lunedì 14 febbraio 2005

una lettera all'Unità

L'Unità 14.2.05
dalle Lettere.
Suicidi da psicofarmaci
e pillole di umanità

Margherita Pellegrino

Caro direttore, quasi ogni giorno ormai viene riportato dai media di persone che sottoposte a terapie psichiatriche per depressione, commettono omicidio e/o suicidio.
Capita di aprire il giornale e leggere della signora che uccide a coltellate la figlia di 4 anni e poi tenta il suicidio, qualche giorno dopo del signore che uccide la moglie, i figli, affida il cane agli amici e poi si suicida; dell'uomo che uccide i genitori anziani e poi in stato confusionale viene arrestato dai carabinieri chiamati dalla sorella e così via, giorno dopo giorno.
Sappiamo o ascoltiamo le notizie dal telegiornale, ci turbiamo, ci spiace per l’immane sofferenza che ha colpito quella famiglia, diciamo che queste cose non dovrebbero succedere, che non succederà più e invece puntualmente il giorno dopo la notizia del tizio che si è buttato sotto il treno, la signora che….
Il rischio è che ci abituiamo a queste notizie, che cominciamo a considerarle normale routine e poi non ci toccano da vicino. Ma siamo veramente al sicuro? Sorge il sospetto che stiamo vivendo lo stesso percorso che c’è stato negli Usa alla fine degli anni Ottanta. Allora era in voga la "pillola della felicità" c'era lo stillicidio giornaliero di suicidi e omicidi di persone in terapia con psicofarmaci, poi la strage: un uomo uccide 8 colleghi sul posto di lavoro e si suicida, era sottoposto a terapia per depressione con un antidepressivo. Seguirono le stragi, come quelle di Eric Harris e Dylan Klebold, due adolescenti che seguivano un programma psicologico della scuola per controllare la collera, che uccisero un insegnante e dei loro compagni di classe per poi suicidarsi. Harris assumeva un antidepressivo che include tra gli effetti collaterali violente manie.
Non è un caso che nell'ottobre scorso la FDA (l'ente statunitense che si occupa dell'esame dei farmaci e della sua approvazione per l'immissione nel mercato USA) ordina che sulle confezioni di tutti gli antidepressivi venga stampato un riquadro nero con la scritta: "Aumenta il rischio di pensieri e comportamenti tendenti al suicidio nei bambini che ne fanno uso".
Sono stati gli esiti di una indagine condotta su testimonianze e prove di 4.400 pazienti e parenti delle vittime che hanno intentato 24 cause processuali ad indurre l'ente a prendere tale provvedimento.
Quelle a cui stiamo assistendo ora non sono forse stragi annunciate?
È una questione di sicurezza. Chi deve fare qualcosa a riguardo? La psichiatria con psicofarmaci che sono i suoi ferri del mestiere?
Forse bisogna iniziare a pensare ad altre soluzioni, se di soluzioni si vuol parlare, e introdurre più umanità che pillole.