Corriere della Sera 18.3.05
Dopo l’infanticidio di Varese, in poche ore altre due omicidi
Genitori e depressione. Uccisi tre bambini
Madre accoltella neonata. Un papà suicida con il figlio
ROMA - Ancora delitti in famiglia. Tre piccoli bimbi, nati da pochi giorni, talvolta da poche ore, sono stati travolti dal furore omicida di madri e padri che hanno anche cercato di seguirli nella morte. Una tragica scia di sangue ha attraversato il Paese seminando in meno di 24 ore morte a Roma, Rimini e Varese. A far da sfondo, un miscuglio di depressione e follia. Nella periferia della capitale una giovane donna di 23 anni, con un passato di cure presso un centro d’igiene mentale, ha colpito mortalmente alla gola ieri mattina all’alba con un coltello da cucina la figlioletta di due mesi e poi ha cercato di uccidersi piantandosi un secondo coltello in petto. Poco prima a Rimini, nella notte, un padre separato di 27 anni si era gettato dall’ottavo piano di un palazzo stringendosi al petto il bambino di otto mesi avuto da una relazione con una giovanissima romena. L’uomo e il bimbo sono morti sul colpo. Due vicende terribili che sono andate ad aggiungersi alla scoperta del corpicino di un neonato nascosto in un armadio in una casa di Uboldo (Varese) da un’altra madre di 22 anni, Stefania M., da ieri accusata di omicidio volontario.
LA COLTELLATA - Un’alba livida, a Roma, ha registrato l’urlo che si è levato poco dopo le sei del mattino in una stradina della Romanina, quadrante sud della città. In un seminterrato un falegname di 31 anni, Marco Mariani, si era appena svegliato scoprendo la convivente insanguinata nel letto, con un coltello piantato dentro il petto. La donna, la commessa di profumeria Maria De Pace di 23 anni, ansimava: «Dovevo farlo, ho ucciso il demonio...». Il demonio era la loro bambina di due mesi, Ilaria, uccisa nel bagno con una coltellata alla gola.
«È successa una tragedia», così è stato svegliato subito dopo il padrone di casa. Il giovane falegname che aveva citofonato in preda alla disperazione ha poi raccontato agli agenti della Squadra Mobile il suo calvario, a fianco di una donna che dagli stessi psichiatri del dipartimento di salute mentale dell’Asl Rmc era stata invano dissuasa dall’affrontare una maternità.
«Gliel’avevano detto - ha ricordato più tardi Paolo Marconi, lo zio della bimba -. Ma non aveva voluto saperne. Erano venuti a vivere qui a settembre, quando lei era ormai incinta di qualche mese. Lei frequentava i pentecostali, a Pietralata, si era un po’ fissata sul battesimo della bambina. Chissà cosa le è scoppiato in testa.». Forse l’idea di dover aspettare per il battesimo che la bimba diventasse adulta, secondo il rito pentecostale, ha scatenato paure incontrollabili, come quella del demonio. In casa prescrizioni di Xanax, un tranquillante, e tracce di vecchi appuntamenti con la psichiatra pubblica Teresa Gravagnuolo, l’ultimo a dicembre.
IL VOLO DALLA FINESTRA - A Rimini Antonio Leggeri, un piccolo commerciante di 27 anni, ha scelto di morire col suo piccolo Emiliano di 8 mesi lanciandosi nel vuoto dall’ottavo piano di un palazzo di via Monfalcone davanti agli occhi di alcuni agenti che lo aspettavano dopo averlo accompagnato a casa a riprendere il bimbo. L’uomo alcuni giorni fa aveva sottratto il bimbo alla compagna, Nicoletta, una romena diciannovenne, e si era rifugiato in casa di due amici cingalesi, commercianti come lui. Aveva reagito così dopo mesi di dissapori a una decisione del Tribunale dei minori di Bologna, che aveva disposto l’affidamento congiunto del bambino con l’obbligo per i genitori di vivere sotto lo stesso tetto, un obbligo infranto nei giorni scorsi quando la coabitazione era finita e l’uomo s’era eclissato col figlio. La donna era allora andata in questura e gli agenti dopo aver rintracciato il padre erano riusciti a convincerlo a riportare il bambino dalla madre. Ma una volta entrato in casa, l’uomo ha deciso di farla finita gettandosi da una finestra. Con in braccio il bambino.
Corriere della Sera 18.3.05
LO PSICHIATRA «Pianto e pessimismo, i segnali della crisi dopo il parto» Paolo Pancheri: la malattia colpisce dal 30 all’80 per cento delle neomamme
Margherita De Bac
ROMA - Comincia con un profondo, ricorrente pessimismo che si manifesta con affermazioni come queste: «Tanto non sono capace, la mia vita è un fallimento, il nostro matrimonio è in crisi». Il pianto è un compagno costante. Sono alcuni dei segnali premonitori della depressione, patologica o successiva al parto: «Quando in famiglia si cominciano a notare comportamenti quantitativamente rilevanti di questo genere nel partner o in un parente non bisogna sottovalutarli. Il dialogo, l’ascolto sono già uno strumento di prevenzione. Mai minimizzare con la frase di prammatica "ti passerà"» commenta i due casi di Roma e Rimini Vincenzo Mastronardi, psichiatra e criminologo dell’Università La Sapienza. E’ stato uno degli argomenti affrontati nell’ultimo congresso della Società italiana di psicopatologia organizzato a Roma, presidente Paolo Pancheri. Non c’è certezza sulle cause che hanno spinto una madre a uccidere col coltello la sua neonata e un padre a gettarsi dalla finestra col bambino di sette mesi.
Per quanto riguarda la donna, l’istinto omicida nei confronti del figlio può essere attivato da due tipi di depressione, patologica (ne sono affette 17 italiane su 100) e post partum (il cosiddetto «Baby blue», che accompagna dal 30 all’80% delle neomamme, dura circa un mese dopo la nascita e di tanto in tanto degenera in gesti estremi). «In questo secondo caso - distingue Mastronardi - si rintraccia l’immaturità ad affrontare l’essere madre, condizione che si può accompagnare a basse soglie di tolleranza». Ambedue le condizioni dipendono da una visione negativa di sé e del mondo e si esteriorizzano con una serie di segnali. Ogni tipo di difficoltà, sia pur banale e ridicola all’apparenza, viene ingigantita. Se i comportamenti si protraggono nel tempo e il problema cronicizza, il figlio può diventare oggetto di «proiezione». Il suicidio allargato diventa l’unica via per salvarlo.
Il Messaggero 18.3.05
L’OTTIMISMO ufficiale...
di FRANCO FERRAROTTI
L’OTTIMISMO ufficiale può ben continuare a enumerare i suoi traguardi e a dar fiato alle fanfare dei suoi trionfi. E’ comprensibile, ma ad uno sguardo anche rapido e superficiale sulla realtà effettiva di questo Paese, non appare giustificabile. Correttamente, d’altro canto, l’opposizione sottolinea la caduta della produzione industriale e il perdurante disagio di un precariato che somiglia in maniera sempre più inquietante ad una ferita che si trasforma in cancrena. Tutto questo è vero, ma non basta. La cronaca, nei suoi semplici, spietati resoconti, ci dice che questo Paese, rapidamente trasformatosi da Paese agricolo in società industriale, manca ancora vistosamente di una cultura industriale, la prontezza dei servizi di protezione sociale, la velocità dei loro interventi e la tempestività dei loro apporti, servizi sociali che suppliscano validamente a quella rete protettiva della famiglia allargata che è venuta meno.
Tre fatti di cronaca gettano una luce sinistra e angosciante sulla qualità della vita quotidiana in Italia. Le vittime sono tre bambini, in circostanze diverse, che andranno attentamente analizzate, ma le vittime sono anche gli adulti, madri e padri, dalla mamma che accoltella la figlia di due mesi per quindi rivolgere l’arma contro se stessa al padre che si butta dall’ottavo piano con il bambino di otto mesi, infine, caso che ci riporta indietro nel tempo, all’epoca in cui una gravidanza indesiderata si traduceva inevitabilmente in tragedia, nel varesotto, in una delle zone più prospere d’Italia, una ragazza, all’insaputa dei genitori, partorisce da sola, chiude la sua creatura in un sacchetto di plastica nel buio di un armadio, esplode l’emorragia, corre in ospedale; quando le forze dell’ordine arrivano e trovano l’infante nell’armadio, sono di fronte a un corpicino senza vita.
Com’è possibile? Nell’epoca del viagra, dei profilattici a varia sensibilità, del femminismo militante e del permissivismo imperante (“il corpo è mio e me lo gestisco io”), com’è possibile che si diano ancora esempi così gravi di ritardo civile, che una giovane donna senta di dover nascondere il suo stato alla sua stessa famiglia per timore di chi sa quali rimproveri e vada incontro, fatalmente, ad un esito tragico?
Di fronte a questi fatti orripilanti si parlerà di follia, raptus incontrollabile, esasperazione emotiva, offuscamento della capacità di intendere e di volere. D’accordo. Tutti questi elementi e fattori possono essere presenti e attivi in ogni singolo caso specifico. Ma è il quadro sociale che non va dimenticato, il contesto pesa. Dove sono, non solo le forze dell’ordine già oberate per la lotta contro la criminalità comune e organizzata, ma dove sono coloro che detengono ruoli di responsabilità nella comunità, i sacerdoti, gli assistenti sociali, i politici locali, i sindacalisti? E’ troppo facile versare lacrime sulle apparentemente piccole tragedie della vita quotidiana e mettersi con un certo grato di commozione, certamente genuina, e magari con un applauso all’uscita delle piccole bare bianche dalla chiesa, la coscienza a posto. Qualcosa scricchiola negli assi portanti della nostra società. La follia degli individui non piove dalle nuvole. E’ la spia di contraddizioni profonde. Si manifesta negli individui e nei loro comportamenti aberranti, ma per capirla fino in fondo e apprestare i rimedi idonei occorre chiamare in causa la società globale.
studiocataldi.it 17/03/2005
La donna, di 23 anni, da tempo era sottoposta a cure psichiatriche
DUE BIMBI DI POCHI MESI UCCISI DAI GENITORI A ROMA E RIMINI
A Rimini, un uomo di 28 anni si è gettato insieme al figlioletto di sette mesi dall'ottavo piano di un condominio. Sono morti entrambi
Roma, 17 mar. (Adnkronos) - Doppia tragedia familiare a Roma e Rimini dove due bimbi di pochi mesi sono stati uccisi dai loro genitori. Nella capitale una donna di 23 anni ha ucciso con una coltellata la figlia di due mesi e poi ha tentato di suicidarsi. E' successo all'alba di oggi in via Carlo Coccorese, alla Romanina. Sul posto è intervenuta la polizia, che ha fermato la madre della bimba, ora ricoverata al Policlinico Casilino per le ferite da taglio all'addome e al torace che s'è procurata da sola dopo aver ucciso la figlia nel bagno di casa. La donna, da tempo sottoposta a cure psichiatriche, dopo l'infanticidio si sarebbe rimessa a letto, dove si trovava il compagno ancora addormentato. In quel momento nell'abitazione si trovavano anche gli zii della piccola vittima. Le indagini sono coordinate dalla Squadra mobile. A dare l'allarme al 113 è stato appunto il convivente della giovane, 31 anni, dopo aver scoperto il cadavere della bambina nella vasca da bagno. A Rimini, un uomo di 28 anni, originario di San Giovanni Rotondo (in provincia di Foggia), si è gettato stanotte insieme al figlioletto di sette mesi dall'ottavo piano di un condominio di via Monfalcone a Rimini. Sono morti entrambi. Alla base del gesto potrebbe esserci un contrasto con la giovane moglie, una rumena di 18 anni, per l'affidamento del piccolo. Sembra, infatti, che lo scorso agosto l'uomo abbia allontanato la compagna da casa e da allora non le faceva vedere il bambino. A quel punto la donna si è rivolta alla polizia denunciandone la scomparsa. Rintracciato, pare che il padre stanotte, dopo un colloquio in questura, sia stato accompagnato dagli agenti a prelevare il figlioletto dall'abitazione di alcuni amici in via Monfalcone, ma una volta giunto in casa si è gettato nel vuoto con la creatura.
kataweb.it/news
Varese, 17 mar 2005 - 11:41
VARESE, CADAVERE NEONATO IN ARMADIO, ACCUSATA LA MADRE
Occultamento di cadavere. E' questa l'accusa formulata per ora dal sostituto Loredana Giglio della Procura di Busto Arsizio, alla 22enne di Uboldo (Va). Dopo aver partorito, la donna ha messo il neonato in un sacchetto di plastica e chiuso in un armadio di casa dove e' stato trovato qualche ora dopo, privo di vita, dai Carabinieri. S.M. potrebbe anche vedersi contestare il reato ben piu' grave di infanticidio qualora l'autopsia, che sara' eseguita nelle prossime ore, dovesse stabilire che il neonato e' deceduto dopo il parto. La ragazza e' gia' madre di un'altra bimba di un anno e da pochi mesi si e' trasferita con il convivente in una palazzina di Uboldo.
«SEGNALAZIONI» è il titolo della testata indipendente di Fulvio Iannaco che - registrata già nel 2001 - ha ormai compiuto il diciottesimo anno della propria continua ricerca e resistenza.
Dal 2007 - poi - alla sua caratteristica originaria di libera espressione del proprio ideatore, «Segnalazioni» ha unito la propria adesione alla «Associazione Amore e Psiche» - della quale fu fra i primissimi fondatori - nella prospettiva storica della realizzazione della «Fondazione Massimo Fagioli»