giovedì 21 aprile 2005

sinistra

La Stampa 21 Aprile 2005
LUNGA GIORNATA DI TRATTATIVE NEL CENTROSINISTRA PER DECIDERE COME SI SAREBBERO SVOLTE LE CONSULTAZIONI
Bertinotti non accetta la delegazione unica
Prodi al Colle a nome della Federazione. Da soli anche Pdci, Verdi e Udeur

ROMA. Alle sette della sera, tre ore dopo il discorso di Silvio Berlusconi al Senato, Romano Prodi convoca i giornalisti nel suo studio bolognese a Strada Maggiore e scaglia contro il Presidente del Consiglio l’accusa di rinverdire l’andreottismo: «Prendendo atto che è cambiato il quadro politico del Paese, Berlusconi ha dato le dimissioni anche se nel farlo ha espresso un unico concetto: la volontà di durare e di procedere ad un piccolo rimpasto». Riecheggiando una delle “massime” più famose della filosofia andreottiana («Meglio tirare a campare che tirare le cuoia»), Prodi intende dire che la maggioranza ha il respiro corto anche considerando quel che ha combinato finora: «Di rimpasti ne abbiamo già visti tanti: è cambiato due volte il ministro degli Esteri, quello dell’Interno e quello dell’Economia. Abbiamo “rimpastato” tutto ma l’attività del governo non ne ha tratto giovamento».
Ma l’esternazione prodiana ha seguito di ben tre ore il discorso del Presidente del Consiglio non soltanto per la necessità di affinare il messaggio, ma anche perché nel suo pomeriggio bolognese il Professore ha dovuto sbrigare l’ennesima querelle procedurale, una “specialità” dell’opposizione che stavolta si è però trasformata in un piccolo, emblematico caso politico. Già da due giorni sull’Unione aleggiava un problema: come presentarsi al Quirinale per le consultazioni previste in caso di crisi di governo? Si è subito scartata l’ipotesi di inviare delegazioni di partito perché in quel caso il Professore non avrebbe potuto partecipare. Il progetto al quale hanno lavorato subito Romano Prodi e Arturo Parisi è stato quella di salire sul Colle con un’unica delegazione dell’Unione, “capitanata” dal Professore, ai cui fianchi sarebbero apparsi i segretari dei nove partiti dell’opposizione: Ds, Margherita, Rifondazione, Sdi, Pdci, Verdi, Di Pietro, Udeur, Repubblicani europei.
Quella vagheggiata da Prodi era un’innovazione molto forte rispetto alla prassi consolidata che prevede (ma non obbliga) i diversi partiti a sfilare separati all’ufficio alla Vetrata del Quirinale. Un’innovazione che avrebbe costituito il primo esperimento - non necessariamente ripetibile ma certo innovativo - verso quel soggetto unico dell’opposizione che resta il sogno dei prodiano. Il capo dell’Unione ha avviato le sue “consultazioni”, ha raccolto il via libera di quasi tutti i partiti, ma a metà pomeriggio si è consumato un “giallo”. Gli uffici del Quirinale preposti ad accogliere le squadre indicate dai partiti per le consultazioni di oggi, avrebbero ricevuto un’indicazione di massima: l’opposizione si presenterà con un’unica delegazione guidata da Romano Prodi.
Una forzatura? Allo staff del Professore smentiscono energicamente, sta di fatto che appena saputa la notizia, Fausto Bertinotti, che non aveva ancora dato il suo benestare liberatorio alla delegazione “unica”, è saltato sulla sedia. Si è sentito con Prodi e gli ha spiegato che Rifondazione, anzitutto per rispetto della prassi costituzionale, intendeva salire al Qurinale con la propria delegazione. Dice Franco Giordano, capogruppo di Rifondazione alla Camera: «Il leale spirito di coalizione non è in discussione, ma essendo contrari al partito unico, alle consultazioni del Capo dello Stato abbiamo deciso di presentarci con una nostra delegazione». Prodi non ha insistito e a quel punto ha deciso la contromossa assieme a Piero Fassino, Francesco Rutelli, Enrico Boselli, Luciana Sbarbati: il Professore guiderà la delegazione della Federazione dell’Ulivo, il che consentirà agli altri partiti che non ne fanno parte (Rifondazione, Pdci, Verdi, Di Pietro, Udeur) di presentarsi separati. Sembrava finita ma Prodi ha aggiunto un po’ di sale: «Domani decideremo in un vertice a Roma come presentarci al Quirinale ma io farò le dichiarazioni a nome di tutti. Questa è la linea che io porto». Ma se Prodi parla a nome di tutti, Bertinotti esce e tace? «Ma no, concorderemo una linea comune - spiega Giordano - e a quel punto parleremo noi e poi parlerà Prodi. Senza problemi».