lunedì 21 marzo 2005

«Ermeneutica della morte»
i ds pensano di con-vincere con questi attrezzi culturali?

L'Unità 21 Marzo 2005
Filosofia.
In lotta contro il Nulla e la morte
con Parmenide e Baudelaire

Bruno Gravagnuolo

Testi agili e densi, di non più di cento pagine. Copertina in cartoncino blu inchiostro. E una batteria di saggi in preparazione, con autori tra i quali Gennaro Sasso, Franco Rella, Gianni Vattimo, Peter Sloterdjik. È la nuova collana filosofico della Aragno di Torino, diretta da Giacomo Marramao. Che intende lanciare una saggistica filosofica rigorosa e al contempo dialogante con i linguaggi delle altre scienze umane, incluse arte e teologia. Tra i libri in arrivo ci sono L’etica del pensiero debole. Scritti in onore di Gianni Vattimo, a cura di Santiago Zabala. Con scritti di Derrida, Eco, Vattimo, Nancy, Rovatti, Rorty, Savater, Taylor. E ancora Teologia e politica, a cura di Mauro Ponzi, con saggi di Marramao, Agamben e altri. Spazio infine a due esordienti, Emanuela Fornari e Anna Squarzina. La prima con Modernità fuori luogo. Democrazia globale e valori asiatici in J. Habermas e A. Sen. La seconda con Anatomia del dolore. Saggio su Proust. Prezzo di copertina contenuto, da 10 a 12 euro. E tanto costano le prime due uscite della Aragno, Gennaro Sasso, Il principio e le cose (pagg. 154, euro 12) e Franco Rella, Pensare e cantare la morte (pagg. 95, euro 10). Sasso, tra i massimi studiosi teoretici in Italia, nonché grande studioso di Machiavelli, affronta il tema classico del principio veritativo di non-contraddizione. Tra Parmenide e Aristotele e all’interno di una radicale ermeneutica del Nulla. L’espulsione del Nulla dalla pensabilità delle cose mette capo al principio incontraddittorio dell’Essere. Che però, benché insuperabile in ogni argomentare e confutare, non è spendibile sul piano del tempo, dell’esperienza, del divenire e della storicità. Tra principio e cose non v’è perciò relazione alcuna, nella prospettiva di Sasso. Poiché se vi fosse, il Principio ne verrebbe toccato e contaminato, all’insegna del divenire e dell’opinione (la doxa) che muta. Situazione paradossale questa, che lascia il divenire a se stesso e consegnato all’arbitrio. E la Verità dall’altra parte. In una dimensione inattingibile e inerte, ma altresì logicamente inconfutabile. Come sorta di originario senza origine. Quello di Rella invece è un tentativo di «Ermeneutica della morte», che solo in senso psicologico e poetico forse può avvicinarsi al tema logico del Nulla. La domanda di Rella è infatti: qual è la parola che parla la morte? Come guardare il passaggio vitale e impercettibile tra l’essere e la morte? E la risposta si fa strada in Rella attraverso i testi di Levinas, Baudelaire, Rilke e Valéry. Ben più che attraverso Heidegger, che lascia viceversa per Rella scivolare la morte «al di fuori della filosofia».

L'Unità 21 Marzo 2005
i libri
Dizionario di psicanalisi

Il Dizionario di psicanalisi a cura di Roland Chemama e Bernard Vandermersch esce in edizione italiana per la cura di Carlo Albarello e del Laboratorio Freudiano per la formazione degli psicoterapeuti (Gremese editore, pagine 370, euro 30).
È uscito di recente in Italia, poi, per i tipi di Einaudi, I complessi familiari nella formazione dell’individuo (Pbe, pagine 104, euro 13,50, a cura di A. Di Ciaccia), che riporta la voce «famiglia» che il giovane Jacques Lacan stese nel 1936 per l’Encyclopédie Française. Lì, sei anni dopo la sua tesi di laurea e due dopo la sua prima comunicazione a un congresso internazionale di psicoanalisi, Lacan, futuro maître a penser, tra i più controversi del Novecento, anticipava alcuni dei suoi temi futuri.
Il nemico di ogni istituzione strutturata e dell’analisi intellettualizzante e medica, il cantore del soggetto dell’inconscio, a suo parere indescrivibile col linguaggio della scienza, dedicava non a caso i suoi primi sforzi teorici e interpretativi alla famiglia. Ovvero a quel luogo (istituzione in cui l’elemento cultura domina su quello della natura) che, sosteneva, «prevale nella prima educazione, nella repressione degli istinti e nella acquisizione della lingua». Dà vita alla «continuità psichica tra le generazioni» ma sarebbe il primo ostacolo alla manifestazione dell’inconscio. In questo contesto, seguitava, un ruolo fondamentale viene giocato dai complessi, che proprio nella famiglia prendono corpo, sono cioè un fattore concreto della psicologia familiare: il complesso di svezzamento; il complesso di intrusione; il complesso di Edipo.
Questi complessi, spiegava poi Lacan, svolgono un ruolo determinante nelle psicosi e nelle nevrosi. Ma non solo: dalla frigidità materna alla omosessualità, in quel testo Lacan tocca molti dei temi «scandalosi» caratteristici della clinica freudiana.

L'Unità 21.3.05
Dizionario di psicanalisi
Jacqueline Risset

È uscita in questi giorni, a cura del Laboratorio Freudiano, la traduzione italiana del Dictionnaire de la Psychanalyse di Roland Chemama e Bernard Vandermersch (pubblicato in Francia nel 1993 e nel 1998). Si tratta del primo grande dizionario dopo il Vocabulaire de la Psychanalyse di Laplanche et Pontalis, che risale al 1967 - un anno dopo gli Écrits di Jacques Lacan. E sebbene Laplanche e Pontalis fossero entrambi suoi allievi, il Vocabulaire introduceva accanto alla terminologia freudiana soltanto alcuni concetti lacaniani. L’avanzamento straordinaria degli Écrits e dei Séminaires (questi ultimi non ancora pubblicati integralmente in Francia) diventa ora tangibile con questo dizionario, che costituisce anche uno strumento prezioso per la comprensione del pensiero lacaniano, oltre che freudiano.
«Ritorno a Freud», così Lacan definiva il fine della sua opera, «restituire la lama tagliente del pensiero di Freud». Una lama allora smussata da consolatorie sintesi junghiane o da approssimazioni empiriche volte al semplice riadattamento sociale. Tornare a Freud significava fornire al pensiero psicanalitico la possibilità di articolarsi secondo una logica di differenze. La celebre formula lacaniana «L’inconscio è strutturato come un linguaggio» non era espressione di moda strutturalista. Nasceva da una meditazione e da un ritorno alle radici del pensiero di Freud, costituitosi attraverso l’interpretazione dei sogni e del motto di spirito.
Il Laboratorio Freudiano (corso quadriennale di specializzazione per gli psicoterapeuti) è sorto a Roma in anni recenti dall’Associazione Cosa Freudiana, fondata da Muriel Drazien su suggerimento di Lacan, in riferimento al suo testo La Chose freudienne o il senso del ritorno a Freud in psicanalisi. Di questo offre una traduzione collettiva e molto attenta. La talking-cure, come si ricorda nell’edizione italiana, rivela tratti affini al lavoro di traduzione (lo accennava anche Simona Argentieri nel corso della recente presentazione del volume al Centro di Studi Italo-francesi della Università di Roma III). Ogni nuovo testo di psicanalisi si presenta come parziale ricapitolazione di esperienze; e la novità dei termini traducenti può aprire accessi sorprendenti al sistema teorico generale.
È il caso di questo dizionario, che introduce parole nuove, e anche cambiamenti lievi e significativi. Ad esempio «psicanalisi» in luogo dell’usuale «psicoanalisi» sta a sottolineare una precisa autonomia rispetto alla psicologia. Oppure «après coup» - termine importante in Freud come in Lacan - sostituisce il generico «posteriore» o «a posteriori». Peraltro, come è noto, la terminologia lacaniana è ricca di neologismi che hanno talora il significato di «produzioni dell’inconscio», come ad esempio «desêtre» tradotto con «disessere». Si tratta infatti - mostrano di averne piena consapevolezza i traduttori del Laboratorio Freudiano - di introdurre una teoria che, più delle altre, passa attraverso la lingua che la esprime, attraverso una lingua che segue la pratica di un analista all’ascolto.
Il lessico di Lacan comprende, oltre ai molti termini venuti da Freud, altri presi a prestito dalla linguistica, dalla filosofia, dalla letteratura, dalla matematica, dalla biologia, ecc.. È interessante scoprire in questo Dizionario le presenze nuove rispetto al Vocabulaire di Laplanche e Pontalis, e interrogare le assenze e le differenze. Ad esempio, alla lettera a, colpisce la comparsa della parola Altro, che corrisponde al «Grand Autre» di Lacan, e viene definito qui «luogo in cui la psicanalisi situa, al di là del partner immaginario, ciò che, anteriore o esterno al soggetto, nondimeno lo determina». Definizione seguita, come nella maggior parte dei casi, da un lungo commento che illustra con chiarezza il senso e il ruolo del concetto rispetto all’insieme della teoria.
Altra nuova presenza, la parola analizzante, che indica di per sé un cambiamento nella concezione della cura. Non più paziente, o «analizzato»: colui che intraprende un’analisi è considerato ormai parte attiva, non passiva; assume egli stesso il lavoro condotto a partire dal proprio discorso. Significativa, nella stessa direzione, l’assenza della parola abstinence, (astinenza) che indicava nella clinica freudiana l’esigenza di ricreare nel soggetto in analisi una frustrazione (essenzialmente sessuale) tale da rilanciare l’analisi giunta ad una fase di rallentamento. Il Vocabolario del 1967 includeva ancora questa parola, prendendo tuttavia le distanze dalla pratica direttiva e repressiva che esprimeva. Sempre alla lettera a, appare una parola del tutto estranea alla terminologia psicanalitica come «agalma», esempio della vastità del campo semantico esplorato e usato da Lacan: parola greca usata da Omero e da Euripide, agalma significa splendore, ornamento, e designa nella costellazione lacaniana la «brillanza fallica dell’oggetto del desiderio», collegata nel commento al lavoro di Lacan sul transfert. Gli esempi potrebbero moltiplicarsi, tutti rivelatori di una pratica e di una teoria in progress.
Il Dizionario assolve quindi una funzione precisa, ed esce al momento giusto. Infatti, in Italia come in Francia, si può ormai parlare di «ritorno a Lacan». In Francia, dopo gli anni di sconcerto e di conflittualità seguiti alla sua morte, si moltiplicano studi ed edizioni di testi ancora inediti. Ad esempio Il Triomphe de la Religion, che raccoglie due conferenze antiche, l’una tenuta a Bruxelles nel 1961, l’altra a Roma nel 1079. Quest’ultima, che ebbi allora modo di ascoltare, colpiva per sovranità intellettuale e humour. Ora, appare anche profetica, mentre allora, nel ‘79, sembrava alquanto pessimistica.
Rispondendo alle domande del pubblico, Lacan evocava «tre funzioni impossibili», «analizzare, governare, educare» e chiariva il senso della funzione analitica, la più impossibile delle tre: «illuminare di luce radente le altre funzioni»- la più impossibile perché, diversamente dalle altre, non possiede una tradizione, e inoltre perché, suo malgrado, si trova a competere con la religione, che «secerne senso a volontà», che «dà senso a qualunque cosa», e quindi offre gratificazioni che la psicanalisi non dà, ne si sogna di dare.
Sicché, continuava Lacan malinconico, «la religione vincerà», e un giorno si parlerà della psicanalisi «come di un breve istante, come di un lampo di verità»