venerdì 18 marzo 2005

la psicoanalisi è finita
un articolo sull'Espresso adesso in edicola

L'Espresso p.140
Cultura
Freud si è fermato al megastore
Ha favorito il capitalismo. Ma i consumi cambiano, e la psicoanalisi non serve più.
Parola di storico
di Enrico Pedemonte

La psicoanalisi? "Il suo futuro è più che mai in dubbio". Comincia così, con un'affermazione apocalittica, l'ultimo libro di Eli Zaretsky, docente di Storia alla New School University di New York. Il volume ("Secrets of Soul" Alfred Knopfler editore, 430 pagine) ha suscitato un rispettoso imbarazzo tra gli addetti ai lavori per la sua natura interdisciplinare. Zaretsky racconta le radici della psicoanalisi, la sua evoluzione e il suo inarrestabile declino con l'occhio dello storico, evitando di disquisire sulla dottrina. E nel volume (le cui traduzioni in tedesco, francese e spagnolo sono in corso) offre alcune idee forti. La psicoanalisi, dice Zaretsky, fu la forza di libertà che all'inizio del Novecento favorì il successo del nuovo capitalismo fordista e la sconfitta dell'ottusa cultura vittoriana. Ma dopo gli anni Sessanta entrò in crisi, vittima del suo stesso successo di massa e, soprattutto, di un nuovo capitalismo che impose nuovi comportamenti. Da allora, il declino è continuato, irrimediabile. Ne abbiamo parlato con l'autore.
Lei sostiene che il pensiero di Freud ha aiutato il capitalismo a creare i meccanismi del consumo di massa. Fu lo strumento culturale necessario al nuovo capitalismo del Novecento?
"Fino all'inizio del XX secolo il capitalismo era basato sulla scarsità, sul risparmio, sul contenimento dei consumi. Aveva incorporato la cultura protestante, il calvinismo. Ma all'inizio del XX secolo il capitalismo cambiò. Non ovunque nello stesso momento: in Italia la svolta avvenne più tardi, nel dopoguerra. Ma perché una svolta simile si verifichi, c'è bisogno che siano le persone a cambiare. Quando si verifica un grande cambiamento sociale, non bastano le motivazioni economiche per spiegarlo. Una società non cambia solo perché la gente vuole più denaro o più cose da comprare".
In pratica che cosa accadde?
"Perché la società dei consumi si affermasse c'era bisogno di definire un nuovo stile nei comportamenti personali. Era necessario un cambiamento profondo nella famiglia. Gli individui non potevano più definire se stessi sulla base del loro ruolo familiare. Ci voleva più libertà nell'acquistare e nel consumare. E anche la sessualità doveva mutare. Io sostengo che la psicoanalisi ebbe un ruolro analogo a quello del calvinismo alcuni secoli prima. Fu un movimento carismatico necessario al cambiamento della società. In questo caso nella direzione della società dei consumi.
Il suo libro suggerisce che Freud fu inconsciamente l'araldo della rivoluzione fordista. E' così?
"Sì. Non ne era conscio anche perché aveva ben poco il senso della storia. E' interessante visitare la biblioteca di Freud, a Londra: si scopre che ci sono pochissimi libri di storia. Freud vedeva la psicoanalisi come un episodio dell'Illuminismo. Pensava che fosse un grande passo verso la consapevolezza della complessità nelle relazioni umane. Non credeva che ci fosse legame con la politica. Non capiva perché i regimi fascisti e comunisti la mettessero al bando. Non aveva la minima idea del legame esistente tra la psicoanalisi e i grandi cambiamenti che avvennero nel corso della sua vita".
Lei descrive la psicoanalisi come un movimento epocale...
"La psicoanalisi passò come un uragano nella società dei primi decenni del XX secolo. E' difficile oggi avere la percezione di quanto fosse popolare, sia tra gli intellettuali sia tra la gente comune. Fu così diffusa proprio perché la vita della gente stava cambiando in modo profondissimo. Si passava da una società industriale, ancora parzialmente contadina e in buona parte basata sulla famiglia, a una società centrata sull'individuo. All'improvviso, le persone avevano bisogno di comprendere se stesse come individui, non più come membri di un gruppo. E la psicoanalisi si focalizzò proprio su questo. Si tratta di un'idea molto potente, che può, forse essere confrontata con altre idee fondamentali come la democrazia e la libertà".
Freud insegnò alla gente a rompere le catene della famiglia?
"La psicoanalisi decretò la fine di una famiglia basata sull'obbedienza, il cui la moglie accettava il ruolo di madre e l'autorità del marito. E creò un nuovo tipo di famiglia, basata su quello che io chiamo "vita personale", dove i valori e l'amore valgono per ogni singolo individuo. E questo porta alla libertà individuale, al divorzio, e più avanti all'amore omosessuale e al matrimonio tra gay".
Divenne una nuova religione?
"Lo divenne solo per piccoli gruppi di persone. Nella prima parte del XX secolo, in Occidente, ci fu un calo nella fede religiosa, dovuto al fatto che molti subirono il fascino del proprio ego, delle idee dell'inconscio e della sessualità, tutte nuove dimensioni aperte dalla psicoanalisi, in cui molti trovarono nuove fonti di significato. Freud era ateo, ma capiva l'importanza della religione. E quanto fosse difficile da realizzare il progetto illuminista di creare un mondo più razionale, laico, senza bisogno di Dio".
Freud era l'ideologo che preparò i nuovi mercati che esplosero negli anni Sessanta?
"Metterla così è semplicistico. Freud non è stato certo il portavoce del nuovo mercato di massa. Ma è stato l'uomo che ha teorizzato un nuovo modo di essere persone. Ha spiegato che non conta quello che sei nella società: dentro di te sei unico, puoi essere ricco o povero, bianco o nero, italiano o americano, uomo o donna. Ma Freud lanciò questo messaggio nel momento in cui stava nascendo la società dei consumi di massa, dove tu diventi un individuo in relazione alla cose che acquisti. L'individuo coincide con il consumatore, cioè l'oggetto dell'interesse da parte dell'industria".
Fu una coincidenza?
"Sì. E non è la prima volta che una simile coincidenza si verifica. Accadde una cosa analoga nel rapporto che ci fu tra capitalismo e calvinismo alcuni secoli prima".
Il parallelo tra psicoanalisi e calvinismo è uno dei capisaldi del suo libro...
"Anche il calvinismo fu molto importante per lo sviluppo delle prime forme di capitalismo. Era un nuovo modo di concepire la relazione con Dio, ma siccome sottolineava il ruolo dell'individuo, favorì l'accumulazione del capitale. Ma fu un ruolo consapevole. La psicoanalisi giocò un ruolo analogo quando il capitalismo cambiò, all'inizio del XX secolo".
Perché la psicoanalisi entrò in crisi dopo gli anni Sessanta?
"Tutti i movimenti carismatici sono destinati ad entrare in crisi. Accadde anche al calvinismo. Quando si partecipa a un movimento carismatico, non si fa molta attenzione alla vita di tutti i giorni. Si segue il proprio Dio, che in questo caso è la psicoanalisi. Le persone pensano solo a essere psicoanalizzate, capire se stesse, innamorarsi, indagare la propria sessualità. Tutti desideri molto profondi che prima di allora non esistevano. Ma il carisma ha un tempo limitato, è insabile. E poi le idee della psicoanalisi sono state in gran parte assimilate. La letteratura è cambiata. Il cinema è cambiato. La gente ha accettato le nuove idee. E quindi non sono più così importanti. Molti non sentono più il bisogno della psicoanalisi. Sono nate le psicoterapie, e soprattutto sono nati nuovi movimenti carismatici che hanno sfidato la psicoanalisi. Il più importante è stato il femminismo, che è stato un'idea del tutto nuova su che cosa significa essere un essere umano, e che si oppose duramente alla psicoanalisi".
Nel suo libro lei sostiene che questo cominciò negli anni Sessanta, quando ci fu una reazione violenta contro la vita privata...
"Sì, era finita una fase storica. Nel corso dei movimenti sociali degli anni Sessanta ci fu una rivoluzione contro la vita privata. Tutti criticarono la psicoanalisi: il movimento degli studenti, le femministe, i gay. Tutti sostenevano che quello che contava era la vita pubblica. "Il personale è politico". Il sé è pubblico, è teatrale. C'è anche una versione economica di questo cambiamento: il sé è un attore razionale, è un agente dell'economia. E questo cambia tutto".
E' il cambiamento sociale a inghiottire la psicoanalisi?
"La fabbrica fordista prevedeva la produzione di massa, anonima. Ora nascono i prodotti e i servizi adattati all'individuo. Nasce la segmentazione dei mercati. Il capitalismo non è più una fabbrica, diventa un emporio. La vita personale viene ridefinita. La tradizionale struttura della vita privata all'interno della famiglia, che aveva giustificato lo sviluppo della psicoanalisi, è ormai un ricordo. Nasce la società aperta. E questa società è basata sulla confessione. Oggi la gente costantemente si spiega, si confessa, racconta chi è. Lo fa dappertutto, con gli strumenti che trova. In televisione, nei siti web, nei blog".
All'inizio del libro, lei dice che la psicoanalisi è un paradosso. Può spiegare perché?
"I critici della psicoanalisi dicono che non funziona, che non è scienza, che si ottengono risultati assai migliori con i farmaci e così via. Ma chi fa questi discorsi dimentica che la psicoanalisi è stato un fenomeno assai più grande, non semplicemente una metodologia per trattare le malattie mentali. E' stata la strada attraverso la quale la gente, nel XX secolo, ha cercato di capire che cos'è un essere umano. E per fare questo ha dovuto mettere insieme elementi artistici e scientifici. Così, da una parte la psicoanalisi è stata benvenuta da miglioni di persone e ha avuto un impatto enormemente positivo sul mondo. Ma dall'altra si è logorata e oggi molti pensano che non ce ne sia più bisogno. Nel mio libro ho cercato di mettere insieme i due poli del paradosso".