giovedì 21 aprile 2005

altri sedicenti psicoterapeuti

Repubblica Salute 21.4.05
Le parole per dirlo: ma la cura è soltanto raccontare?
di Margherita Spagnuolo Lobb
(Presidente Fiap)

La psicoterapia è ormai un metodo di cura diffuso, a cui molti si rivolgono con risultati positivi. Oggi, nell'era post-moderna, continuiamo a riproporre la domanda: "Che cosa fa cambiare veramente le persone in psicoterapia?". Possiamo ancora dire, con Freud, un secolo dopo la fondazione della psicoanalisi, "tutto ciò che è Es deve diventare Io"?
Su questa domanda si interrogano trasversalmente tutti i metodi delle psicoterapie nel congresso della Federazione Italiana delle Associazioni di Psicoterapia che oggi si apre a Siracusa. Il titolo, L'implicito e l'esplicito in psicoterapia, sottende la domanda: ciò che fa cambiare in psicoterapia è la "conoscenza relazionale esplicita", ossia il rendere dicibile ciò che non lo è, o è la "conoscenza relazionale implicita", ciò che avviene tra paziente e terapeuta nella sfera dell'indicibile?
Il discorso di apertura è affidato a Daniel Stern, che ha sempre lavorato nell'interfaccia tra la ricerca e la psicoterapia. Egli è arrivato alla conclusione che "la conoscenza implicita (mai verbalizzata) gioca un ruolo enorme nel cambiamento delle persone in psicoterapia". I teorici dello sviluppo ci chiariscono che alcune esperienze sono preverbali e appartengono ad un linguaggio senza parole. Le neuroscienze confermano, per esempio, con la scoperta dei neuroni specchio, che il nostro cervello è costruito per e dalla relazione, che abbiamo capacità innate di stare in relazione in modi non verbali.
Il tema del congresso ha a che fare, dunque, con il rapporto tra il disagio psichico e la parola. Il dettato di Freud sottendeva l'idea che il disturbo psicologico è determinato dal suo essere inaccessibile alla coscienza, e quindi al controllo della ragione. Ne conseguiva che il principale metodo di cura fosse l'interpretazione.
Nonostante i cambiamenti culturali che hanno attraversato la psicoterapia, questa idea rappresenta ancora l'anima centrale della prassi di tutte le psicoterapie. Tutti gli approcci, compresi quelli che pongono al centro del loro metodo il non verbale o gli aspetti processuali della relazione, necessitano di un'evoluzione sull'uso terapeutico della comunicazione relazionale implicita. La tesi della cura come dicibilità, come narrazione, si basa sul presupposto che il disturbo risiede nel non detto. Il rendere dicibile l'esperienza da cui è scaturito lo restituisce alla relazione, attraverso il canale delle parole. Ma è solo questo, il non dicibile, di cui si occupa la relazione terapeutica? O altro? La tachicardia durante un attacco di panico, per esempio. Perfino nella relazione terapeutica, terapeuta e paziente "si annusano" fino a decidere quanto sono "fatti l'uno per l'altro". La "cura" non consiste nell'aiutare il paziente a capire e controllare, ma a vivere pienamente rispettando la propria innata capacità di regolarsi nella relazione, e non solo a livello verbale.
Il secondo congresso della psicoterapia italiana affronta dunque un tema scientifico centrale: non c'è da meravigliarsi, dato che la formazione in psicoterapia in Italia è tra le più qualificate nel mondo. La nostra legge (laborioso compromesso tra il mondo accademico, medico e psicoterapico) se da una parte è criticata nel resto d'Europa per il fatto che consente l'accesso alla psicoterapia solo a medici e psicologi, dall'altra garantisce gli standard formativi più rigorosi. Il doppio canale pubblico e privato nella formazione crea un clima di apertura mentale e libertà di scelta. Il prossimo passo, per la professione, è sicuramente la costruzione di una legge europea sulla psicoterapia, necessaria sia per la libera circolazione dei professionisti europei e per il dialogo scientifico tra di essi.

Repubblica Salute 21.4.05
Psicoterapia al gran consulto
A Siracusa, da oggi al 24, il Congresso delle Associazioni: obiettivo Europa
(m. pag.)

ORIENTARSI nel panorama delle psicoterapie per una paziente è assai complesso. Rogersiani, lacaniani, freudiani, junghiani, reichiani, gestaltisti, analisti transazionali, cognitivisti, comportamentisti, adleriani e via di seguito, per non parlare di terapie familiari, di coppia, di gruppo, per adolescenti, infantile. L'occasione di un dialogo scientifico e di prospettiva (la richiesta di un riconoscimento europeo) è il secondo congresso della Federazione italiana delle Associazioni di Psicoterapia (Fiap) in collaborazione con il Coordinamento delle Scuole di Psicoterapia (Cnsp) (Siracusa, 21-24; www.gestalt.it/fiap). Diversi approcci (sfiorano le 200, in Italia, le scuole di formazione riconosciute, riconducibili ad una sessantina di associazioni) che si rifanno alla "Dichiarazione di Strasburgo sulla Psicoterapia" del 1990: disciplina scientifica indipendente; formazione scientifica avanzata sulla base di qualifiche preliminari (soprattutto nelle scienze umani e sociali, dice il testo) e che comprende teoria, esperienza su di sé, supervisione. Nell'interrogarsi sulla professione, gli psicoterapeuti italiani hanno scelto il tema dell'esplicito e implicito (vedi qui sotto), con interventi di ricercatori, teorici e clinici, come Daniel Stern, Giovanni Liotti, Massimo Ammaniti, Bruno Callieri; con workshop e tavole rotonde (Leonardo Ancona, Camilllo Loriedo, Maurizio Andolfi, Rodolfo De Bernart, Paolo Migone, Gabriele Chiari, Alberto Zucconi e altri), si svilupperà un confronto tra approcci diversi nella terapia, riflessioni sul concetto di inconscio, questioni etiche, formazione, informazione.