domenica 27 marzo 2005

brevi dal web 25 marzp 05

Yahoo!Salute
L'insulina agisce riducendo i sintomi depressivi
venerdì 25 marzo 2005, Il Pensiero Scientifico Editore

La resistenza all’insulina potrebbe essere una difesa contro la depressione intervenendo nella circolazione degli acidi grassi liberi e nel rilascio della serotonina nel cervello. Questo hanno sostenuto due lavori pubblicati da due differenti gruppi, uno finlandese e uno inglese, rispettivamente nel 2002 e nel 2003 su riviste internazionali accreditate. Ma secondo uno studio pubblicato sull’ultimo numero del British Medical Journal i pazienti insulino resistenti non hanno un incidenza e una gravità minore dei sintomi depressivi. Lo studio è stato condotto da un gruppo di epidemiologi dell’Università di Bristol coordinati da Debbie Lawlor.
A questo studio è stata mossa una critica di natura metodologia che ne fa vacillare la struttura stessa: i dati relativi ai sintomi depressivi sono stati raccolti esclusivamente tramite questionario e non attraverso un’analisi clinica approfondita dei pazienti. Questo approccio, secondo i sostenitori della relazione organica tra resistenza all’insulina e sintomi depressivi, sarebbe superficiale e, nonostante i numeri dello studio, lo renderebbero debole. Nonostante l’andamento contraddittorio dei risultati relativi a queste pubblicazioni, il messaggio che gli stessi autori del lavoro lanciano è quello di perseguire nello svolgere ricerche di questo tipo, soprattutto per cercare di comprendere meglio gli aspetti organici delle sindromi depressive.
Alla negazione della correlazione i medici sono giunti analizzando dei dati raccolti con il “Caerphilly study”, in quattro differenti fasi, dal 1979 al 1997. Nella prima fase dell’analisi, dal 1979 al 1983 sono stati arruolati 2512 pazienti maschi di età compresa tra i 45 e i 59 anni. A ciascuno di loro è stato fatto il prelievo del sangue e la resistenza all’insulina dei partecipanti allo studio è stata valutata tramite la glicemia e l’insulinemia. Nelle successive tre fasi dello studio, ciascuna della durata di cinque anni, i medici hanno somministrato ai volontari un questionario in modo da valutarne eventuali sintomi depressivi. L’analisi dei risultati evidenzia che la resistenza all’insulina non è correlata in alcun modo con i sintomi della depressione: i due elementi sono indipendenti l’uno dall’altra.

Fonte: Lawlor DA et al. Insulin resistence and depressive symptoms in middle aged men: findings from the Caerphilly prospective cohort study. BMJ 2205;330:705-6.

clarence.supereva.com 25/MAR/05 - 13:37
ALZHEIMER: STUDIO ITALIANO, RISCHIANO DOPPIO UOMINI CON DEPRESSIONE ALLE SPALLE

Roma, 25 mar. (Adnkronos Salute) - Gli uomini con una storia di depressione alle spalle rischiano il doppio di sviluppare, con l'eta', demenza e in particolare Alzheimer. I maggiori pericoli riguardano però gli uomini ex depressi, e non le donne. E' quanto emerge da uno studio italiano realizzato dall'università Campus Biomedico di Roma e dall'Associazione Fatebenefratelli per la Ricerca che ha esaminato il legame tra depressione e sviluppo di demenza, in particolare di Alzheimer, in 1.357 persone monitorate per un periodo di 14 anni, in uno studio sull'invecchiamento. A 49 donne e 76 uomini del campione sono state diagnosticate delle demenze, fra cui 40 casi di Alzheimer nelle donne e 67 negli uomini. E i ricercatori italiani hanno potuto osservare, incrociando i dati su demenza e Alzheimer a quelli sui sintomi depressivi, rilevati ogni 2 anni con strumenti standard, un rischio di malattia doppio negli uomini con una storia di depressione alle spalle rispetto a quelli che non avevano mai sofferto del ‘male oscuro', indipendentemente dalla presenza di malattie vascolari. ''Il legame tra depressione e Alzheimer - spiega Gloria Dal Forno, ricercatrice del Campus Biomedico, fra gli autori dello studio - differisce tra gli uomini e le donne. Del resto sappiamo che il cervello maschile e femminile presenta differenze anatomiche e funzionali ed è esposto diversamente agli ormoni nel corso della vita, ormoni sessuali che hanno effetti sia sulla depressione che sull'Alzheimer. Di conseguenza - prosegue la ricercatrice - il cervello maschile e femminile potrebbe reagire diversamente ai fattori di rischio di una malattia, ed è proprio ciò che sembra emergere dalla nostra ricerca''. (Ile/Adnkronos Salute)

ilmessaggero.it 25 marzo 2005
Depressione, più facile curarsi
Addio migrazioni, Foligno ora ha una sua struttura psichiatrica
di GILBERTO SCALABRINI

FOLIGNO - La depressione ha assunto anche nel nostro territorio una forma ”epocale”, soprattutto in mezzo ai giovani. Purtroppo, i confini tra nevrosi e psicosi sono così labili che emergono in maniera generica e frettolosa. Nel 2003, sono stati 202 i pazienti. Nei reparti di Perugia e terni hanno trovato posto solo 53 malati. Gli altri 149 sono dovuti ”emigrare” in strutture extraregionali. Un grave disagio per i familiari e un costo di 600.000 euro. Da ieri si è voltato pagina. Presso il nuovo ospedale (sarà pronto alla fine della prossima estate) è stato aperto il nuovo servizio psichiatrico di diagnosi e cura. Dispone di 12 posti letto e si avvale di 4 medici psichiatrici, 2 psicologi, 15 infermieri e 12 operatori socio-sanitari. Accoglierà pazienti in ricovero volontario o in trattamento sanitario obbligatorio. Il reparto è molto bello, perchè sono stati usati colori dai toni luminosi. Anche l’arredamento è fuori dallo stile del vecchio nosocomio. Ci sono poi i quadri, realizzati dalla accademia di Belle Arti di Perugia. Il direttore generale della Asl, Walter Orlandi, ha spiegato i motivi di tanto comfort: «qui è la mente ad essere recuperata e non un arto». Il taglio del nastro è toccato alla governatrice dell’Umbria, Maria Rita Lorenzetti, la quale ha sottolineato come la qualità degli spazi sia in stretto rapporto con la dignità umana. «In Umbria -ha detto- non esistono cittadini di serie A o di serie B. Nonostante i tagli, gli impegni assunti sono stati realizzati, con ulteriori investimenti in attrezzature e personale. La nostra sanità ha i conti in ordine e quindi andiamo avanti nella riorganizzazione della rete ospedaliera».
Il responsabile del Cim, Giuseppe Raponi, ha messo poi il dito sulla piaga: «Questo reparto chiude un periodo di difficoltà e apre prospettive reali. E’ l’unico reparto del centro Italia con una articolazione reale, fra impegno clinico durante la fase acuta della malattia e la predimissione o prosecuzione della cura. Un’altra caratteristica è il rapporto fra la psichiatra e le altre aree specialistiche dell’ospedale».
Un ringraziamento a nome di tutte le famiglie che hanno vissuto momenti di confusione e disperazione per trovare un posto letto al proprio familiare negli ospedali di Perugia e Terni, è venuto dalla rappresentante della associazione ”Liberi di essere”. «Un anno fa -ha raccontato- siamo andati a sollecitare la Regione, affinchè si realizzasse una struttura così importante. La promessa è stata mantenuta».
Infine, sono satte consegnate le borse di studio agli allievi della cattedra di pittura del professor Sauro Cardinali.

ilmessaggero.it 25 marzo 2005
LORD BYRON, Schumann, Beethoven, Balzac, ...
di J. L. PIO ABREU

LORD BYRON, Schumann, Beethoven, Balzac, Hemingway, William Faulkner, Virginia Woolf, Althusser, Edward Munch, Paul Gauguin, Antero de Quental. Avete mai sentito parlare di qualcuno di questi geni? Bene: soffrivano tutti di psicosi maniaco-depressiva, e l’associazione tra questa malattia e la genialità non è affatto una coincidenza. La psicosi maniaco-depressiva (che ora chiamano con il nome idiota di “disturbo-bipolare”) non è soltanto la malattia del genio: è anche una malattia che conferisce una creatività geniale. Disilludetevi però. Per arrivare a tanto bisogna far parte di una famiglia toccata dal fuoco, secondo la felice espressione di Kay Jamison, che soffriva dello stesso disturbo.
Probabilmente si tratterà di una famiglia illustre, visto che questa malattia favorisce l’ascesa sociale. (...)
Se aprite un libro sulla psicosi maniaco-depressiva, troverete un catalogo di teorie che descrivono diversi neurotrasmettitori, i quali attivano svariati ricettori e così via, una roba molto complicata. E’ vero che il tutto serve a capire il funzionamento dei farmaci e magari a incentivarne la vendita. Ma detto tra noi, che siamo più interessati all’incentivazione della malattia che non alle pasticche, la questione è abbastanza semplice. In una parola quello che conta è disorganizzare i ritmi del vostro corpo.
Non c’è bisogno che questo tipo di problema vi affligga sin dall’infanzia. Al contrario, quel fuoco che alligna nei vostri geni può fare di voi bambini brillanti, creativi e dinamici. Quello che si dice una persona di successo. Il difficile è prevedere per quanto tempo durerà, dal momento che la ricchezza di spirito non è eterna. Tutto sta nel sapere aspettare la prima depressione, che può sopraggiungere a 15 o a 70 anni, dipenderà molto dalla vostra vita affettiva, dal vostro inserimento sociale o dalla vostra professione.
Per arrivare ad avere questa malattia mi azzardo a darvi un consiglio: “conducete una vita sfrenata”, ma soltanto a partire da una certa età. Se infatti conduceste una vita molto ben strutturata e piena di responsabilità, con orari da rispettare, compiti da portare a termine, pasti regolari, sveglia sempre alla stessa ora, rischiereste di non scombinare mai il vostro orologio biologico e di non accorgervi delle vostre inquietudini profonde. Eppure è proprio quanto dovrete fare durante la vostra infanzia e giovinezza, in modo da crearvi un’immagine di successo e una personalità sana e dinamica, riconosciuta come tale dalla vostra cerchia di amici e parenti, tutti disposti ad appoggiarvi e a scusare qualche vostra piccola eccentricità. In questo modo tutto andrà per il meglio e quando inizierete ad avere problemi dovranno tutti riconoscere che è a causa di una malattia. Se al contrario cominciaste a scatenarvi troppo presto, iniziereste facilmente a commettere fesserie, passereste attraverso una serie di droghe, avreste difficoltà a costruirvi un’identità e al massimo potreste aspirare a una diagnosi di “personalità borderline”. Fin troppo banale, con i tempi che corrono.