestano psichiatri, magistrati e responsabili di comunità di recupero
Il caso è stato sollevato da una parlamentare di Rifondazione: indegno di un paese civile quei giovani non dovrebbero stare lì.Ci stanno dei ragazzi, prelevati dagli istituti dove scontano le loro condanne. Quel che tutti gli addetti ai lavori sanno bene, invece, è che la legge vieta di rinchiudere dei minori in un ospedale psichiatrico giudiziario.
Ora ci sono quattro minorenni. Il direttore si difende: "Nessun contatto con gli adulti e anche lo staff che se ne occupa è diverso"
Diciamo allora che, negli ambienti della psichiatria, c'è chi si è parecchio allarmato per questa misteriosa novità. La questione è stata sollevata all'ultimo Forum per la salute mentale. Ha cominciato a circolare. Tiziana Valpiana, parlamentare di Rifondazione, ha presentato un'interrogazione al ministro della Salute: Castiglione delle Stiviere è infatti gestito, in base a una convenzione con il ministero della Giustizia, dalla sanità pubblica della Lombardia. Ha risposto il sottosegretario Cesare Cursi: il reparto per i minori è collocato in un'ala separata, «garantendo così la non commistione con gli adulti per tutte le fasi del processo terapeutico».
Risposta insufficiente, ha ribattuto la Valpiana: «È una cosa fuori dalla grazia di Dio. Si tratta di una soluzione inaccettabile e indegna di un paese civile, che non può rinchiudere minori in un ospedale psichiatrico giudiziario. È una collocazione assolutamente inadatta ai minori e tale da precludere ogni speranza di recupero e reinserimento sociale, considerato che i minori, anche quando sono autori di reato e di difficile gestione, hanno bisogno di essere sostenuti all'interno di strutture adeguate a questa finalità». Aggiunge che la sperimentazione - non si sa bene da chi voluta e avviata, e in base a quale ragionamento - le sembra «pericolosa» e figlia «delle spinte giustizialiste del ministro Castelli».
Il reparto sperimentale è un piccolo reparto. Spiega Antonino Calogero, direttore dell'ospedale psichiatrico: «Può ospitare al massimo dieci ragazzi. Ora ne abbiamo quattro. Nei mesi passati, dopo l'avvio in luglio, ce ne sono stati al massimo sei, contemporaneamente. Il reparto è stato ricavato accanto a quello femminile. Non c'è alcuna possibilità di incontro con i degenti adulti, e anche lo staff è diverso: uno psichiatra, uno psicologo, due educatori, un infermiere professionale, undici assistenti». Aggiunge che la sperimentazione «nasce dalla necessità di far fronte ai problemi psichici emergenti fra i minori detenuti». Questa, dice, «è l'ultima ratio, o almeno così ha funzionato».
Come sono stati scelti i ragazzi per il reparto sperimentale? Uno psichiatra che vuole rimanere anonimo dice: «Li hanno convinti dicendo che a Castiglione si sta bene, e che c'è anche la piscina. Poi, una volta verificato che il regime era stretto, sono cominciati i problemi e i tentativi di fuga». Il direttore Calogero dice che sono stati «inviati da Roma su segnalazione dei centri per la giustizia minorile, in base ad alcune caratteristiche della diagnosi, delle motivazioni, del percorso». Il sottosegretario Cursi specifica nella sua risposta all'interrogazione dell'onorevole Valpiana: «La comunità ha accolto sino ad oggi complessivamente otto minori che hanno riscontrato disturbi della personalità di tipo borderline (due minori), disturbi di grave condotta (due, di cui uno associato a ritardo mentale), disturbo antisociale (uno) e schizofrenico (uno), nonché portatori di disturbo di personalità paranoidea (uno), e un minore con diagnosi da definire». Il corsivo è nostro: forse non sono andati per il sottile.
Quello che non dice è che, verosimilmente, si tratta in grande maggioranza di ragazzi con problemi di tossicodipendenza. Questa è la realtà delle carceri minorili (e di quelle dei grandi, peraltro). Problemi che, di norma, si affrontano all'interno delle comunità e non certo degli ospedali psichiatrici. I «disturbi di grave condotta» e i «disturbi antisociali» sono pane quotidiano negli istituti, ma nessuno aveva mai pensato di curarli con l'isolamento. Nessuno che, ovviamente, non si ponesse innanzitutto l'obiettivo del contenimento, dell'ordine da mantenere. Questi di Castiglione delle Stiviere sono tutti ragazzi segnalati dai centri di giustizia minorile, dice il direttore. Chissà quali. Da queste parti nessuno lo sapeva.
Non sapeva della sperimentazione Livia Pomodoro, presidente del Tribunale per i minori di Milano. Non sapeva Emilio Quaranta, procuratore dei minori di Brescia. Cade dalle nuvole anche don Gino Rigoldi, cappellano del carcere minorile milanese Beccaria: «Qui da noi, come altrove, se ci sono ragazzi con problemi psichici, si provvede con il trattamento interno. È una cosa assolutamente nuova che si pensi a una struttura apposita: in 32 anni che faccio questo mestiere non ne ho mai sentito parlare. Sono molto preoccupato, perché si sa che, fatto un ospedale, si trovano poi i malati».
Che il problema esista, questo è certo: c'è un grosso aumento di malattie psichiche fra i ragazzi degli istituti, soprattutto fra gli stranieri che sono la maggioranza. Quello che a molti pare incredibile è che, una volta deciso di creare una struttura nuova e sperimentale ad hoc, la si piazzi dentro al manicomio criminale. «Tutta la cosa è assai poco chiara - dice l'onorevole Valpiana - e vogliamo verificare bene. Come mai si presta una struttura sanitaria per adulti a un progetto securitario, per ragazzi che hanno soprattutto bisogno di recupero? Resta poi un fatto: a norma di legge quei ragazzi non dovrebbero stare lì». Un gruppo di parlamentari di Rifondazione andrà quanto prima a visitare il nuovo reparto sperimentale.
Il divieto di legge è, diciamo così, aggirato dalla spiegazione che il reparto sarebbe totalmente separato da quelli che ospitano adulti. Ma sulla questione la risposta del governo lascia qualche dubbio: si dice il «processo terapeutico» assicura la «non commistione». Ma poi si accenna a «circolazione negli spazi comuni» e di «partecipazione alle attività». C'è poi un passaggio curioso: «Il collocamento in comunità specialistiche, in grado di accogliere minori particolarmente difficili soggetti a misure penali, deve tendere ad evitare processi di etichettamento». E per tenersi ben lontani da «processi di etichettamento» si prendono dei ragazzi e li si manda dentro al manicomio criminale. Si punta al loro reinserimento isolandoli, nel bel mezzo di una struttura di cura e contenimento per adulti. Perché poi, a parte le considerazioni professionali, bisogna anche pensare agli effetti giù in basso, dalla parte degli «ospiti»: «Mio figlio l'hanno mandato a Castiglione delle Stiviere», o anche «Stai un po' più tranquillo, o ti mando a Castiglione delle Stiviere».